(Adnkronos) – Diete e modelli alimentari sbagliati costano a ogni italiano circa 300 euro in più l’anno e incidono sulla probabilità̀ di avere malattie. Con un duplice rischio: l’impatto negativo sulla salute e, più̀ in generale, la crescita di costi economici e sociali. Un ‘legame pericoloso’ illustrato, dati alla mano, oggi dalla Fondazione Aletheia – think thank scientifico italiano – con il patrocinio del ministero della Salute, con il rapporto ‘Malattie, cibo e salute’. A illustrare il report il Comitato scientifico della Fondazione, presieduta da Stefano Lucchini e diretta da Riccardo Fargione, con il coordinamento delle attività̀ scientifiche di Antonio Gasbarrini, preside della Facoltà̀ di Medicina e chirurgia dell’Università̀ Cattolica del Sacro Cuore.
Nel 2023 l’eccesso di peso, in Italia, ha interessato il 46,4% della popolazione di maggiore età̀, rilevando una crescita nell’ultimo ventennio del 7,1% delle persone in sovrappeso e del 36,4% di quelle affette da obesità. A questo si aggiunge anche un aumento dell’incidenza di diabete che passa dal 6,3% nel 2021 al 6,6% nel 2022, con una crescita negli ultimi vent’anni del 65%. I costi sanitari legati a queste malattie comportano oggi – secondo quanto rilevato dal rapporto – una contrazione annua del Pil europeo del 3,3%. Entrando nel dettaglio, l’incremento del sovrappeso legato a stili nutrizionali errati rappresenta il 9% della spesa sanitaria nazionale e ad ogni italiano costa un”extra tassa’ annuale di 289 euro.
In tal senso la dieta mediterranea, patrimonio culturale immateriale dell’Unesco, rappresenta valori di contrasto a questo fenomeno.”La dieta mediterranea – ha specificato Claudio Franceschi, docente emerito di Immunologia all’Università̀ di Bologna, tra gli autori della ricerca – rappresenta indiscutibilmente un elemento cardine per la salute dei cittadini poiché́ ha una serie di effetti favorevoli sulla composizione corporea, lo stato infiammatorio cronico caratteristico dell’invecchiamento ed anche su tutta una serie di parametri cognitivi”. Da qui, dunque, i rischi di consumi elevati di cibi ultra-processati. Il rapporto evidenzia, infatti, come una riduzione del 20% delle calorie assunte da alimenti ad alto contenuto di zucchero, sale e grassi saturi potrebbe prevenire in Italia 688mila malattie croniche entro il 2050 e far risparmiare 278 milioni di euro l’anno di spesa sanitaria: circa 7 miliardi nei prossimi 25 anni.
“L’evento di oggi – ha affermato Riccardo Fargione, direttore di Aletheia – consolida un percorso avviato con il ministero della Salute. Assistiamo spesso a disinformazione e strumentalizzazioni che spingono verso modelli di consumo dannosi per i cittadini. Non possiamo permetterlo in una Paese, come l’Italia, che vanta una cultura ed un patrimonio enogastronomico di assoluta eccellenza. Ma non possiamo permetterlo neanche a livello globale, per il bene dei cittadini e dei nostri figli. Ed è per questo che con la Fondazione Aletheia ci siamo dotati di un team di medici e scienziati di altissimo profilo per provare a scardinare falsi miti e mettere ordine su un tema delicatissimo”.
La ricerca focalizza inoltre la garanzia del controllo di qualità̀ dei prodotti assunti, sia in termini di composizione nutrizionale sia sotto l’aspetto della sicurezza alimentare. I prodotti italiani risultano infatti i più controllati dalle autorità̀ europee (oltre 11,3mila campioni analizzati), seguono quelli francesi (circa 10mila) e tedeschi (poco meno di 8,7 mila). Nel confronto, circa il 10,3% dei campioni di origine extra Ue ha registrato livelli di contaminazione da fitofarmaci superiori ai limiti di legge, ben 5 volte superiore a quelli di origine Ue (2%).