Cancro, Piovani: “Ho scritto un concerto sulla macchina mostruosa che mi ha curato”

(Adnkronos) – “Sono stato in cura all’Istituto europeo di oncologia più volte. Quando sono tornato, 16 anni dopo la prima volta, era tutto cambiato. Mi sono trovato davanti a una macchina mostruosa che sembrava un incrocio fra un essere preistorico e una trivella del petrolio. Una macchina che mi girava intorno mentre io ero immobile. Mi guardava, aveva gli occhi, si muoveva a modo suo, poi si fermava. E io restavo paralizzato. Poi, mi hanno spiegato, dava un ok che veniva ribadito dai professori, e sparava delle radiazioni. Io con questo essere ho vissuto qualche settimana e, alla fine di questa esperienza, uno dei modi che ho trovato per metabolizzarla bene è stato scrivere un concerto per clarinetto e orchestra dedicato a questa macchina, che si chiamava ‘cyberknife'”. E’ il racconto di Nicola Piovani.  

Il compositore, che ha vinto l’Oscar nel 1999 per le musiche del film ‘La vita è bella’, ha condiviso oggi la sua storia di malattia oncologica con oltre mille pazienti arrivate a Milano da tutta Italia per celebrare la giornata ‘Ieo per le donne’, evento dedicato dall’Istituto europeo di oncologia a chi ha vissuto o sta vivendo l’esperienza di un tumore al seno. “Trasformare” il vissuto “nel linguaggio della musica è la strada più ricca attraverso cui riesco a dire più cose possibile”, ha spiegato. Piovani lo ha fatto anche con la malattia. “Al festival di Bruxelles abbiamo presentato questo concerto in tre movimenti, intitolato Cyberknife. E’ stato il mio modo di partecipare a quella esperienza e oggi di testimoniare la mia presenza affettiva a questa manifestazione, con la musica”. 

Il Cyberknife a cui Piovani ha fatto riferimento è una sorta di robot per la radioterapia, viene descritto in genere come un ‘raggio bisturi’ anticancro, ed è in grado di colpire in maniera ultraprecisa le neoplasie, preservando il più possibile i tessuti sani. Una qualità cruciale per tumori complessi in aree delicate e insidiose. Piovani ha evidenziato con la sua esperienza anche come la tecnologia si sia evoluta nel tempo.  

“La prima volta che le macchine della radioterapia mi curavano – ha raccontato il musicista – ero molto colpito da questi oggetti. Ma la seconda volta, quando sono tornato 16 anni dopo, era tutto cambiato. Ero già pronto a ricominciare quel percorso rassicurante che già conoscevo, ricordavo quei cerchi” della classica radioterapia. “E invece” non era più così. E’ in quell’occasione che avviene l’incontro con la ‘macchina mostruosa’ che ha ispirato la sua musica.  

A seguire Piovani nel suo percorso oncologico è stato Roberto Orecchia, direttore scientifico dell’Ieo, che a proposito della vicenda Cyberknife ha raccontato divertito di essere stato anche chiamato “dalla California, dalla casa madre produttrice” che chiedeva informazioni sulla composizione musicale intitolata Cyberknife. Il concerto “tra l’altro verrà ripreso – ha spiegato Piovani – nelle prossime stagioni nei programmi dell’Accademia di Santa Cecilia a Roma”.  

“La prima macchina premio Oscar testata”, ha chiosato il giornalista Mario Calabresi, sul palco fra i protagonisti della giornata. “Poi – ha proposto Orecchia a Piovani – magari senza la necessità di provarlo personalmente, scriveremo qualcosa sui protoni”. Il passo successivo, per quanto riguarda le ultime frontiere dell’oncologia, “sono anche loro – ha concluso Orecchia – ma non solo. Penso anche alla possibilità di integrare sempre di più negli strumenti tecnologicamente avanzati l’imaging, per vedere in tempo reale il bersaglio che si sta trattando”. E garantire cure sempre “più rapide e precise”.  

GUARDARE ALLA MALATTIA CON ALTRI OCCHI – “Da più di 15 anni celebriamo questa giornata con le nostre donne. E in tutto questo tempo la medicina è cambiata tantissimo, le possibilità di guarigione sono cambiate, la qualità della vita delle pazienti è cambiata. Ecco perché potremmo guardare il tumore al seno ‘con altri occhi’. Quello che non è cambiato invece è il percepito delle donne: questa è una diagnosi che ancora spaventa tanto ed è come se ci sia una forbice che si allarga sempre di più tra quella che è la realtà clinica, con una percentuale di guarigione che oggi per i tumori iniziali supera il 95% dei casi, e quello che è lo sguardo, il sentimento delle donne quando leggono la parola cancro”. E’ l’immagine scelta da Paolo Veronesi, direttore del Programma Senologia dell’Istituto europeo di oncologia di Milano, per descrivere lo stato dell’arte oggi per il tumore al seno.
 

“Anche se magari la diagnosi è un piccolo tumore in situ non invasivo, per il quale si prospetta una guarigione del 100% – spiega – questa parola ancora sconvolge la vita, toglie il sonno. E le donne spesso ci mettono anni a recuperare la loro sicurezza, le loro certezze. Quindi oggi vogliamo utilizzare uno strumento più nuovo, come sono i podcast, per uscire dalla platea di questo teatro e poter arrivare alle donne” con tracce ascoltabili su tutte le piattaforme audio gratuite, “in modo che possano capire quali sono le novità, sentire le esperienze delle altre donne curate, guarite e acquistare fiducia nel futuro”. 

