“La meningite è una patologia batterica invasiva. Se facessimo una classifica delle malattie infettive che spaventano di più, a parte il Covid-19, sarebbe al primo posto rispetto a tutte le altre. Ma oltre ai bambini, dai due mesi di vita in su, occorre proteggere gli adolescenti, i soggetti più a rischio di contrarre e trasmettere la malattia. Per loro i vaccini contro la meningite vanno ripetuti ogni 5-6 anni”. LO afferma Giorgio Conforti, pediatra di libera scelta presso la Asl 3 di Genova e Vicesegretario della Federazione medici pediatri di famiglia (Fimp) della Liguria, tra i promotori del convegno “Meningiti a 360°”, che si è tenuto nei giorni scorsi nel capoluogo ligure.
“Obiettivo dell’incontro – spiega Conforti – sottolineare la necessità di inserire nei calendari vaccinali nazionali i richiami per la meningite ogni 5-6 anni. Intanto perché le vaccinazioni non coprono tutte le età della vita, e poi perché dopo 5-6 anni gli anticorpi calano e, nel momento in cui la malattia si manifesta, la nostra memoria immunologica non fa in tempo a sviluppare nuovi anticorpi stante il brevissimo periodo di incubazione”.
Trattandosi di malattia batterica invasiva, “i genitori sono predisposti ad ascoltare e ad accettare la raccomandazione alla vaccinazione – prosegue Conforti – perché la patologia interessa tutto l’organismo ma in particolare un organo ‘nobile’ come il sistema nervoso centrale. Tuttavia, le vaccinazioni durante il Covid si sono ridotte, non tanto quelle del ciclo primario (raccomandate durante il primo anno di vita) quanto le vaccinazioni degli anni successivi, che interessano ragazzi e adolescenti. Per i genetisti ed esperti che si occupano dei danni economici da mancata vaccinazione (ogni vaccino deve essere sicuro, efficace e in grado di far risparmiare risorse pubbliche da destinare a altri scopi; anche per questo occorre investire in prevenzione sanitaria) la generazione degli adolescenti di oggi è stata definita ‘lost generation’ nel campo vaccinale. È un termine forte ma rende l’idea”.
“Se i nostri adolescenti non si vaccinano – ammonisce Conforti – avremo generazioni più a rischio di contrarre una patologia infettiva grave in età successiva. Inoltre, a questa età, complice le situazioni di socializzazione, sono maggiori i portatori della malattia”.
Convincere i genitori a vaccinare i loro figli in questo momento storico per i pediatri è compito arduo. “In letteratura scientifica – sottolinea l’esperto – è dimostrato che se la filiera vaccinale e i tempi si riducono, le coperture aumentano. Alle famiglie ripeto sempre che dovrebbero approfittare dei bilanci di salute presso gli studi dei pediatri o dei medici di medicina generale per sottoporre a immunizzazione i loro figli. Una pratica che riscontriamo solo in alcune realtà, in altre purtroppo non accade. Non ci aiuta certamente la legge dell’obbligo vaccinale, di fatto smantellata in questi ultimi anni. Non a caso, frequentano la scuola dell’obbligo anche i bambini figli di genitori no-vax. Negli asili, invece, il non rispetto dell’obbligo vaccinale dovrebbe precludere ai bambini non vaccinati la frequenza”.
Con l’arrivo della pandemia, però “negli asili si fa più attenzione al raffreddore ma non alla certificazione vaccinale. Nella mia città, Genova, il genitore fa l’autocertificazione ma alla fine nessuno controlla. L’obbligo quindi non serve, servono semmai incentivazioni come il green pass. Convincere i no vax è difficile ma si può agire in età adolescenziale, cercare di favore il dialogo tra adolescente e pediatra perché la legislazione in alcuni casi consente al giovane di decidere, per quanto riguarda la sua salute, in piena autonomia anche se minorenne”, conclude Conforti.