(Adnkronos) – “A causa di un maledetto corto circuito, è accaduto ciò che si sarebbe potuto evitare, assegnando a questo tragico evento i crismi della singolarità nel confronto con le tante tragedie e naufragi, costate la perdita di migliaia di vite umane, e il salvataggio eroico, da parte dei nostri Corpi, di un numero ancor più grande di vite”. Ne sono convinti i legali che rappresentano i familiari delle vittime e dei superstiti del naufragio dello scorso 26 febbraio davanti alle cose di Steccato di Cutro (Crotone). Al momento sono 86 le vittime ufficiali della tragedia, ma sarebbero almeno una ventina le persone che mancano all’appello, tra cui numerosi bambini. La memoria depositata al Procuratore di Crotone Giuseppe Capoccia, che coordina l’inchiesta sul naufragio e l’indagine – al momento contro ignoti – sulla macchina dei soccorsi è stata firmata dagli avvocati crotonesi Luigi Ligotti, Francesco Verri e Vincenzo Cardone e dell’avvocato Mitja Galuz, docente di Procedura penale a Genova. “Ci aspettiamo che, ove ci fossero delle responsabilità, non ci si fermi dinnanzi alla sollecitazione della cosiddetta ‘ragion di Stato’ – dice l’avvoato Ligotti all’Adnkronos – La ragion di Stato non vale in questo caso. Non si tutela il buon nome dei navigatori senza la verità”.
“I fatti oggettivi che, a nostro parere e nel pieno rispetto del lavoro della Procura della Repubblica, meritano approfondimento nel procedimento penale contro persone note o contro ignoti già iscritto o che si chiede di iscrivere” sono, secondo i legali: “l’eventuale riferibilità all’imbarcazione naufragata della richiesta di aiuto (mayday), ricevuto dalla Capitaneria di Porto di Roccella Ionica, alle ore 20.51 del 24 febbraio”, ma anche “l’eventuale riferibilità all’imbarcazione naufragata del messaggio di distress (emergenza e pericolo) a tutte le navi in transito nel mare Ionio, con apertura di “SAR case 384″ (Punto 2 della memoria)”.
I legali sottolineano poi “l’eventuale rintraccio del natante da cui è partito il “mayday” di cui sopra” e “l’individuazione delle coordinate della posizione del natante da cui è partito il “mayday””.
E, ancora, dicono i legali delle vittime del naufragio: “l’esclusione del naufragio di un natante nel tratto di mare antistante la costa ionica centro meridionale della Calabria”. Si chiedono poi “chi abbia ricevuto e valutato la segnalazione di Frontex delle ore 23.03 del 25 febbraio, pervenuta al Centro di Coordinamento Nazionale presso il Ministero dell’Interno con indicazione di una sola persona sopracoperta, gli oblò di prua aperti, mare forza 4, la presenza di persone sottocoperta con la risposta termica proveniente dagli stessi oblò, l’assenza di salvagenti a bordo” e “se, a chi e con quale contenuto, sia stata diramata la segnalazione di Frontex, dal Centro di Coordinamento Nazionale di cui sopra”. Altra domanda dei legali: “Se vi siano state, da chi a chi e a che ora, altre segnalazioni o disposizioni circa la comunicazione pervenuta da Frontex, alle 23.03 del 25 febbraio”.
E se “sulle decisioni assunte a ogni livello abbiano influito l’Accordo operativo del Ministero dell’Interno del 14.9.2005 e/o qualsiasi altra direttiva, in qualunque modo impartita, di interpretazione del (e, in caso, in contrasto con il) diritto del mare quale risulta dalle norme nazionali e internazionali e dalla giurisprudenza sopra richiamate”. Poi i legali dei familiari si chiedono “se la Guardia di Finanza, preso atto che le condizioni meteomarine rendevano impossibile la navigazione della motovedetta V.5006 della Sezione Operativa Navale GDF di Crotone e del Pattugliatore Veloce P.V. 6 “Barbarisi” del Gruppo Aeronavale GDF Taranto abbia segnalato la circostanza alla Capitaneria di porto di Crotone e come, nel caso, abbia risposto quest’ultima” e “perché il 9 settembre 2020 (e in molti altri casi) la Guardia di Finanza e la Guardia Costiera abbiano soccorso un’imbarcazione con 97 persone a borde in balia delle onde con mare forza 5 diretta sullo stesso tratto di costa, a differenza della notte del 26 febbraio 2023”.
“Questa difesa, nel rispetto delle vittime e delle persone offese, non ritiene debba accogliersi il richiamo alla ragion di stato, tale da indurre alla meschinità della tutela della tradizione di un popolo che si proietta nel mare, nel rispetto della sua legge, per confinare, quindi, la tragedia nell’oblio delle fatalità”, ribadiscono i legali nella memoria depositata in procura a Crotone. “La tradizione di un popolo, si tutela con la verità”.
“Partiamo dal completo quadro normativo da cui si evidenza un punto fondamentale, cioè che la salvezza della vita in mare è prioritaria rispetto a qualsiasi altra esigenza- spiega ancora l’avvocato Luigi Ligotti all’Adnkronos – Il soccorso, se possibile, deve intervenire prima che accada la tragedia. Non è un soccorso a tragedia avvenuta ma bisogna evitare che succeda”.
