(Adnkronos) – Le ombre della guerra in Medio Oriente si allungano sulla Cop28, il summit sul clima delle Nazioni Unite, a
Dubai. Da ogni angolo del pianeta sono arrivati negli Emirati Arabi Uniti ben settantamila partecipanti, il numero più alto di sempre, con gli inevitabili contraccolpi del caso: ore di fila, sotto un sole torrido, per il ritiro dei badge da parte di delegati, giornalisti e addetti ai lavori.
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni è giunta nel pomeriggio di ieri all’aeroporto Maktoum di Dubai. Sul volo presidenziale, con lei e il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, viaggiava anche un team di pediatri degli ospedali Bambino Gesù e Gaslini, chiamati a dare una mano ai colleghi emiratini impegnati nelle cure di bambini palestinesi, feriti arrivati da Gaza. Una collaborazione a cui potrebbe aggiungersene presto un’altra: un ospedale da campo nella Striscia, che potrebbe vedere insieme camici bianchi italiani ed emiratini.
Ma al netto degli aiuti -che hanno visto Roma schierata in prima linea sin dal primo giorno della crisi- come la Cop27 di Sharm el-Sheikh ha dovuto fare i conti con la guerra in Ucraina, così la Cop28 di Dubai sarà inevitabilmente segnata dalla crisi mediorientale anche sul tema della sicurezza, declinata -visto il core business del summit- soprattutto in chiave energetica. D’altronde il conflitto, nato dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre scorso, monopolizza l’attenzione del mondo arabo, con effetti a catena anche sul versante finanziario, in quest’area legato soprattutto a idrocarburi e fondi sovrani. E con tanto di ‘montagne russe’ per le borse di Dubai, Abu Dhabi, Qatar e Arabia Saudita.
Ma ancora prima che scoppiasse la grana del conflitto in Medio Oriente, la Cop28 si apprestava a intraprendere un cammino irto di ostacoli. Dove il cosiddetto ‘global stocktake’, ovvero il primo ‘tagliando’ all’accordo sul clima di Parigi siglato nel 2015, segna profondo rosso, senza alcun appello.
Lontanissimi gli obiettivi che si erano dati i Grandi del mondo in una Parigi, colpita a morte e ancora sconvolta dall’attacco terroristico del Bataclan, sferrato a pochi giorni dall’evento mondiale. Oltre a un bilancio a 8 anni a dir poco deprimente, a gettare ombre sul summit di Dubai ha contributo anche la nomina a principale cerimoniere dell’evento del sultano Ahmed Al Jaber, nel mirino degli ambientalisti per il suo ruolo anche di amministratore delegato della compagnia petrolifera emiratina, colosso mondiale delle energie fossili, energie che la conferenza sul clima dell’Onu punta da sempre ad eliminare.
A Dubai -dove si confida in un messaggio ‘forte’ di Papa Francesco, il pontefice ambientalista costretto a dare forfait all’ultimo per problemi di salute- la presidenza emiratina cercherà il riscatto, a partire dall’annuncio, atteso, di un importante contributo finanziario al Fondo Loss&Damage, altro tema centrale della Cop28, ovvero il Fondo finanziato dai Paesi più ricchi e destinato a compensare perdite e danni causati dai cambiamenti climatici alle nazioni più povere. Il Fondo, inaugurato alla Cop27 di Sharm, nasce sulla scia di un’altra esperienza del 2009 che ha inanellato una serie di promesse tradite: dei 100 miliardi di dollari l’anno che i Paesi inquinatori e più ricchi avrebbero dovuto versare a quelli in via di sviluppo e meno responsabili della crisi climatica se ne son visti ben pochi.
Oltre al forte impulso alla cosiddetta ‘finanza climatica’, tra gli obiettivi principali della Presidenza emiratina -riportati in due Dichiarazioni cui è stata confermata l’adesione dell’Italia- vi sono quello di triplicare, entro il 2030, la capacità globale installata di produzione di energia da fonti rinnovabili e raddoppiare il tasso medio annuo globale di miglioramento nell’efficienza energetica, portandolo dal 2,2% al 4%; di rafforzare l’attenzione al nesso fra cambiamenti climatici e resilienza dei sistemi alimentari, inserendo nelle principali strategie nazionali su clima e ambiente anche i piani nazionali tesi alla trasformazione dei sistemi alimentari. Obiettivi per ora su carta, che tuttavia prevedono lunghi negoziati che andranno avanti a Dubai, a livello ministeriale, sino al 12 dicembre.
Oltre al braccio di ferro tra Paesi ricchi e poveri sul tema dei fondi da finanziare, i principali nodi negoziali alla CoP28 riguardano l’aumento dell’ambizione globale in termini di mitigazione e l’ampliamento delle azioni di adattamento.
In questo contesto la presidente Meloni -giunta alla sua seconda Conferenza sul clima- oltre a diversi incontri bilaterali, ha in agenda tre interventi pubblici: oggi, alle ore 13.30 locali (10.30 in Italia) interverrà all’evento ‘Transforming Food Systems in the face of Climate Change’, durante il quale verrà adottata, con l’adesione dell’Italia, la ‘Emirates Declaration on Sustainable Agriculture, Resilient Food Systems, and Climate Action’; alle ore 16.30 (13.30 in Italia) è previsto il suo intervento al ‘Global Stocktake – Adaptation’, mentre l’indomani la premier interverrà alle 11.30 (8.30 a Roma) in plenaria. In occasione del vertice globale, l’Italia domani sera offrirà a Dubai un concerto dell’Orchestra del Teatro alla Scala, nota in tutto il mondo, per celebrare l’amicizia tra Italia e Emirati Arabi Uniti.
Proprio in vista dei lavori della Conferenza, Meloni lo scorso 10 ottobre ha incontrato a Roma il presidente della Cop28 Al Jaber, concordando in particolare su come i cambiamenti climatici rappresentino una sfida importante per il nostro pianeta e per l’umanità e richiedano un’azione forte e ambiziosa da parte di tutti gli Stati, al fine di raggiungere gli obiettivi di lungo termine previsti dall’Accordo di Parigi.
I temi clima ed energia al centro del vertice globale si intrecciano inoltre con il focus dell’Italia sul Continente africano. L’Italia a Dubai confermerà i propri impegni, ribadendo l’intenzione di destinare all’Africa gran parte del suo Fondo per il Clima. Il governo Meloni punta a porre così le basi per un ruolo centrale nel 2024, quando spetterà all’Italia la presidenza del G7. Prima di questo appuntamento, a fine gennaio, si svolgerà il vertice Italia-Africa con il quale il governo intende ribadire la propria funzione strategica, in chiave geopolitica, nel cuore del Mediterraneo.