(Adnkronos) – Guardiamo alla Juventus come una società finanziaria, quotata, prima ancora che come una società di calcio. Da questa prospettiva, l’analisi dei fatti che ha portato all’epilogo di queste ore, con le dimissioni dell’intero Cda, le contestazioni della Consob e le indagini della Procura di Torino, porta facilmente a individuare uno schema che si ritrova quasi sempre nelle storie finanziarie che si mettono male, quelle che arrivano al crack e quelle che potenzialmente ci si avvicinano: la sana e prudente gestione dei conti si interrompe per un azzardo, un’opportunità che si rivela una trappola.
Vengono in mente, per analogia con le grandi partite bancarie, le acquisizioni sbagliate, una su tutte quella di Banca Antonveneta da parte di Mps. Si pensa di avere la forza per sostenere le operazioni, si investe troppo per farle, si innesca una spirale da cui non si torna più indietro. Qualcuno al vertice dell’organizzazione societaria ritiene sia la mossa giusta per fare un salto di qualità, qualcun altro all’interno della stessa organizzazione avverte il rischio e si defila. Fatto il passo troppo lungo, si cercano soluzioni per contenere i danni o per limitare le perdite. Come si fa quando si gioca a poker e non si vuole abbandonare il tavolo. Il rilancio, l’all in, per una banca come Mps ha portato alle operazioni spericolate sui derivati, Alexandria e Santorini docet. Altre volte, e tornando nel calcio questa volta il paragone regge con la Roma di Franco Sensi e l’acquisto di Omar Gabriel Batistuta, l’azzardo viene scelto per troppa passione. Ma alla fine il risultato per i conti è lo stesso.
E’ successo, tutto questo, anche alla Juventus. La gestione di Andrea Agnelli, dopo aver vinto tanto in Italia, ha cercato il salto di qualità in Europa, inseguendo una Champions League diventata una chimera, e progettando, insieme ad altri grandi d’Europa, la rivoluzione della Superlega. Per il primo obiettivo, ha scelto di investire tutto, troppo, su Cristiano Ronaldo. Si espone, troppo, non vince quello che in qualche modo avrebbe potuto compensare lo sforzo, e si avvita in una serie di operazioni che l’autorità finanziaria e quella giudiziaria dovranno giudicare fino in fondo. Dal caso plusvalenze al pagamento degli stipendi, alle ipotesi di reato per false fatture, false comunicazioni sociali e al mercato, all’ostacolo agli organi di vigilanza. Prima che si innescasse il cortocircuito, il passo indietro di Beppe Marotta, oggi all’Inter, è il gesto di un amministratore delegato che non vuole mettere la sua firma su un’operazione in cui non crede.
La Superlega, pensata anche come uno strumento per rimettere a posto i conti, è stata anche un errore di valutazione sul piano politico, perché ha messo i vertici della Juve contro le istituzioni calcistiche europee, contro l’opinione pubblica e contro i tifosi, e sul piano dei rapporto interni alla famiglia Agnelli, perché i contrasti con John Elkann passano anche da lì.
Andrea Agnelli e il resto del vertice della Juventus, oggi azzerato, pagano l’azzardo, che alla fine presenta sempre il conto. (di Fabio Insenga)