Innanzitutto, la lesione delle prerogative del parlamentare che ha il “diritto di poter esercitare il mandato ricevuto dal corpo elettorale”. E poi una motivazione ‘scientifica’: il green pass non serve a prevenire il contagio, in quanto il vaccino non immunizza e quindi meglio il tampone. Questi i due punti salienti del ricorso di 7 deputati di Alterantiva contro l’obbligo di certificazione verde per accedere alla Camera. Ventotto pagine in tutto che domani saranno all’esame del Consiglio di Giurisdizione di Montecitorio.
I 7 ricorrenti sono Pino Cabras, Raffaele Trano, Emanuela Corda, Francesco Forciniti, Paolo Giuliodori, Arianna Spessotto, Andrea Vallascas. I parlamentari hanno fatto un doppio ricorso. “Uno agli organi della Camera per quanto riguarda noi parlamentari e uno alla Corte costituzionale per tutti i lavoratori”, spiegava ieri Trano all’Adnkronos. I ricorrenti, assistiti dagli avvocati Ugo Mattei, Mattia Crucioli, Giovanni Olivieri e Marco Petrone, “con il presente ricorso, promuovono conflitto di attribuzioni tra poteri per affermare il loro diritto di poter esercitare il mandato parlamentare ricevuto dal corpo elettorale”, si legge nel documento visionato dall’Adnkronos.
“Non pare potersi immaginare un vulnus alle prerogative dei parlamentari (di minoranza) più grave e manifesto di quello testé indicato, lesivo dei principi di rappresentanza e del pluralismo”, sottolineano i 7 parlamentari di Alternativa, componente appunto di opposizione che chiedono sia garantita ai “parlamentari di minoranza la possibilità di esercitare pienamente il proprio mandato parlamentare, tra l’altro, allo scopo di poter opporsi – in ogni forma consentita dal predetto mandato e, in primis, tramite l’apposizione di emendamenti – all’attività della maggioranza e, in particolare, all’imposizione generalizzata dell’obbligo di green pass, in quanto strumento inefficace a prevenire la diffusione del contagio da virus Sars-Cov-2”.
Nel ricorso infatti, oltre alle motivazioni di ordine costituzionale, vengono riportate anche alcune considerazioni di carattere ‘scientifico’. Si legge nel testo: “L’obbligo generalizzato del green pass, stando alle acquisizioni scientifiche più recenti e attendibili, così come attualmente congegnato, costituisce misura inidonea e inadeguata al raggiungimento della finalità di prevenzione della diffusione del virus Sars-Cov-2, un sacrificio eccessivo del diritto alla salute e all’autodeterminazione di chi non può o non vuole sottoporsi all’inoculazione del vaccino, che costituisce il mezzo principale per conseguire il green pass”.
Inoltre, si evidenzia che i tre modi “per ottenere la certificazione verde” ovvero vaccino, tampone o guarigione da Covid si fondano “sull’assunto che vaccinati (e guariti) siano ipso facto non contagiosi e che un esito negativo di un tampone garantisca analoga condizione. Tuttavia, così non risulta essere. Ed invero, quanto ai vaccinati, chi si vaccina può ancora contagiarsi, in misura alquanto consistente”.
“Pertanto, basarsi sullo stato di vaccinato (ma anche di guarito) per dedurne ipso facto la non contagiosità, è un atteggiamento che comporta molti rischi, indirettamente confermati dai ripetuti e sempre più frequenti focolai di contagio (…) la certificazione verde fondata sullo stato di vaccinato induce quindi una fiducia malriposta che può portare ad allentare le misure di distanziamento e igienizzazione, comunque fondamentali specie con la variante Delta oggi prevalente”.
“Per queste ragioni -si legge ancora nel ricorso-, l’impianto delle certificazioni verdi Covid-19 così come attualmente previsto non solo non è in grado di garantire salute e sicurezza, ma rischia addirittura di favorire focolai di contagio ove coloro che ne fruiscano, proprio per il fatto di fruirne, dovessero convincersi di essere completamente protetti dal contagio e quindi di non poter contagiare, finendo per trascurare le regole di protezione e distanziamento, come già spesso accade”.
Unico modo per superare “le lesioni alle attribuzioni dei ricorrenti denunciate con il presente ricorso” sarebbe quelle di stabilire che “il green pass sia rilasciato solo a seguito dell’esito negativo di un tampone praticato a una persona senza sintomi; il che – tuttavia – come detto, non è, essendo esso concesso anche ai vaccinati (e ai guariti), capaci tuttavia di contagiare”.
“In oggi, quindi, possono accedere alla Camera non solo deputati che si sono sottoposti a tampone con esito negativo ma anche deputati, non sottopostisi a tampone, vaccinati (o guariti), seppur questi ultimi possono essere diffusori del virus. Ciò realizza anche una lesione del principio di non disparità, essendo illogicamente trattate in modo eguale (eguale possibilità di accesso alla Camera) situazioni diverse (contagiosità di vaccinati e forse anche di guariti, da un lato; non contagiosità di soggetti sottoposti a tampone con esito negativo, dall’altro lato)”.