Poi il legale spiega che “Non esiste un intervento di Polizia giudiziaria slegata dal soccorso – dice il legale -quando ci sono condizioni precarie si trasforma l’intervento di Polizia giudiziaria e diventa una operazione di soccorso. Il fatto di tenere separate le due cose non si ricava dal complesso delle norme”. “La seconda parte della memoria – dice l’avvocato Ligotti -è stata realizzata con i fatti noti”. Mentre nella terza parte “ci sono i punti che meritano un approfondimento” e “capire dove è avvenuto il corto circuito e perché è avvenuto”. “Gli scriventi, che hanno assunto l’impegno di assistere le famiglie colpite da questa enorme tragedia, non faranno peraltro mancare in nessun momento il proprio ausilio giuridico e tecnico nei confronti degli Inquirenti in funzione di un comune, prioritario obiettivo: la ricerca della verità per il rispetto che il Paese deve, in tutte le sue componenti, alle bambine e ai bambini, alle donne e agli uomini che, in quanto perseguitati, avevano diritto di giungere in Europa per chiedere la protezione internazionale ma sono morti a poche decine di metri dalla meta, e ai loro familiari”, scrivono i legali nella memoria depositata in procura.
Nella memoria i legali elencano una serie di fatti che definiscono “noti”. “Il primo fatto noto, riportato dalla stampa che ha citato un’annotazione di servizio del Comando generale del Corpo delle Capitanerie di Porto, Centrale operativa – IMRCC (Italian Maritime Rescue Coordination Centre), è che il giorno 24 febbraio 2023 alle 20:51 la Capitaneria di Porto di Roccella Ionica ha ricevuto una segnalazione di “mayday”. “Il secondo fatto noto è che il giorno 25 febbraio 2023 alle ore 04:57 (UTC) l’IMRCC ha diramato un messaggio di “distress” (emergenza o pericolo) a tutte le navi in transito nel Mar Ionio. Tale messaggio recava il n. 00963 e segnalava che una stazione radio italiana aveva ricevuto un “mayday”, e cioè una “richiesta d’aiuto”, a proposito di una “possible boat in distress” (possibile barca in una situazione di emergenza). Il rapporto indicava che, di conseguenza, era stato aperto il “SAR case 384”, e cioè il caso “search and rescue” (ricerca e soccorso) numero 384”, dicono ancora.
“Il terzo fatto noto è che la sera di sabato 25 febbraio un aereo noleggiato da Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, stava sorvolando il Mar Ionio impegnato nella cosiddetta operazione “Themis” – dicono – Come si preoccupa di precisare Frontex sul suo sito web, l’operazione “Themis” ha “an enhanced law enforcement focus while continuing to include search and rescue as a crucial component” (un focus specifico sull’applicazione e il rispetto della legge, e cioè sull’attività di contrasto, continuando a includere la ricerca e il soccorso come componente cruciale). Anche il Ministero della Difesa italiano, sul suo sito web, precisa la duplice funzione dell’operazione “Themis”, spiegando che “dal 1 febbraio 2018 la European Border and Coast Guard Agency (Frontex) ha lanciato, in sinergia con le Autorità italiane ed il supporto dei Paesi Membri dell’Unione europea e degli Schengen Associated Countries, la ‘Joint Operation Themis’, che sostituisce la precedente ‘Joint Operation Triton’, già in corso dal 1 novembre 2014, ridefinendone le aree operative in mare” e che “l’operazione Themis è finalizzata ad aumentare la sicurezza delle frontiere esterne all’Unione europea attraverso il controllo dei flussi migratori irregolari nel Mediterraneo (fornendo assistenza tecnica e operativa anche in materia di Search and Rescue) ed il contrasto della criminalità transfrontaliera”.
Ebbene, dicono i legali “alle 22.26 Frontex ha avvistato nel mar Ionio in posizione 38° 23’ 02” N, 17° 34’ 07” E un’imbarcazione a motore che stava navigando a 6 nodi con rotta 296 (Nord Ovest) con mareforza 4 e alle 23:03 ha segnalato la notizia (cfr. all. n. 3) all’ICC (International Coordination Center), il quartier generale della Guardia di frontiera europea in Italia, con sede presso il Comando aeronavale della Guardia di Finanza, a Pratica di Mare, all’IMRCC (Italian Maritime Rescue Coordination Centre) della Guardia Costiera e al NCC, il Centro di Coordinamento Nazionale presso il Ministero dell’Interno. Frontex ha arricchito il suo dispaccio di alcuni particolari molto significativi al fine di una corretta interpretazione della situazione: nonostante ci fosse una sola persona sopracoperta, gli oblò di prua erano aperti (circostanza che, a febbraio, di sera, con mare forza 4 indica la presenza di persone sottocoperta), la risposta termica proveniente dagli stessi oblò era “significativa” e non si vedevano salvagenti a bordo”. Sono otto i “fatti noti” elencati in tutto dai legali, che ricordano anche l’audizione del ministro Matteo Piantedosi in aula. (di Elvira Terranova)