“Le immagini che sto vedendo in questi giorni dall’Afghanistan per me rappresentano davvero un colpo al cuore. Il ricordo che ho delle esperienze in quel Paese è fantastico, ho ricevuto e dato tanto come mai in tutta la mia vita. Penso in particolare alle donne: sono tanto forti, non devono mollare, devono restare unite. E il mondo non può lasciarle sole”. Parla con il cuore in gola, intervistata da Adnkronos/Labitalia, Gloria De Martin, artigiana friulana che nel 2015, insieme ad altri colleghi, ha trascorso un paio di mesi in Afghanistan formando artigiani e artigiane locali, nell’ambito di progetto portato avanti da Confartigianato Udine.
“Ho compiuto, insieme ad altri due miei colleghi, due missioni in Afghanistan nel 2015, della durata di un mese l’una, soggiornando in particolare a Herat. Il nostro obiettivo era quello di incentivare la crescita economica del Paese e aiutare così anche la crescita sociale della popolazione”, spiega.
Gloria vicino a Udine ha un laboratorio di sartoria e in Afghanistan aveva per lo più allieve donne. E a loro va principalmente il suo pensiero. “Se non vai in Afghanistan non ti puoi rendere conto appieno -sottolinea- delle condizioni in cui vivono queste donne. Io ho conosciuto a esempio una ragazza di diciannove anni che aveva già 6 figli: era stata venduta dalla famiglia a un uomo di 70”, sottolinea amara.
Ma nonostante la condizione sociale in cui vivono “le donne afghane sono forti, sono curiose, non mollano mai, sono a mio parere l’unica speranza del Paese; devono cercare di essere unite, è l’unico modo per salvarsi e per salvare il Paese”, spiega.
Per Gloria, quei due mesi non sono stati un semplice corso di formazione. “Devo dire che è stata un’esperienza fantastica -continua- che porterò sempre dento il cuore, e che mi ha fatto crescere enormemente. Alla prima missione abbiamo partecipato io, un collega falegname, un collega idraulico e una collega parrucchiera estetista. Al di là del passaggio di nozioni tecniche, il nostro obiettivo con le donne con cui abbiamo lavorato è stato quello di far acquisire loro la consapevolezza delle loro conoscenze e di ciò che possono rappresentare per la loro crescita economica e sociale”.
“Il ricordo è che di loro -aggiunge- è magnifico, la loro forza, la loro voglia di ascoltare, di conoscere il nostro mondo, di conoscere quella libertà che non hanno mai avuto. Per loro con quella esperienza si era aperto un nuovo mondo. Tenendosi i corsi all’interno di una base militare queste donne si sentivano protette, coccolate, e si aprivano più facilmente nei loro racconti con noi”, aggiunge ancora.
Racconti di un Paese in cui regna la disuguaglianza, e che oggi con il ritorno dei taliban potrebbe ripiombare nel terrore più nero. “Ci sono i ricchi e poi ci sono i poveri, non esiste classe media. Tante cose che per noi sono scontate come l’energia elettrica e l’acqua corrente per loro possono rappresentare dei miraggi. Ma qualcosa a livello sociale si era raggiunto, adesso il rischio è che si perdano tutte quelle conquiste faticosamente raggiunte in 20 anni”, sottolinea amara De Martin.
E qualche piccola conquista porta anche la ‘firma’ di De Martin e degli altri artigiani friulani. “La mia più grande soddisfazione -racconta- è stata quando alcune di queste donne sono riuscite a comunicarmi, e anche questo è difficile in un Paese in cui loro non hanno accesso alle nuove tecnologie, che avevano aperto una loro boutique. In realtà era solo un gazebo, ma per loro rappresentava una cosa enorme -continua- e per noi ha significato sapere che il nostro insegnamento era stato recepito”.
“Avevano capito che l’iniziativa imprenditoriale poteva essere la loro arma di riscatto, la molla per raggiungere l’indipendenza. E che era necessaria l’unione tra loro, con l’individualismo non si va da nessuna parte. In questo momento difficilissimo -conclude- devono restare unite, io so che loro non molleranno, ho conosciuto la loro forza”, conclude. (di Fabio Paluccio)