Cancro al seno, la psiconcologa Dimastromatteo: “Per le donne siamo centrali”

(Adnkronos) – Il tumore al seno metastatico riguarda 37mila donne in Italia. Le nuove terapie hanno ampliato l’aspettativa di vita e quindi aperto alla possibilità di ritorno al lavoro per le pazienti. Ma per una donna che riceve una diagnosi di tumore al seno metastatico “diventa sempre più centrale la figura dello psico-oncologo che svolge un ruolo di accoglienza, di supporto, di affiancamento e orientamento emotivo”. Così all’Adnkronos Salute la psiconcologa Pauline Emma Dimastromatteo.  

“La donna che riceve una diagnosi di tumore al seno metastatico vive una fase di profondo shock e di profondo disagio – spiega Dimastromatteo – a tal punto che se ne cambia la percezione della propria vita, delle proprie relazioni e di sé, ma anche quella della propria quotidianità, delle proprie abitudini. La malattia, dunque, rappresenta un momento di profondo distress emotivo. La donna è disorientata perché dalla diagnosi alla fase del trattamento spesso non ha neanche il tempo di elaborare che cosa stia succedendo. Quindi compito dello psico-oncologo è ascoltare la paziente e i suoi nuovi bisogni ed emozioni, informarla su malattia e terapie e aiutarla ad affrontare sofferenza, fatica, paure, compresa quella di vivere il cambiamento del proprio corpo e di relazionarsi con i figli, partner e famiglia. Quindi lo psiconcologo ha il ruolo di accompagnare la donna in una fase di cambiamento e di adattamento”. 

Il cancro al seno è uno dei tumori “più diffusi tra le donne di tutto il mondo – ricorda l’esperta – Quando però si parla di tumore al seno metastatico, si associa anche da un punto di vista collettivo, di conseguenza anche per la donna che riceve questa diagnosi, l’angoscia dell’incurabilità. In realtà, l’avanzamento delle terapie ci dice che anche il tumore al seno metastatico è curabile, perché l’aspettativa di vita è aumentata. La sopravvivenza può durare anni e anni e quindi è associabile ad uno stato di malattia cronica, cronicizzabile. Tuttavia le donne, nonostante questi dati incoraggianti, hanno uno sguardo verso il futuro molto incerto e precario”. 

L’impatto psicologico “è molto forte – sottolinea Dimastromatteo – Il supporto psicologico è un fattore fondamentale e imprescindibile. Non a caso l’Organizzazione mondiale della sanità ci ricorda che la salute è una questione di corpo e di mente in un’ottica olistica. Quindi, una donna che si prende cura della propria vita, che non si identifica con la malattia, ma che integra diversi aspetti e diverse fasi della sua vita è una donna che migliora anche le proprie risposte immunitarie e, di conseguenza, migliora anche le risposte del suo organismo ai trattamenti contro il tumore”. Nel rientrare al lavoro, le problematiche psicologiche che una donna con tumore al seno metastatico deve affrontare sono diverse: si va dall’imbarazzo alla paura di ritorsione.  

“Sicuramente il rientro al lavoro è un momento molto delicato perché, se da una parte rappresenta un primo passo di ritorno alle abitudini e a una normalità – precisa l’esperta – è anche un momento stressante. Mentre la donna si è occupata della propria salute, l’ambiente di lavoro è andato avanti, il team ha proseguito nelle sue dinamiche. Quindi, anche in questo caso la paziente vive una fase di distress che in qualche modo può essere elaborata all’interno di uno spazio psiconcologico”. Il primo passo per affrontare un ritorno al lavoro “è sicuramente la consapevolezza di sé e dei propri limiti – rimarca Dimastromatteo – perché essersi sottoposta a delle cure salvavita significa per una donna aver affaticato il proprio corpo, ma anche i propri processi cognitivi, oltre che aver affaticato tutta la sfera emotiva e psicologica. Per cui riconoscere la fatica, la stanchezza, la difficoltà nel concentrarsi e la fatica nel riadattarsi ad un ambiente di lavoro diventa una presa di cura di un nuovo processo di adattamento”. 

Come per tutti i tumori, anche il cancro al seno metastatico “è una malattia che ha un impatto sull’intero sistema familiare e sulla coppia. Molte ricerche riconoscono come il ruolo del caregiver/partner/familiare sia imprescindibile nel favorire un buon adattamento alla malattia della persona. E’ chiaro che è una diagnosi oncologica è un momento di crollo emotivo per il paziente, ma lo è anche per il familiare, il caregiver o il partner. Per cui – conclude la psiconcologa – poter avere anche in quest’ottica uno spazio di elaborazione, di ascolto delle fatiche di ascolto delle difficoltà può diventare quell’incentivo di una comunicazione più aperta, più sincera, più genuina tra la paziente e il partner, ad esempio per andare in una direzione che sia più salutare, per il benessere della coppia o dell’intero sistema familiare”. Approfondimenti sul tema sono disponibili nel sito ‘E’ tempo di Vita’ (etempodivita.it).  

(Adnkronos)