‘Con altri occhi’ è il tema dell’edizione 2023 di Ieo per le donne. Si può guardare così al cancro al seno per più ragioni: terapie efficaci anche contro le metastasi, tassi di guarigione in crescita costante, test che individuano anche il rischio di tumore, trattamenti che rispettano i progetti di vita, anche quello della maternità, elencano gli esperti in una giornata che ha avuto come ospiti speciali Angela Finocchiaro, Nicola Piovani e Mario Calabresi. “Innanzitutto ci sono nuove cure – osserva Veronesi – Sono finalmente arrivati alle pazienti i ‘farmaci intelligenti’, figli della decodifica del genoma, anche per le forme più avanzate. Penso agli anticorpi coniugati o all’immunoterapia”. Inoltre, continua Veronesi, “è migliorata la prevenzione, tanto che oggi riusciamo ad individuare sempre meglio anche le persone a maggior rischio di ammalarsi. Fino a pochi anni fa conoscevamo 5 o 6 geni che predisponevano allo sviluppo della malattia; oggi ne conosciamo almeno il doppio e, se ne scopriamo le portatrici, possiamo attivare dei programmi di sorveglianza speciali. Il miglioramento delle cure ci ha anche permesso di occuparci ancora più estesamente della vita della donna oltre la malattia. Abbiamo imparato a preservare la fertilità tutte le volte che è possibile, a far sì che la donna si occupi anche della propria sessualità e del proprio benessere fisico e psichico in generale, senza considerarli come elementi superflui. Modificare in positivo la prospettiva delle donne, dei medici e della società sarebbe già una vittoria sul cancro”. 

FINOCCHIARO E IL CANCRO AL SENO: “CRUCIALE SCACCIARLO DAL CUORE” – “Nel 2010 mi sono operata di tumore al seno. Ero particolarmente attenta alla prevenzione, ogni anno facevo dei controlli. Per me è stato meglio aver avuto la possibilità di operarmi subito, perché non ce la faccio a far ribollire un’ansia. Era proprio prima di Natale, nel giro di qualche giorno sono entrata in sala operatoria. Nel momento in cui si interviene, si fanno delle cose, si agisce, io vado come un trattore, devo risolvere. Il dopo, però, è più subdolo, perché” il tumore “colpisce una parte importante, importantissima del nostro corpo. E allora lì diventa più subdolo nell’accettazione di se stessi. Bisogna affrontarlo in un modo che non covi da qualche parte il fatto di guardarsi e di pensare che in qualche maniera abbiamo una subito una menomazione. Menomazione che, insisto, è più proprio una cosa che rimane subdolamente nella nostra mente, nel nostro cuore”. Quando l’attrice Angela Finocchiaro, 67 anni, si è confrontata con l’esperienza della malattia una frase dell’oncologo Umberto Veronesi le risuonava nella mente: “E’ più difficile scacciare il tumore dalla mente delle donne” che dal loro corpo.
 

Ci ripensa oggi, a margine della giornata Ieo per le donne. Con le pazienti presenti in platea, spiega Finocchiaro all’Adnkronos Salute, “ho voluto condividere questo pensiero di Veronesi, questa frase che mi è risuonata nella mente tantissimo”. Nel 2010, ripercorre tornando alla sua storia, “con l’ecografia i medici hanno notato qualcosa che invece, in quel caso, la mammografia non leggeva. Per la mia esperienza, dunque, sono esami molto importanti, non sono particolarmente invasivi e io, per esempio, quando non avevo l’età per la mammografia ogni anno facevo la mia ecografia”. E’ stato utile per far scattare “un campanello d’allarme”. E “nel momento in cui c’è stato questo campanello d’allarme sono intervenuta – prosegue Finocchiaro – In qualche modo l’ho preso proprio molto all’inizio” il tumore. “Dopo l’operazione ho cominciato a fare il giro delle ‘sette chiese’, perché c’erano delle valutazioni diverse, era un tumore molto piccolo e si trattava di capire che terapie fare. Alla fine ho fatto la radioterapia e ho preso i farmaci, protocollo completo. Forse oggi già sarebbe diverso, delle cure credo si siano già modificate”, riflette.  

All’epoca Finocchiaro aveva 55 anni, la sua famiglia le è stata vicino. “Ho condiviso quel periodo subito con mio marito Daniele, i miei due figli. Come hanno reagito? Hanno fatto finta di niente, probabilmente perché c’è sempre questa cosa che io sono particolarmente molto attiva, apparentemente. Quindi – cotto e mangiato – sono tornata a casa, abbiamo festeggiato il Natale, e punto. Loro avevano davanti una persona che continuava a fare la sua vita normalmente”. Proprio il teatro l’ha aiutata in quei momenti, dice. “Io adesso tendo a dimenticare certe cose, comunque allora facevo anche degli spettacoli teatrali e questo significa moltissimo. Il fatto di aver fatto abitare la mia mente da altre cose, visto che io sono un’ossessiva, sicuramente mi ha aiutato molto”. “Sennò sarei stata a girare intorno a questo pensiero. Sono riuscita per fortuna a conciliare la mia vita quotidiana e le terapie”.  

Accettarsi, ‘sfrattare’ il tumore da mente e cuore. “E’ lì che bisogna trovare ognuna il modo di uscirne, perché la cosa fantastica è che questo tipo di tumore al 90% e più si può risolvere”, dice Finocchiaro. L’invito è a non farsi paralizzare dalla paura. “Ultimamente ho avuto una notizia catastrofica di un’amica che non ce l’ha fatta. Lei non aveva voluto intervenire, la paura l’ha sommersa. Questo non deve succedere”, esorta, invitando anche a essere fiduciose delle possibilità offerte dalla medicina. Anche se restano sempre domande. “La cosa che mi incuriosisce è perché. Perché così tante – si chiede l’attrice – perché si è abbassata l’età, perché proprio a noi, al seno, perché? Mi piacerebbe tanto saperlo”. 

(Adnkronos)