Nuovo Piano Ue sulla salute, a rischio il consumo di una bottiglia di vino su quattro

Se sull’etichetta del vino ci fossero messaggi allarmistici, come quelli che si trovano sui pacchetti di sigarette, per capirci, quasi un italiano su quattro (il 23%) smetterebbe di bere vino o ne consumerebbe molto meno.

E’ quanto emerge da un sondaggio on line sul sito www.coldiretti.it divulgato in occasione dell’incontro organizzato sul nuovo Piano Ue per la salute che divide l’Europa a tavola a Bruxelles da Coldiretti, Filiera Italia, Eat Europe e Farm Europe con la collaborazione dei gruppi parlamentari europei PPE, S&D e Renew Europe.

“E’ del tutto improprio assimilare l’eccessivo consumo di superalcolici tipico dei Paesi nordici al consumo moderato e consapevole di prodotti di qualità ed a più bassa gradazione come la birra e il vino che in Italia è diventato l’emblema di uno stile di vita “lento”, attento all’equilibrio psico-fisico che aiuta a stare bene con se stessi, da contrapporre all’assunzione sregolata di alcol” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che le nuove politiche rischiano di colpire ingiustamente componenti fondamentali del Made in Italy agroalimentare che è l’unico settore che è cresciuto all’estero nonostante la pandemia raggiungendo il valor record di 46,1 miliardi nel 2020”.

Un pericolo legato al fatto che – sottolinea Coldiretti – la Commissione Ue potrebbe introdurre allarmi per la salute nelle etichette delle bevande alcoliche come per le sigarette nell’ambito dell’attività di prevenzione del nuovo “Piano d’azione per migliorare la salute dei cittadini europei” ed eliminare il vino e la birra dai programmi di promozione dei prodotti agroalimentari. Una scelta che – precisa la Coldiretti – colpirebbe anche le carni rosse e quelle trasformate, che vengono associate ai rischi di tumore, per favorire il passaggio a diete vegetali.

Il testo approvato prevede infatti che la Commissione “proporrà un’indicazione obbligatoria della lista degli ingredienti e delle indicazioni nutrizionali sulle bevande alcoliche entro la fine del 2022 e degli allarmi salutistici entro la fine del 2023” rivedendo anche la “politica di promozione sulle bevande alcoliche”. Inoltre – continua la Coldiretti – la Commissione vuole modificare la politica di promozione dei prodotti agricoli, “con il passaggio a diete più basate su prodotti vegetali, con meno carne rossa e trasformata”.

Il giusto impegno dell’Unione per tutelare la salute dei cittadini secondo la Coldiretti non può tradursi in decisioni semplicistiche che rischiano di criminalizzare ingiustamente singoli prodotti indipendentemente dalle quantità consumate. L’equilibrio nutrizionale – precisa la Coldiretti – va infatti ricercato tra i diversi cibi consumati nella dieta giornaliera e non certo condannando lo specifico prodotto.

Si tratta peraltro di settori già duramente colpiti dall’emergenza Covid che ha costretto alla chiusura di osterie e ristoranti che – continua la Coldiretti – rappresentano un luogo privilegiato di consumo di carne, salumi e vini di qualità.

Gli stessi limiti posti all’attività di promozione di carni e salumi rischiano di colpire prodotti dalla tradizioni secolari con un impatto devastante sull’economia, sull’occupazione, sulla biodiversità e sul territorio dove quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di prodotti tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento e il degrado.

L’Italia – ricorda la Coldiretti – è il Paese più ricco di piccole tipicità tradizionali che hanno bisogno di sostegni per farsi conoscere sul mercato e che senza sostegni alla promozione rischiano invece di essere condannate all’estinzione.

La norcineria italiana – conclude la Coldiretti – è un settore di punta dell’agroalimentare nazionale grazie al lavoro di circa centomila persone tra allevamento, trasformazione, trasporto e distribuzione con un fatturato che vale 20 miliardi ma che è stato fortemente ridimensionato nel 2020 per effetto della chiusura della ristorazione che rappresenta uno sbocco di mercato importante soprattutto per gli affettati di grande qualità. Senza dimenticare il volano economico generato dal vino italiano che vale oltre 11 miliardi di fatturato lo scorso anno e offre opportunità di lavoro nella filiera a 1,3 milioni di persone.