Fazi di Montichiari: buone prospettive per il latte, suinicoltura in sofferenza aspetta di invertire la rotta nel 2022

MONTICHIARI – Lattiero caseario e suinicoltura, previsione positiva, ma pesano i costi di produzione. E’ quanto emerge dalla Fazi, la Fiera Agricola Zootecnica Italiana di Montichiari giunta alla sua 93° edizione.

“Come Coldiretti abbiamo la responsabilità di tutelare il mondo agricolo rispetto ad alcune forme di demonizzazione, che ad arte vengono create proprio in contrapposizione alla zootecnia stessa – ribadisce il presidente nazionale Ettore Prandini -. In quest’ottica è di fondamentale importanza trasmettere una verità e una conoscenza ai cittadini rispetto al lavoro delle imprese agricole e, in quest’ottica, anche la raccolta e l’elaborazione dei dati si rivelano operazioni utili per il consumatore finale”.

SETTORE LATTIERO CASEARIO

Prospettive positive per il latte, ma costi di produzione elevati. Una produzione mondiale di latte in rallentamento potrebbe sostenere i prezzi del settore lattiero caseario nei prossimi mesi, con effetti positivi anche sul sistema italiano, benché le produzioni di latte Made in Italy siano in controtendenza rispetto agli andamenti fra gennaio e settembre 2021 di Nuova Zelanda (-4,4% su base tendenziale), Australia (-2,9%) e Unione Europea (stabile per i primi sette mesi del 2021, in aumento dello 0,8% in agosto rispetto allo stesso mese del 2020, ma con i principali player comunitari, Francia, Germania e Olanda in contrazione).

L’Italia aumenta le consegne di latte (+3,3% nel 2021), consolidando un trend in crescita che ha portato l’autosufficienza nazionale dall’80% al 97,5% dal 2015 (l’anno di addio delle quote latte) e al crollo delle importazioni di latte dall’estero.

È quanto emerso da un’analisi di Clal.it – portale di riferimento mondiale per le produzioni lattiero casearie.

In poco più di sei anni l’Italia ha incrementato il numero di vacche da latte (+44.964 capi), le consegne di latte (+1.505.449 tonnellate) e la produttività per vacca (99 quintali per capo all’anno), con un’accelerazione ancora più marcata per la Lombardia, che resta la prima regione italiana con il 45% del latte prodotto a livello nazionale: +52.291 vacche da latte in sei anni, 913.005 tonnellate di latte in più prodotto, 108 quintali la produzione raggiunta per capo/anno e un trend di crescita delle produzioni fra gennaio e agosto 2021 rispetto allo stesso periodo del 2020 pari al +4,68 per cento.

A tenere in equilibrio il settore sono le produzioni casearie Dop, che hanno assorbito parte del latte in più prodotto, con una valorizzazione della materia prima superiore, ma anche la destinazione ad altri formaggi e l’export in crescita costante e che nel periodo gennaio-luglio ha messo a segno un +11% tendenziale, da considerarsi molto soddisfacente viste le difficoltà legate alla logistica.

“Sarà necessario mantenere le produzioni Dop in equilibrio – ha detto l’assessore regionale all’agricoltura Fabio Rolfi – e allo stesso tempo diversificare le produzioni intercettando sia nuove soluzioni per valorizzare la materia prima, dalla nutraceutica all’opportunità di un polverizzatore, dai formaggi spalmabili a opportunità che il mercato richiede per nuovi trend di consumi”.

Dalle proiezioni di Clal.it illustrate a Montichiari il prezzo medio ponderato del latte alla stalla è in aumento in tutta l’Ue-27, con i big player del settore (Germania, Francia, Paesi Bassi) che stanno diminuendo le consegne sia per i maggiori costi di produzione che per pressioni ambientali sempre crescenti da parte dell’opinione pubblica.

Le previsioni Ue-27 al 2030. Proprio la sostenibilità ambientale potrebbe mantenere stabile la produzione di latte in Unione europea al 2030, secondo le proiezioni di Clal.it. Dovrebbe tuttavia cambiare l’orientamento produttivo, con una maggiore trasformazione di latte in formaggio (stimata una crescita del +1,6% l’anno secondo le proiezioni) e una contrazione, di conseguenza, delle polveri. Una situazione complessiva che potrebbe non essere penalizzante in termini di prezzi di mercato.

Grana Padano verso un nuovo Piano produttivo. “Entro la fine dell’anno presenteremo in assemblea un nuovo Piano produttivo, per mantenere in equilibrio le produzioni e sostenere le esportazioni, che oggi incidono per circa il 41-42% delle 5.250.000 forme prodotte – ha dichiarato dal palcoscenico della Fazi di Montichiari Renato Zaghini, presidente del Consorzio di tutela del Grana Padano -. Stiamo proponendo anche una stagionatura più lunga, oltre i 24 mesi, per dare ancora più valore aggiunto a un prodotto già oggi riconosciuto di qualità. Nel prossimo Piano produttivo proporremo una maggiore correlazione fra il prezzo del latte e la sua destinazione a Grana Padano e proporremo un’assegnazione preventiva delle quote formaggio ai caseifici”.

SUINICOLURA

Suinicoltura in sofferenza. In base alle elaborazioni dei dati di Teseo.Clal.it, portale che analizza i trend di mercato delle materie prime e della zootecnia, è emerso l’impatto sugli allevamenti dell’incremento dei prezzi delle materie prime, con i costi simulati di allevamento del suino pesante da 30 a 170 chili che sono lievitati da 0,78 €/kg a 1,13 €/kg.

Allo stesso tempo, le pressioni sui mercati europei sono state provocate da un rallentamento delle importazioni di carne suina dalla Cina, dovute a un rafforzamento della mandria nel Paese del Dragone e alla scelta dei consumatori di prodotto “domestico”. Nel 2022 si potrebbe invertire la rotta, in seguito ancora ai fenomeni di peste suina africana, che affliggono gli allevamenti in Cina; un altro elemento critico potrebbe essere legato a quotazioni in ribasso, che indurrebbero gli allevatori a contenere la mandria o a chiudere l’attività. Un insieme di fattori che dovrebbe innescare una ripresa dell’export dall’Unione europea, favorendo così il rimbalzo dei listini in Europa e in Italia.