“L’Italia è più che pronta per la sfida della digitalizzazione dei beni culturali. Anzi, non solo è pronta, ma avendo già in passato fatto scuola sui temi archivistici e bibliografici è fondamentale che lo faccia anche in questo momento di transizione al digitale. Perché non si può immaginare una transizione digitale che non tenga conto della tradizione. Altrimenti avremmo un processo asettico che non darebbe certo i risultati sperati”. Lo spiega ad Adnkronos/Labitalia Gian Marco Di Domenico, responsabile ricerche e sviluppo nonché presidente del cda della Csa, Gruppo operativo da oltre 20 anni, leader nella gestione documentale, secondo le logiche archivistiche applicate alle nuove tecnologie.
“Per noi di Csa -prosegue Di Domenico- uno dei nostri paradigmi fondamentali è che non ci può essere un corretto processo digitalizzazione senza rispetto dei modus operandi vigenti e, soprattutto, delle grandi tradizioni che l’Italia vanta”. Ma al di là di questo, Di Domenico ci tiene a sottolineare che “negli ultimi anni su tutto il territorio nazionale si sono consolidate fortissime competenze tecniche specifiche, in grado di tenere il passo e fare la differenza a livello europeo, tanto nel campo dell’informatica che delle discipline ingegneristiche più avanzate. E’ giusto che queste esperienze nate sul campo possano essere messe a frutto nel Sistema Italia”.
“Semmai ad oggi in Italia, il problema che noi ravvisiamo -dice l’esperto- è che spesso e volentieri, non essendoci degli standard largamente riconosciuti nella fase di preparazione del documento e di digitalizzazione vera e propria, si creano dei risultati discontinui e sistemi non in grado di dialogare tra di loro. E’ quello che, nell’ambito della digitalizzazione nel settore dei beni culturali, si è provato a fare con l’introduzione dello standard Iiif (International Image Interoperability Framework, protocollo interoperabile per la condivisione delle immagini, ndr), ma che purtroppo non sempre viene seguito”.
“La creazione e la validazione di questi standard -ribadisce Gian Marco Di Domenico- sarebbe essenziale per la creazione di un ecosistema digitale ad alto valore in cui tutto il patrimonio culturale digitalizzato possa essere realmente interoperabile, seguire e parlare un linguaggio unico e permettere la fruibilità a tutti i livelli di pubblico, dallo studioso universitario al semplice curioso”.
Un’uniformità dell’offerta digitale, anche in ambito di beni culturali, insomma. “E’ fondamentale -conferma Di Domenico- soprattutto in virtù del fatto che l’Italia possiede un patrimonio artistico-culturale di estrema varietà e di inestimabile valore, fatta di poli museali, complessi bibliografici e siti archeologici estremamente diffusi sul territorio, la cui valorizzazione in ambito internazionale mediante il corretto uso dei mezzi digitali potrebbe costituire un volano turistico formidabile”, conclude. (di Mariangela Pani)