(Adnkronos) – Sono passati 8 giorni dalla prima campanella che ha segnato il rientro a scuola dopo le vacanze estive e Roberta, bimba di Milano di 8 anni affetta da una variante di una malattia rara, la displasia campomelica acampomelica, ha già dovuto rinunciare al primo giorno di lezioni. Ce ne saranno altre di assenze obbligate. Motivo: ieri non era possibile garantire l’infermiere che dovrebbe assisterla nelle ore in aula. Quindi niente scuola, si resta a casa. E “come lei tanti altri bambini in Italia con necessità di assistenza sanitaria, oltre che educativa”, vedono il loro diritto all’istruzione garantito solo a giorni alterni, denunciano i genitori di Roberta, Fortunato Nicoletti e Maria Coppola, che guidano un’organizzazione di volontariato, ‘Nessuno è escluso’, dedicata proprio a famiglie con persone colpite da malattie rare e disabilità. “Comincia un altro anno con la spada di Damocle dell’incognita della frequenza”, sottolinea Nicoletti all’Adnkronos Salute.
“Tutto questo succede mentre la ministra per la Disabilità magnifica il prossimo G7 dell’inclusione in Umbria e il ministro dell’Istruzione parla in Tv di quanto sia importante vietare i cellulari a scuola senza occuparsi di insegnanti di sostegno e del fatto che la scuola sia vietata per migliaia di studenti con disabilità. Il sistema nazionale in generale, non è in grado di rispondere alle necessità nemmeno di garantire questi diritti fondamentali”, avverte il papà.
“Parliamo nel nostro caso della Lombardia, regione che si autodefinisce alla avanguardia: un’Asst, nello specifico Santi Paolo e Carlo, solo 15 giorni fa, attraverso l’unità di valutazione multidimensionale, approva e sottoscrive il progetto di vita di Roberta ai sensi della legge 328/2000, progetto nel quale è indicato (e da tutti condiviso) che deve essere erogata l’assistenza infermieristica scolastica (e tutti gli altri sostegni necessari previsti) per tutti i giorni e tutte le ore al fine di garantire il ‘miraggio’ del diritto allo studio – ricostruisce Nicoletti – Ma accade che l’Asst, nonostante le proprie prerogative, compiti e responsabilità, non riesce ad obbligare l’ente accreditato di turno (o non vuole), in questo caso la Fondazione Maddalena Grassi, ad erogare e garantire gli operatori necessari”. “Ricordiamo – interviene Laura Andrao, avvocato esperto di questi temi, che segue le battaglie di diverse associazioni – che se si definisce un progetto inattuabile, poiché poi non si mettono a disposizione le risorse necessarie, si è condannabili immediatamente da un tribunale”.
“E il Comune di Milano? Nemmeno questo ultimo è esente da responsabilità – osserva Nicoletti – anzi proprio con l’approvazione del progetto di vita, del quale è regista ma anche referente e responsabile, diventa protagonista in questo caso chiaramente in negativo. Quindi da un lato abbiamo la solita narrazione fantasiosa di ministri, sindaci, assessori di ogni colore e livello che parlano di disabilità e inclusione senza cognizione di causa, dall’altra abbiamo il mondo reale che racconta di diritti incomprimibili negati, di esclusione, emarginazione e discriminazione”.
“È ora di smetterla di fare propaganda sulla pelle viva delle persone e delle famiglie con disabilità – incalza – ricoprire cariche pubbliche di un certo livello è innanzitutto un onere, che significa assumersi le responsabilità delle scelte. La politica tutta ha deciso da tempo che la disabilità, e non solo questa purtroppo, non è una priorità per questo Paese, ma solo una gran rottura. Da risolvere con un ministero dedicato senza portafoglio, con osservatori, esperti e tavoli tecnici di lavoro di ogni tipo che non fanno altro che confondere le acque. Mediaticamente funziona, politicamente pure, forse. Ma la vita quotidiana fa emergere una situazione assolutamente capovolta rispetto alla narrazione della fantasia e alla fine i conti non torneranno nemmeno per la politica. Perché quelli che sono i mancati investimenti di oggi – investimenti non costi – saranno spese moltiplicate a dismisura nei prossimi anni”, conclude.