(Adnkronos) –
Hanno tentato di salvarsi in tutti i modi, cercavano bolle d’aria, vagando vagato per diversi minuti da una cabina all’altra mentre il veliero stava affondando. Ma alla fine in sette hanno dovuto arrendersi. Perché l’evento “è stato repentino e improvviso”. E sono morti annegati nel veliero Bayesian, nel naufragio di Porticello (Palermo). Per la prima volta, il procuratore capo di Termini Imerese (Palermo) Ambrogio Cartosio, a distanza di 5 giorni dalla “gravissima tragedia”, come la definisce lui stesso. In una affollata conferenza stampa, il capo della Procura, insieme al giovane pm Raffaele Cammarano, ha quindi annunciato pubblicamente che, come anticipato dall’Adnkronos nei giorni scorsi, la Procura indaga per naufragio colposo e omicidio colposo plurimo. “Al momento – ha sottolineato – contro ignoti”.
L’autopsia sui corpi delle vittime sarà eseguita “presto”. E se fino a questo momento si indaga contro ignoti, la situazione potrebbe cambiare presto, ha spiegato Cartosio. “Quando e se iscriveremo delle persone nel registro degli indagati non dipende esclusivamente dal recupero del veliero. Ci sono delle valutazioni che vanno fatte – ha detto -, ci si deve rendere conto che un procuratore che acquisisce degli elementi che provengono da accertamenti di vario tipo ha la necessità di conoscerli bene e rifletterci sopra”. I magistrati non hanno ancora conferito l’incarico delle autopsie sui sette corpi, anche se avverrà molto presto.
“Alle 4.38 un razzo rosso ha avvertito la Guardia costiera che c’era un problema a mare – ha detto ancora Cartosio – la Guardia costiera con un mezzo nautico è arrivata sul posto ma il veliero era già affondato. C’erano dei naufraghi che sono stati soccorsi da un’altra imbarcazione ancorata a circa 200 metri dal Bayesian. Il comandante della imbarcazione ha soccorso gran parte dei naufraghi. Sette erano scomparsi”. Il primo cadavere, quello del cuoco di bordo, Recaldo Thomas, 37enne dell’Antigua, è stato trovato all’alba di lunedì, poche ore dopo il naufragio. “Mancavano all’appello sei passeggeri, la cui identità, è inutile che ce lo nascondiamo, è uno degli elementi principali dell’interesse internazionale, direi mondiale, che c’è sulla vicenda, cioè personaggi di rilievo internazionale nel campo degli affari”, dice. Gli altri sei cadaveri sono stati recuperati. Prima quelli del banchiere Jonathan Bloomer e della moglie, dell’avvocato Chris Morvillo e della moglie.
Uno o più portelloni a poppa della barca affondata erano aperti? “Si tratta di elementi che non possiamo rivelare per il semplice motivo che si tratta di informazioni che necessitano di essere confermate dal successivo esame del relitto. Fornirle adesso potrebbe essere pregiudizievole ai fini della indagine”, ha detto ancora il pm.
Gli eventi si sono sviluppati in pochi minuti, l’affondamento è stato repentino e improvviso. Dunque, sicuramente l’attività di indagine che si fonderà prima sul recupero e poi sull’accertamenti sul relitto ci permetterà di fornire delle risposte a quesiti al momento non conosciuti”, risponde il pm alle domande su come mai l’equipaggio si è salvato quasi per intero mentre sei degli ospiti sono morti e perché il comandante non ha prima salvato i passeggeri? “Le indagini si stanno concentrando anche su questo aspetto”, dice.
La Procura di Termini Imerese non ha eseguito il test antidroga né il test per l’assunzione di alcol né sull’equipaggio né sugli ospiti, ha detto ancora il pm, aggiungendo: “In quel momento erano feriti e sotto choc, quando si doveva capire cosa fosse successo ci si è concentrati sulla cura di quei soggetti. In merito alle condotte stanno venendo esaminati, non solo i passeggeri ma anche i membri dell’equipaggio”.
Le vittime sono rimaste indietro, nel veliero “perché dormivano. Stiamo cercando di appurarlo incrociando le testimonianze e verificando cosa emerge, è un punto focale delle indagini”, ha continuato il pm. “La notte del naufragio c’era in plancia di comando un uomo dell’equipaggio”, ha poi aggiunto Cammarano parlando con i giornalisti: “L’attività di indagine è tesa proprio a capire cosa sia successo”. Il veliero Bayesian, ha aggiunto ancora, è affondato di poppa in pochi minuti.
Poi, entrando più nello specifico dell’inchiesta, il magistrato, rispondendo alle domande dei giornalisti arrivati da tutto il mondo ha ribadito che “al momento non abbiamo la certezza che ci sia una scatola nera – ha aggiunto – In questa fase si era puntato sulla ricerca. Dobbiamo attendere il recupero del veliero”.
Il comandante della Capitaneria di porto di Palermo, l’ammiraglio Raffaele Macauda ha poi spiegato che “è intenzione della proprietà del Bayesian recuperare il relitto”. “In collegamento con la procura hanno manifestato la volontà di recuperare l’imbarcazione, c’è la disponibilità, con i tempi tecnici necessari, a recuperare l’imbarcazione”, ha detto Macauda in conferenza stampa. Che poi ha fatto sapere: “E’ necessario un piano di recupero circa le modalità da utilizzare per portare a galla il veliero. Un piano da presentare all’autorità marittima. Preliminarmente devono essere svuotati i serbatoi”.
Poi, tornando alla notte di domenica, l’ammiraglio ha spiegato: “Il veliero poteva stare in rada in quella zona. Del resto per quella sera non c’era un’allerta di burrasca”. Rispondendo invece alla domanda di una cronista che gli ha chiesto se il dispositivo di soccorso fosse stato lo stesso se si fosse trattato di un barcone di migranti, Macauda ha replicato: “Il dispositivo di soccorso è uguale per tutti, la Guardia costiera non fa alcuna distinzione tra le persone, né del colore della pelle. Se al posto del veliero ci fosse stato un barcone di migranti avremmo fatto la stessa cosa. Voglio ricordare che a Lampedusa abbiamo recuperato corpi a 60 metri per restituirli ai familiari”.
“Lo scenario in cui ci siamo trovati a operare era non convenzionale, relativo a una imbarcazione affondata a una profondità di 50 metri. Le immersioni presentavano delle caratteristiche di tipo speleologico, gli operatori dovevano prestare attenzione sia alla profondità che alla presenza degli arredi che tendevano a fluttuare e ostruivano l’accesso e l’uscita”. Così Giuseppe Petrone, il capo dei sommozzatori dei Vigili del fuoco, parlando delle ricerche dei dispersi. “Le difficoltà erano legate al fatto che le operazioni dovevano essere effettuate prestando attenzione ai dispositivi di sicurezza, non mettendo a rischio la propria incolumità”. E ancora: “Le operazioni hanno presentato notevoli difficoltà”.