(Adnkronos) – “Quello che chiediamo è senz’altro di avere un accesso più equo su tutto il territorio italiano alle cure più innovative, cosa già difficile. Ma ci piacerebbe anche avere, come altre realtà sanitarie, un monitoraggio”, avere “i numeri” sul farmaco impiegato, “del tipo a chi è stato dato, se è stato efficace, perché nella dermatologia, così come in tantissime altre patologie, non esistono dei registri”. Così Valeria Corazza, presidente di Apiafco, Associazione psoriasici italiani, amici della Fondazione Corazza commenta all’Adnkronos Salute i dati del report ‘Valutare bene per garantire equità. Raccomandazioni per l’equità nel Nuovo Sistema di garanzia (Nsg) dei Livelli essenziali di assistenza’, presentato oggi a Roma e realizzato da Salutequità insieme a 15 soggetti tra associazioni pazienti, società scientifiche, manager di strutture sanitarie, professionisti sanitari, grazie al contributo non condizionato del Gruppo Servier in Italia.
“Viviamo adesso un momento molto particolare e difficile – spiega Corazza – ci arrivano informazioni un po’ da tutte le parti e contraddittorie. In Italia siamo circa 2 milioni, forse anche 2 milioni e mezzo, a convivere con la psoriasi, ma abbiamo bisogno di informazioni sui trattamenti soprattutto per i pazienti gravi perché la psoriasi può interessare tutto il corpo, dai capelli ai piedi. Fortunatamente, ci sono pazienti con forme che più lievi, ma per questi noi dobbiamo fare tutto quello che è possibile per rendere equo l’accesso alle cure, anche in urgenza. Si parla – sottolinea la presidente Apiafco – del farmaco rivoluzionario per il contrasto all’epatite C. Ma oggi, in dermatologia, ci sono dei farmaci che ti fanno guarire in 2 settimane, quasi al 100%. Non si tratta solo di un miglioramento, ma di una trasformazione, La persona trattata è pronta ad andare a lavorare, a creare del reddito, a contribuire a produrre Pil. Bisogna che le istituzioni capiscano, e capiscano bene, tutto questo”.
Inoltre, osserva Corazza, “fare dei modelli per il monitoraggio, creare delle strutture particolari, non rappresentano dei costi: sono investimenti che avranno un ritorno, senz’altro, molto più rapido di quanto ci si aspetta, tanto più che la velocità oggi è un fattore molto importante”, anche per il paziente. Un motivo in più per “puntare sul Piano della cronicità. Stiamo già battagliando – evidenzia – per entrare nel secondo livello del Piano della cronicità, sempre con i pazienti gravi, perché con il Piano della cronicità, bene o male, in mancanza di Pdta”, Percorso diagnostico terapeutico assistenziale, “il paziente ha comunque già dei percorsi, non preferenziali, ma predisposti, in modo tale che si possa intervenire più rapidamente. Quando si ha una malattia grave – conclude Corazza – il tempo ha molta importanza”. Certo, i numeri “possono fare paura, però questi sono. Non è colpa nostra se siamo in tanti”.