(Adnkronos) – Altro che ‘banale mal di testa’. A corredo, chi ne soffre può sperimentare nausea, vomito, fastidio per la luce, il rumore e gli odori, sintomi tanto invalidanti da dover restare a letto per un giorno o anche due. Niente scuola né lavoro né svaghi, praticamente un blackout sociale. Si chiama emicrania e colpisce oltre un italiano su 7. Con un malato su 2 che non sa di esserlo. Capire come riconoscerla e affrontarla è il primo passo per vincerla, ammoniscono gli esperti della Società italiana di neurologia (Sin) e della Società italiana per lo studio delle cefalee (Sisc), annunciando la XVI Giornata del mal di testa che ricorre domani, sabato 18 maggio. Per l’occasione, sui propri canali social Facebook, X e Instagram, Sin e Sisc pubblicheranno video divulgativi. Prendendo spunto dai dubbi e dalle domande più frequenti in materia, i neurologi delle due società scientifiche faranno chiarezza su diagnosi, cure e falsi miti.
Con il termine cefalea – spiegano gli specialisti – si intende qualunque dolore percepito a livello del capo: è in sostanza un sinonimo, in gergo medico, del più popolare ‘mal di testa’. Le cefalee sono uno dei disturbi più frequenti in assoluto. Considerate tutte assieme, compreso il proverbiale cerchio alla testa del dopo-sbronza, la stragrande maggioranza della popolazione l’ha vissuta in prima persona almeno qualche volta nella vita. All’interno della galassia cefalee, il gruppo più corposo è quello delle cefalee primarie, cioè non causate da un problema organico (traumi, disturbi vascolari, infiammazioni, infezioni). Nelle cefalee primarie il sintomo mal di testa costituisce esso stesso la malattia ed eventuali indagini strumentali non rilevano anomalie di sorta.
Zoomando ulteriormente, all’interno del grande capitolo cefalee primarie, la parte del leone la fa l’emicrania. Sia per la sua diffusione (colpisce circa il 15% della popolazione, con uno sbilanciamento di almeno 2 a 1 a sfavore delle donne), sia per la disabilità che può comportare. “Secondo il Global Burden of Disease Study, che misura il fardello che tutte le malattie causano all’umanità, l’emicrania si situa al secondo posto in assoluto per gli anni vissuti con disabilità e al primo posto addirittura nelle donne tra i 15 e i 49 anni”, avvertono gli esperti.
“Si tratta quindi di un disturbo importante – afferma Alessandro Padovani, presidente della Sin – che causa conseguenze spiacevoli a livello sia individuale”, per la violenza degli attacchi e i sintomi che si associano al dolore, sia sociale con “fenomeni come assenteismo e ‘presenteismo’, cioè presenza al lavoro o a scuola, ma in condizioni di efficienza ridotta. Nei casi più gravi”, addirittura, l’emicrania “può portare alla necessità di passare a un lavoro part time o di richiedere un pensionamento anticipato. Inoltre, trattandosi di un disturbo non ‘visibile’ dall’esterno né evidenziabile con esami, ma piuttosto di un’esperienza intima, non comunicabile come tutti i dolori – sottolinea lo specialista – espone chi ne soffre alla frequente evenienza di uno stigma sociale: chi ne è affetto spesso si sente dire frasi sminuenti del genere ‘ma dai, per un po’ di mal di testa…’, che in molti casi conducono ad occultare la malattia e a ritardare l’accesso a cure efficaci”.
Non a caso, riferiscono i neurologi, “molti studi hanno documentato che la metà circa dei soggetti con emicrania non sa di esserne affetto, ma pensa di soffrire di un banale mal di testa (molte donne, ad esempio pensano che gli attacchi di emicrania mestruali siano ‘normali’, facciano parte della fisiologia del ciclo mestruale) oppure è vittima di credenze diffuse quanto infondate (la famigerata ‘cervicale’)”.
“La prima barriera che si oppone a una gestione corretta dell’emicrania è pertanto quella della conoscenza, della consapevolezza di esserne affetti – evidenzia Franco Granella, presidente della Sisc – ed è soprattutto su questa barriera che si propone di agire la Giornata del mal di testa diffondendo, attraverso i canali social Sisc e Sin, video di esperti che esprimono la loro opinione riguardo alle più comuni domande che le persone che soffrono di cefalea formulano sulla loro condizione”. Ma “la seconda barriera, una volta che sia stata formulata una diagnosi corretta, è rappresentata dalla presa in carico da parte di un medico che abbia le conoscenze necessarie in materia e sia disposto a seguire nel tempo il paziente”.
“L’Italia – prosegue Granella – dispone di un’eccellente rete di centri cefalee distribuiti su tutto il territorio nazionale, in cui i pazienti possono ricevere le cure più appropriate. Trattandosi tuttavia di un disturbo che interessa milioni di persone, non è immaginabile che tutti i pazienti debbano e possano rivolgersi a un centro cefalee: ne conseguirebbe la paralisi operativa e liste di attesa infinite”.
“Il primo baluardo contro l’emicrania – rimarcano Sin e Sisc – deve essere costituito dai medici di medicina generale, che devono essere in grado di porre la diagnosi e di trattare i casi meno complessi con terapie per l’attacco acuto, ma anche di profilassi. A questo proposito potrebbe essere utile formare medici di famiglia particolarmente esperti in questo campo, che andrebbero ad operare nelle Case della salute, in cui l’aggregazione di diversi medici di medicina generale consente che ogni medico possa acquisire competenze approfondite in un particolare settore della medicina”.
“Un altro contributo fondamentale – aggiungono le due società scientifiche – lo può fornire la rete dei neurologi ambulatoriali, presente in modo capillare sul territorio e perfettamente in grado di gestire la maggioranza dei casi di emicrania e delle altre cefalee primarie. A questo punto i centri cefalee potrebbero svolgere il loro compito principale: trattare i casi ‘difficili’, le emicranie resistenti a trattamenti multipli, le emicranie croniche (quelle cioè in cui il mal di testa ricorre per almeno 15 giorni al mese) e quelle complicate dall’uso eccessivo di sintomatici (cosiddetta Medication Overuse Headache), utilizzando anche i recenti farmaci specifici per l’emicrania, la cui efficacia e tollerabilità ha rappresentato un punto di svolta nella lotta a questa insidiosa malattia”.