Variante Omicron e smart working, Costa: “Riflessione va fatta”

Lo smart working un’arma contro la variante Omicron? L’aumento dei contagi riporta alla ribalta il dibattito sull’opportunità di ricorrere in maniera più ampia al lavoro agile, ora definito da regole concordate tra governo e parti sociali. “Quella sullo smart working è una valutazione che assolutamente dobbiamo fare. C’è stato un momento in cui il ritorno al lavoro in presenza era a mio avviso un segnale importante di ritorno alla normalità di cui il Paese aveva bisogno”, dice il sottosegretario alla Salute Andrea Costa, intervenuto oggi a ‘Radio 24’. 

“Ma oggettivamente, di fronte a questa variante che si diffonde in maniera molto più rapida, credo sia ragionevole fare una riflessione e, laddove lo smart working può rappresentare un’opportunità, credo che dobbiamo prendere in considerazione l’ipotesi di tornare a farlo, in alcuni settori specifici laddove non pregiudica la continuità dei servizi”, aggiunge. 

Anche per il settore pubblico andrebbe valutato lo smart working? “Credo che una riflessione debba essere fatta sotto questo aspetto e che all’interno di questo modo variegato ci possano essere situazioni dove può essere una misura di contrasto alla diffusione del virus”, conclude Costa. 

SMART WORKING E LAVORO PRIVATO – Dopo l’emergenza della primavera 2020, il quadro dello smart working è stato al centro di una discussione che ha portato recentemente al varo di un protocollo firmato da governo e parti sociali. Il documento fissa il quadro di riferimento, le linee di indirizzo, tra le parti sociali ma anche per la contrattazione collettiva nazionale, aziendale e/o territoriale stabilendo diritti e doveri dei lavoratori. 

Si parte con l’adesione al lavoro agile su base volontaria, subordinata alla sottoscrizione di un accordo individuale ma fermo restando il diritto di recesso. L’eventuale rifiuto di aderire o svolgere la propria prestazione lavorativa in modalità agile non integra infatti gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, né rileva sul piano disciplinare. 

Nessun orario preciso di lavoro per chi opta per il lavoro agile ma autonomia nello svolgimento della prestazione all’interno di obiettivi prefissati e nel rispetto dell’organizzazione delle attività assegnate dal responsabile, a garanzia dell’operatività dell’azienda e dell’interconnessione tra le varie funzioni aziendali. Questo non osta comunque a che il lavoro agile sia legato a fasce orarie, individuando, in ogni caso, la fascia di disconnessione nella quale il lavoratore non eroga la prestazione lavorativa. 

Prevista, inoltre, ove ne ricorrano i presupposti, anche la fruizione dei permessi orari sanciti dai contratti collettivi mentre non possono essere previste e autorizzate prestazioni di lavoro straordinario. Nei casi di assenze cosiddette legittime (dalla malattia agli infortuni, dai permessi retribuiti alle ferie), il lavoratore può disattivare i propri dispositivi di connessione e, in caso di ricezione di comunicazioni aziendali, non è comunque obbligato a prenderle in carico prima della prevista ripresa dell’attività lavorativa. 

Il lavoratore è anche libero di individuare il luogo ove svolgerà la prestazione in modalità agile purché lo stesso abbia caratteristiche tali da consentire la regolare esecuzione della prestazione, in condizioni di sicurezza e riservatezza, anche con specifico riferimento al trattamento dei dati e delle informazioni aziendali nonché alle esigenze di connessione con i sistemi aziendali. In questo senso la contrattazione collettiva può individuare i luoghi inidonei allo svolgimento del lavoro in modalità agile per motivi di sicurezza personale o protezione, segretezza e riservatezza dei dati. 

 

(Adnkronos)