(Adnkronos) – Continuano a salire i tassi di interesse della Bce e continuano ad accentuarsi le conseguenze per l’economia reale, a partire dai mutui che vedono aumentare il peso delle rate da pagare per i contratti a tasso variabile e salire i costi per chi sta per stipulare un mutuo a tasso fisso. Il nuovo rialzo era ampiamente previsto. L’incremento dello 0,50% fa salire ancora il costo del denaro, per fronteggiare un’inflazione ancora altissima e lontana dall’obiettivo fissato nel mandato della Banca centrale, il famoso 2% che vuol dire stabilità dei prezzi.
Il percorso della politica monetaria, stando al linguaggio scelto oggi, è sempre in bilico tra le spinte dei ‘falchi’, che vorrebbero rimanere nel solco di una prolungata e consistente serie di rialzi, e quella delle ‘colombe’, che suggeriscono un approccio più cauto e mirato anche a sostenere la crescita. Per ora, prevale l’ortodossia del rigore. “Alla luce delle spinte inflazionistiche di fondo”, l’intenzione è di “innalzare i tassi di interesse di altri 50 punti base nella prossima riunione di politica monetaria a marzo”. Mentre per il futuro ci si limita a una generica intenzione di “valutare la successiva evoluzione della politica monetaria”. La sintesi di Christine Lagarde è eloquente: con i rialzi “non abbiamo ancora toccato il tetto” dei tassi necessari per raggiungere gli obiettivi, “sappiamo che non abbiamo concluso la nostra azione”.
Le altre considerazioni dello statement della Bce servono a tenere insieme le due anime che si confrontano nel Consiglio: da una parte si dice che “continuerà ad aumentare i tassi di interesse in misura significativa a un ritmo costante e a mantenerli su livelli sufficientemente restrittivi da assicurare un ritorno tempestivo dell’inflazione al suo obiettivo del 2% nel medio termine”; dall’altra si ribadisce comunque che “anche in futuro le decisioni del Consiglio direttivo sui tassi di riferimento saranno guidate dai dati e rifletteranno un approccio in base al quale tali decisioni vengono definite di volta in volta a ogni riunione”.
Quello di oggi è il quinto rialzo consecutivo: nel 2022 i tassi di interesse sono risaliti a luglio dello 0,50%, a settembre dello 0,75%, a ottobre ancora dello 0,75%, a dicembre di un altro 0,5%. Il 2023 è iniziato con un ulteriore aumento dello 0,5%, e il tasso di riferimento è arrivato al 3%.
Tutto questo ha delle ricadute concrete sull’economia reale. Per i mutui a tasso variabile, la rata viene ridefinita periodicamente, in genere ogni mese, sommando lo spread, che resta sempre lo stesso, all’Euribor del periodo di riferimento. Dato che con l’aumento dei tassi l’Euribor cresce, cresce anche la rata. Quanto? Dipende da quante rate sono state già pagate e dalla durata del mutuo, ovvero da quanta quota di interessi è già stata saldata. I calcoli che fanno le associazioni dei consumatori sono necessariamente tagliate su ipotesi. “Considerando l’importo e la durata media di un mutuo, un rialzo dei tassi di 50 punti percentuali corrisponde, nel caso di un pieno trasferimento sull’Euribor, ad un aumento della rata per chi ha sottoscritto ora un mutuo a tasso variabile pari a 36 euro al mese. Una mazzata annua pari a 432 euro”, stima l’Unione nazionale consumatori.
Le strade per sfuggire all’aumento della rata restano essenzialmente due: la rinegoziazione con la banca, per il passaggio al tasso fisso, e la surroga, ovvero il passaggio del mutuo ad altra banca, sperando di trovare condizioni migliori. (Di Fabio Insenga)