(Adnkronos) – “In chi non intende smettere è necessario prendere in considerazione delle alternative che possano ridurre il danno da fumo. Se quindi è necessaria” la formazione e l’educazione dei giovani “fin dalle scuole”, sui rischi, “per lo zoccolo duro dei fumatori” incalliti che non smettono nemmeno dopo “aver avuto un evento cardiovascolare” come l’infarto, “si può proporre anche l’alternativa al fumo combusto” tipo “ il tabacco riscaldato, che ha meno prodotti di combustione e quindi meno prodotti dannosi”. Così Francesco Fedele, professore di cardiologia e responsabile servizio Riabilitazione Cardiorespiratoria al San Raffaele Monte Compatri di Roma, commenta all’Adnkronos Salute alcuni dati diffusi dall’Istituto superiore di sanità, alla vigilia della Giornata mondiale senza tabacco, in calendario il 31 maggio.
“Bisogna essere realisti – osserva Fedele – Una buona percentuale di pazienti, nonostante il talk counselling”, la terapia della parola, “anche se hanno avuto un evento cardiovascolare, non riescono, o non vogliono, smettere di fumare. Come medici e cardiologi, con i pazienti in riabilitazione attiviamo tutto un percorso di stili di vita adeguati – movimento, dieta, supporto psicologico – ma, dopo un periodo di riabilitazione, anche se il paziente smette per un certo tempo, un 20-25% comunque riprende a fumare. È un dato di fatto” che si verifica anche dopo aver “spiegato in maniera completa sia i danni da nicotina che da combustione”.
Nel fumo di sigaretta, si deve distinguere “il danno da nicotina, da quello di tabacco e da fumo – precisa Fedele – La nicotina purtroppo è la sostanza che dà dipendenza ed effetti negativi a livello cardiovascolare, ma anche cerebrale, dove ci sono dei recettori nicotinici che favoriscono il rilascio di dopamina, che crea dipendenza”. Oltre alla nicotina, il “tabacco contiene sostanze cancerogene e, bruciando, libera altre sostanze cancerogene. Poi c’è la questione del fumo, della combustione, che libera ossido di carbonio che è nocivo sia a livello cardiovascolare”, in particolare per i “vasi sanguigni, che respiratorio”. A questo si somma il fatto che “il fumo di sigaretta incide negativamente anche sulle patologie oncologiche, su quasi tutte, non soltanto a livello respiratorio, ma anche sul tumore del rene e del pancreas”, per esempio.
I dati diffusi dall’Iss evidenziano che negli ultimi 15 anni la percentuale di fumatori si è ridotta, ma troppo lentamente. Erano il 30% nel 2008, adesso si attestano al 24%, “segno che gli adulti fanno fatica a smettere e che le politiche non sono efficaci – osserva Fedele – Personalmente credo che la politica proibizionista messa in atto nel Regno Unito”, che impedisce l’acquisto delle sigarette da chi è nato dopo il 2009, “non porti a niente. L’abbiamo visto in America con l’alcol. Penso piuttosto che i giovani vadano istruiti a livello delle scuole”. Si devono “informare” le nuove generazioni “sui danni del fumo. Per lo zoccolo duro che, nonostante il counseling, non smette di fumare”, va considerato l’uso di prodotti “senza combustione, che”, non bruciando, “ha meno prodotti dannosi”.
Come succede nello sport, “con la squadra scendo in campo per vincere, ma se non posso vincere, invece di perdere, è meglio un pareggio – chiarisce il professore – anche perché si cominciano ad avere dati” sull’utilità di questo approccio. “Alcuni paesi come la Grecia, stanno aprendosi a considerare queste alternative. Sarebbe un passo avanti”. Con un istituto di ricerca “stiamo portando avanti degli studi su popolazioni particolarmente a rischio, come gli arteriopatici, per valutare, anche in tempi relativamente ridotti, gli effetti meno dannosi di alcune alternative” al fumo di sigaretta. “I risultati – conclude Fedele -potrebbero essere disponibili a settembre”.