(Adnkronos) – Sciopero nazionale dei medici e dei dirigenti del servizio sanitario nazionale il 5 dicembre per 24 ore. A proclamare questa prima giornata di astensione dal lavoro sono i sindacati Anaao Assomed e Cimo-Fesmed, per protestare contro la Manovra economica per il 2024.
“Le misure contenute nella legge di bilancio in discussione al Senato – affermano Pierino Di Silverio, segretario nazionale Anaao Assomed, e Guido Quici, presidente Cimo-Fesmed, i sindacati più rappresentativi di categoria – non sono in grado né di risollevare il Servizio sanitario nazionale dalla grave crisi in cui si trova né di soddisfare le richieste della categoria che rappresentiamo”.
“Al Governo chiediamo un segnale di coraggio – sottolineano i leader sindacali – per dare il giusto riconoscimento ai medici e dirigenti del Ssn. E per evitare il collasso della sanità che deve rimanere pubblica per garantire a tutti il diritto alla tutela della salute. Misureremo nei prossimi giorni la reale disponibilità del Governo, non solo a parole – chiosano – pronti a mitigare o inasprire la protesta anche con altre eventuali giornate di sciopero da proclamare nel rispetto della normativa vigente”.
L’elenco dei punti da cambiare è lungo. “Dalla Manovra – spiegano – ci saremmo aspettati un intervento sull’indennità di specificità medica e sanitaria per garantire un aumento degli stipendi di tutti i dirigenti e frenare dunque la fuga dei professionisti verso l’estero e il privato, e invece si è deciso di aumentare le retribuzioni delle prestazioni aggiuntive per abbattere le liste d’attesa, misura che è destinata a non produrre risultati concreti. Ci saremmo aspettati uno sblocco, anche parziale, del tetto alla spesa per il personale sanitario e un piano straordinario di assunzioni, e invece nessuno ne fa nemmeno cenno. Ci saremmo aspettati risorse adeguate per il rinnovo dei contratti, e invece scopriamo che i 2,3 miliardi previsti sono messi a disposizione per l’intero comparto sanità, quindi briciole per tutti”.
E ancora, proseguono Di Silverio e Quici, “dopo tante parole e belle intenzioni, ci saremmo dunque aspettati un vero cambio di rotta che mettesse al centro il Servizio sanitario nazionale, e invece siamo stati bersagliati dal taglio dell’assegno previdenziale compreso tra il 5% e il 25% all’anno, una stangata che colpisce circa 50.000 dipendenti. E non ci tranquillizzano le dichiarazioni rilasciate negli ultimi giorni da esponenti del Governo in merito a possibili modifiche parziali del provvedimento, e non alla sua completa eliminazione”.
“Infine, come se non bastasse, non abbiamo più notizie dei lavori della Commissione del ministro Nordio sulla depenalizzazione dell’atto medico. Per noi questo è un aspetto fondamentale che rivendichiamo con forza – concludono – perché abbiamo bisogno di restituire maggiore serenità ai medici e ridurre il ricorso alla medicina difensiva”.