(Adnkronos) – La guerra in Ucraina e il sistema delle sanzioni occidentali avrebbero dovuto tagliare fuori la Russia dall’economia internazionale. Il disegno era chiaro: utilizzare la forza del denaro e della finanza a sostegno di Kiev, attraverso le sanzioni, per compensare lo squilibrio militare a favore di Mosca. L’operazione, però, ha funzionato solo in parte. Il tracollo inizialmente previsto non c’è stato, l’isolamento è stato aggirato su più fronti, e si è innescato un processo di ‘normalizzazione’ che a due anni e mezzo dall’inizio del conflitto vede il Cremlino arroccato a difesa della propria economia di guerra.
La crescita è ‘drogata’ dagli ingenti investimenti bellici, l’inflazione corre, la Banca centrale sarà presto costretta ad alzare i tassi di interesse per cercare di rendere meno insostenibile il costo della vita, un numero crescente di aziende è in difficoltà e la manodopera inizia a scarseggiare. In questo senso, le sanzioni occidentali hanno avuto il loro effetto. Ma a livello globale, grazie soprattutto ai rapporti con Cina e India, la Russia è tutt’altro che marginale. Come dimostra un passaggio che si sta concretizzando in questi giorni: il Fondo Monetario Internazionale ha pianificato una missione in Russia, la prima dall’inizio della guerra in Ucraina e la prima di una istituzione internazionale.
L’annuncio dato a Reuters martedì dal Aleksei Mozhin, il direttore esecutivo del Fmi per la Russia, ha un peso rilevante per diverse ragioni. I tempi previsti, si parte con un format online il 16 settembre ma è prevista una visita a Mosca a ottobre, indicano un cambio di scenario, con una sostanziale ‘riammissione’ della Russia nel sistema dell’economia globalizzata. Questo, considerando che non ci sono state missioni nel 2022 e nel 2023 proprio per le pressioni occidentali e considerando anche che molti Paesi avevano proposto l’estromissione di Mosca dal Fondo, sembra suggerire la presa d’atto che l’ambizioso piano di totale isolamento della Russia possa finire qui.
Altro segnale significativo riguarda l’avvicendamento nel ruolo di Mozhin. Il suo mandato scade il 1 novembre e, stando a quanto scritto dalla Tass e confermato dalla AFP, sarà sostituito da Ksenia Yudaeva, una stretta collaboratrice del Governatore della Banca centrale russa Elvira Nabiullina, che figura tra le personalità russe sanzionate dagli Stati Uniti. Sembra un paradosso ma i meccanismi dell’organizzazione internazionale che ha sede a Washington si muovono evidentemente a una velocità diversa rispetto all’esito di un conflitto ancora in corso.
C’è un dato che, più di altri, restituisce quale sia ancora oggi il peso dell’economia russa nel contesto globale. Aggregando i flussi di gasdotti e GNL, ha evidenziato l’Unione internazionale del gas (IGU), i cinque maggiori esportatori netti di gas nel 2023 sono stati Russia, Qatar, Stati Uniti, Norvegia e Australia. Mosca è risultata prima in classifica con un’esportazione netta di 139 miliardi di metri cubi (mc). Il Qatar ha fornito al mercato mondiale 128 miliardi di mc, gli Stati Uniti 127 mld, la Norvegia ha esportato 120 mld, mentre l’Australia ha completato la top five dei fornitori mondiali con 110 mld. Il rapporto rivela anche che nel 2023 la Russia è rimasta il secondo maggiore esportatore mondiale via gasdotto, con la maggior parte delle esportazioni dirette in Cina (26 miliardi di mc), Turchia (21 mld), e Bielorussia (18 mld).
Nonostante siano stati chiusi i rubinetti verso l’Europa (non del tutto, visto che a luglio l’export dalla Russia verso i paesi Ue via pipeline è cresciuto dell’11% rispetto a luglio del 2023), nonostante le perdite consistenti per il colosso Gazprom, e nonostante la diversificazione delle forniture abbia reso indipendente da Mosca il Vecchio Continente, la Russia continua ad avere il suo spazio nel mercato dell’energia e anche nell’economia globale. (Di Fabio Insenga)