“Stop munizioni a Israele”, Amnesty e Oxfam scrivono al Pentagono

(Adnkronos) –
Stop alla fornitura di munizioni di artiglieria all’esercito israeliano impegnato nella campagna militare a Gaza. E’ questa la richiesta contenuta in una lettera inviata al Pentagono da Amnesty, Oxfam, Center for Civilians in conflict ed altre decine di associazioni civili e religiose americane, a testimonianza della crescente opposizione all’interno degli Stati Uniti al sostegno di Washington all’offensiva di Israele a Gaza.  

“Nelle attuali circostanze, permettere al governo israeliano l’accesso a queste munizioni metterebbe a rischio la protezione dei civili, il rispetto della legge umanitaria internazionale e la credibilità dell’amministrazione Biden”, si legge nella lettera al segretario alla Difesa, Lloyd Austin, di cui il Washington Post ha ottenuto una copia, in cui si esprime l’allarme per il piano del Pentagono di fornire all’esercito israeliano munizioni da artiglieria da 155mm, conservate in un arsenale speciale di armi americane che si trova in Israele.  

“Questi munizioni colpiscono scuole, quartieri, ospedali, rifugi e campi profughi, uccidendo, ferendo e facendo fuggire centinaia di civili – continua la lettera – l’utilizzo passato da parte delle forze israeliane dell’artiglieria a Gaza provoca le nostre preoccupazioni”. 

“E’ difficile immaginare uno scenario in cui le munizioni da artiglieria altamente esplosive da 155mm possano essere usate in Gaza nel rispetto delle leggi umanitarie internazionali”, continua la lettera che arriva ad oltre un mese dall’inizio dell’offensiva israeliana nella Striscia, che ha provocato oltre 11mila vittime, in risposta degli attacchi di Hamas del 7 ottobre in cui sono state uccise oltre mille israeliani ed sono stati prese in ostaggio oltre 200 persone.  

Nella lettera si ricorda inoltre che il governo americano nel 2022 ha firmato una dichiarazione internazionale tesa a limitare l’uso di armi esplosive in aeree urbane, e si sottolinea che Israele ha sparato decine di migliaia di munizioni di artiglierie nei conflitti passati con Hamas nel 2008-2009 e nel 2014.  

Washington ha da subito fornito il suo sostegno militare incondizionato ad Israele, ed ora intende fornire le munizioni da artiglieria da 155m che sono conservate nel War Reserve Stockpile di Israele, un arsenale creato per garantire all’esercito americano una pronta fornitura di armi nella regione e dare la possibilità di aiutare velocemente Israele. Nei mesi scorsi, l’amministrazione Biden ha già attinto a questo arsenale per rifornire quelli in Europa, esauriti per la guerra in Ucraina.  

Interpellato, il Pentagono ha rilasciato dichiarazioni precise sulla fornitura delle munizioni: “noi non forniremo dettagli specifici su fonti e movimenti di particolari munizioni, rimaniamo fiduciosi nella nostra capacità di gestire la necessità di sostenere Israele, l’Ucraina e la nostra strategia di difesa nazionale in modo simultaneo”, ha dichiarato la vice portavoce del Pentagono, Sabrina Singh.  

Le organizzazioni umanitarie, religiose e della società civile, ed un ampio movimento di protesta nei campus a cui stanno partecipando sia studenti che accademici, non sono gli unici che stanno mettendo sotto accusa la politica dell’amministrazione Biden per il sostegno incondizionato ad Israele.  

Dubbi e critiche sull’insufficienza dei continui appelli che Washington sta rivolgendo a Israele per minimizzare il numero delle vittime civili e non colpire obiettivi civili, vengono in questi giorni avanzati negli ambienti diplomatici e all’interno del partito democratico, e non solo tra il gruppo di deputati dell’estrema sinistra dem tra i quali la deputata di origine palestinese Rashida Tlaib che è stata censurata dalla Camera per aver accusato Biden di essere complice di un ‘genocidio’. Un gruppo di 26 senatori democratici ha chiesto al presidente assicurazioni che il sostegno ad Israele sia ispirato ad una strategia prudente e gli aiuti futuri subordinati alla protezione dei civili. Inoltre si chiede una maggiore trasparenza riguardo all’assistenza militare data a Israele.  

 

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