Inchiesta covid Bergamo, Conte: “Mai avuta bozza zona rossa Val Seriana”

(Adnkronos) – “Il documento firmato non è mai stato nelle mie mani”. E’ quanto dichiara l’ex premier Giuseppe Conte, sentito a Roma, il 12 giugno 2020, dai magistrati della procura di Bergamo che hanno condotto l’inchiesta sulla prima fase della pandemia e sulla mancata zona rossa nei comuni della Val Seriana. “Il fatto che il 5 marzo 2020 la bozza fosse già sottoscritta dal ministro Speranza mi è stato riferito, successivamente, credo dai miei collaboratori”.  

Nel verbale, allegato agli atti di chiusura dell’inchiesta in cui Conte risulta indagato per epidemia colposa, si cerca di ricostruire i passaggi e i dati che hanno portato a una scelta che potrebbe aver fatto impennare il numero dei morti in provincia di Bergamo.  

SPERANZA – “Quando ho firmato la proposta di Dpcm, ne avevo già parlato con il presidente Conte. Ricordo anche che della questione Alzano/Nembro, sollevata nel verbale del Cts del 3 marzo 2020, ne avevo già parlato con il presidente Conte nella giornata del 4 marzo 2020. In quei giorni peraltro, il confronto con Conte su tali questioni era chiaramente costante”. Roberto Speranza, allora ministro della Salute del governo guidato da Giuseppe Conte, replica così ai pm di Bergamo sul perché la bozza di decreto relativa alla Val Seriana porti la sua firma prima ancora che quella dell’ex premier.  

“La mia premura era quella di assicurare che l’iter del provvedimento non fosse rallentato dalla mia imminente trasferta a Bruxelles. Era infatti previsto che sarei rientrato a Roma non prima del pomeriggio del giorno successivo. L’opportunità di firmare, sin da quel momento, la proposta del Dpcm, proprio per non ritardare l’iter e ancor prima di ricevere i chiarimenti richiesti a Brusaferro, fu condivisa anche dal presidente Conte” sottolinea Speranza che precisa che “non risulta al mio Ufficio alcuna richiesta formale da parte di Regione Lombardia relativa alla zona rossa di Alzano/Nembro”. 

La zona rossa in Val Seriana non vedrà mai la luce. “Sono rientrato a Roma nel pomeriggio del 6 marzo 2020 e ho preso atto che nel corso della riunione tenuta quella mattina tra Cts e il presidente Conte, presenti il mio capo di gabinetto e mio vice capo di gabinetto, era maturato un cambio di linea e prospettiva. Non si riteneva più possibile contenere la diffusione del virus in aree circoscritte. C’era invece bisogno di misure rigorose che però avrebbero dovuto riguardare un’area molto più vasta”. Questa valutazione “emerge chiaramente dal verbale del Cts 7 marzo 2020, nel quale vengono indicate puntualmente tutte le misure da assumersi e le aree territoriali a cui applicarle. Il Dpcm successivamente firmato l’8 marzo terrà conto letteralmente di queste ultime valutazioni del Cts” conclude. 

 

(Adnkronos)