“Non solo sono state superate le paure di quello che appariva come un disastro ma il lockdown ha riavvicinate le persone alla cura del verde su terrazzi e giardini. I mercati internazionali hanno reagito allo stesso modo e di questo ha beneficiato tutto il settore. Possiamo dire che c’è una sensibile aumento di esportazioni ma anche che trasversalmente del mercato interno e del suo indotto”. Lo dice in un’intervista all’Adnkronos/Labitalia Francesco Mati, imprenditore vivaista e vicepresidente di Confagricoltura Pistoia.
“Certo – ammette – le difficoltà non sono mancate. Principalmente lo sgomento, a inizio Covid-19 con frontiere chiuse e ordinativi annullati si è pensato che fosse un durissimo colpo per il settore. Le istituzioni hanno fatto il possibile impegnandosi nell’ascolto delle problematiche, ma molti dei limiti tipici italiani sono emersi proprio durante questo stress test”.
“I tempi di reazione della macchina pubblica – rimarca – sono stati piuttosto lenti ma nonostante questo è stato apprezzato lo sforzo che alcuni hanno compiuto per aiutare le imprese”.
“Siamo dentro – spiega Mati – un importante passaggio epocale, appena usciti dalla crisi economica del secolo, con Greta e i giovani che fanno giustamente pressione perché si possa invertire la tendenza e diminuire le emissioni guardando a una vita più sostenibile. Mentre il mondo guarda a come farlo anche impiantando milioni di giovani alberature in Italia si discute di un disegno di legge che porterebbe a una sensibile riforma delle politiche agricole nei confronti del settore. Se andrà in porto il florovivaismo assumerebbe un maggior peso nell’ambito agricolo e nelle ricadute relative al verde pubblico nazionale ed europeo”.
“Sul tema formazione – commenta Francesco Mati – si fa ancora troppo poco, se paragoniamo i giovani volenterosi di 50 anni fa con gli attuali ci sono differenze abissali, i giovani di ieri con poche risorse e tanta volontà avevano la possibilità di entrare nei mercati a testa alta, i giovani di oggi hanno troppi rischi, burocrazia e poco credito per potersi mettere in gioco. Anche nel passaggio generazionale”.
“Occorre – auspica – maggiore formazione imprenditoriale e la possibilità di creare percorsi agevolati e facilitati per giovani che avviano un’impresa”.