(Adnkronos) – Alla base di ansia o depressione che colpiscono la metà degli adolescenti italiani “c’è tanta solitudine e c’è a volte anche l’incapacità di vedersi performanti. Noi adulti stiamo cercando ossessivamente di crescere giovani performanti, ma ci dimentichiamo che chiedono solo di essere felici. Inoltre, l’adolescente si sente invisibile, coccolato da piccolo, ma poi lasciato a sé quando è più adulto. Risultato? Molte volte il genitore si trasforma in adolescente per compiacere il figlio, diventa suo amico. Niente di più sbagliato perché l’adulto deve fare l’adulto, il padre deve fare il padre, la madre deve fare la madre, i genitori non possono gareggiare su chi ha più appeal sui social”. Così all’Adnkronos Salute Sergio De Filippis, docente di Psichiatria delle dipendenze all’Università di Roma La Sapienza, direttore sanitario Villa von Siebenthal, a margine della presentazione – oggi a Roma – del progetto ‘Mi vedete?’.
All’interno degli istituti scolastici, l’iniziativa ha coinvolto attivamente oltre 1.800 tra studenti, insegnanti, famiglie, esperti e figure professionali del territorio. Obiettivo del progetto – promosso da Lundbeck Italia in collaborazione con Your Business Partner – è ascoltare gli adolescenti e rispondere ai loro bisogni inespressi.
“Ossessivamente pensiamo che nostro figlio debba essere il più bravo a giocare a calcio o a basket, il più bravo a scuola – rimarca De Filippis, che è anche consulente scientifico del progetto Mi vedete? – senza capire che questo è il piacere di noi genitori e non di nostro figlio. Dobbiamo fare in modo che i ragazzi facciano i loro errori, che cadano per poi rialzarsi da soli. Le cicatrici sono importanti tanto più in tenera età. Se cadi da adulto sei fregato, ma se cadi da ragazzino ti rialzi e te lo ricorderai anche da adulto”. Sapere che “ci sono tantissimi ragazzi che stanno subendo un disagio ad un’età adolescenziale e che questo disagio, se non intercettato, porta poi ad un vero e proprio disturbo – sottolinea lo psichiatria – mi preoccupa molto”. E noi “adulti abbiamo il dovere di riuscire a intercettare, di rendere meno invisibile l’adolescente ed evitare che i nostri figli usino indiscriminatamente i social e il tablet sin dai 6-8 anni di età”, conclude.