(Adnkronos) – Il voto in Italia non è al passo con la rivoluzione tecnologica. “Nessuno nasconde che ci siano aspetti problematici per l’attivazione del voto elettronico ma la ragione principale per cui ciò non avviene è legata ad una sorta di feticismo e di pigrizia culturale. Non si può infatti affermare che la digitalizzazione dei processi elettorali sia di per sé una minaccia per i principi costituzionali che regolano il voto”. Così all’Adnkronos il costituzionalista Giovanni Guzzetta, professore di Diritto pubblico all’Università di Roma Tor Vergata, che aggiunge: “Finisca il feticismo anti-modernista. La segretezza del voto sancita dall’articolo 48 della Costituzione non esclude la possibilità di usare il mezzo digitale tutelando che il sistema identifichi con certezza chi sta votando, per garantire la personalità del voto, ma al tempo stesso anche la sua libertà e segretezza”.
Secondo Guzzetta, la riforma potrebbe attuarsi “identificando ad esempio all’estero luoghi in cui esercitare il diritto di voto elettronico. Tra l’altro, nel diritto europeo è già prevista una forma di collaborazione fra ambasciate per i paesi che non hanno rappresentanze diplomatiche, per garantire la capillarità degli uffici diplomatici – ricorda – Il faro deve essere dunque l’articolo 48 della Costituzione con i suoi capisaldi irrinunciabili su cui declinare la rivoluzione digitale. Nessuno può avanzare alibi che presuppongano che per rispettare questi principi dobbiamo restate all’età della pietra. Anche perché – rimarca il costituzionalista – come sappiamo le manipolazioni sono avvenute, avvengono e avverranno anche con i metodi tradizionali”.
Del resto, anche per la questione complementare a questa, la sottoscrizione delle firme per la presentazione delle candidature, “lo stesso legislatore nel 2017 la aveva ipotizzata come strada percorribile demandando ad un decreto attuativo la realizzazione, ma purtroppo in 7 anni nessun ministro dell’Interno ha sentito il dovere di applicare una legge dello Stato – sottolinea – Infine, poiché l’organizzazione della vita delle persone ormai ha interiorizzato l’uso di questi strumenti, è prevedibile che ad ogni prossima elezione il numero delle persone che sia altrove rispetto alla sede fisica del seggio in cui dovrebbe votare, aumenti esponenzialmente. E che dunque – conclude Guzzetta – gli esclusi dalla democrazia raggiungano cifre che sono intollerabili, mettendo a rischio la partecipazione democratica”. (di Roberta Lanzara)