CAGLIARI (ITALPRESS) – A conclusione de Linkontro 2023, il convegno organizzato da NIQ (NielsenIQ), Luca De Nard, Amministratore Delegato di NIQ Italia, ha analizzato lo stato attuale del largo consumo in rapporto alla crescita dell’inflazione che pesa sui bilanci delle famiglie italiane.
L’aumento dei prezzi ha portato ad una maggiore focalizzazione sui volumi di vendita nel Largo Consumo Confezionato (LCC) concentrando l’attenzione sulla recente contrazione degli stessi negli ultimi sei mesi. Tuttavia, De Nard ha ricordato che, guardando a un periodo più ampio, e in particolare dall’anno dell’Expo del 2015 al 2022, l’LCC ha segnato una crescita dei volumi di oltre 9 punti “dimostrando di essere una filiera virtuosa e di esserlo tuttora”.
I dati raccolti a livello internazionale dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, in merito a una analisi relativa al contributo dell’indice dei prezzi a consumo, mostrano come l’impatto generato dall’inflazione del settore sia decisamente minore del percepito. Nello specifico, l’analisi OECD rileva l’indice dei prezzi al consumo di dicembre 2022 all’11,6% e indica come “il traino dell’inflazione siano i costi di mutui e utenze che da sole generano oltre il 50% dell’inflazione”. Mentre “il largo consumo confezionato pesa solo il 21%”, che nell’esame OECD coinvolge anche altre categorie tra cui il tabacco.
Riportando i valori a livello nazionale, partendo dalle rilevazioni ISTAT e incrociandole con i dati NIQ (NielsenIQ) risulta che il differenziale medio mensile per famiglia, dovuto all’inflazione, è di 446 euro, quindi in media le famiglie italiane spendono quasi 500 euro in più rispetto all’anno precedente. Tuttavia approfondendo questo dato, emerge che “il differenziale generato dal largo consumo è di soli 35 euro ovvero meno dell’8%”.
Per l’Amministratore Delegato di NIQ Italia, Luca De Nard, “il percepito del peso degli aumenti nel largo consumo penalizza eccessivamente la nostra filiera che, al contrario, negli anni, ha dimostrato di essere virtuosa, lasciando per sua natura al consumatore la possibilità di effettuare delle scelte. Ciò non accade per altre spese che, oltre ad aver un maggior impatto sulle tasche degli italiani, non permettono rapide sterzate come per il carrello della spesa. L’analisi svolta non intende sminuire il fenomeno inflazionistico nel largo consumo ma ne fotografa in modo più oggettivo l’impatto”.
Foto: agenziafotogramma.it
(ITALPRESS).
L’aumento dei prezzi ha portato ad una maggiore focalizzazione sui volumi di vendita nel Largo Consumo Confezionato (LCC) concentrando l’attenzione sulla recente contrazione degli stessi negli ultimi sei mesi. Tuttavia, De Nard ha ricordato che, guardando a un periodo più ampio, e in particolare dall’anno dell’Expo del 2015 al 2022, l’LCC ha segnato una crescita dei volumi di oltre 9 punti “dimostrando di essere una filiera virtuosa e di esserlo tuttora”.
I dati raccolti a livello internazionale dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, in merito a una analisi relativa al contributo dell’indice dei prezzi a consumo, mostrano come l’impatto generato dall’inflazione del settore sia decisamente minore del percepito. Nello specifico, l’analisi OECD rileva l’indice dei prezzi al consumo di dicembre 2022 all’11,6% e indica come “il traino dell’inflazione siano i costi di mutui e utenze che da sole generano oltre il 50% dell’inflazione”. Mentre “il largo consumo confezionato pesa solo il 21%”, che nell’esame OECD coinvolge anche altre categorie tra cui il tabacco.
Riportando i valori a livello nazionale, partendo dalle rilevazioni ISTAT e incrociandole con i dati NIQ (NielsenIQ) risulta che il differenziale medio mensile per famiglia, dovuto all’inflazione, è di 446 euro, quindi in media le famiglie italiane spendono quasi 500 euro in più rispetto all’anno precedente. Tuttavia approfondendo questo dato, emerge che “il differenziale generato dal largo consumo è di soli 35 euro ovvero meno dell’8%”.
Per l’Amministratore Delegato di NIQ Italia, Luca De Nard, “il percepito del peso degli aumenti nel largo consumo penalizza eccessivamente la nostra filiera che, al contrario, negli anni, ha dimostrato di essere virtuosa, lasciando per sua natura al consumatore la possibilità di effettuare delle scelte. Ciò non accade per altre spese che, oltre ad aver un maggior impatto sulle tasche degli italiani, non permettono rapide sterzate come per il carrello della spesa. L’analisi svolta non intende sminuire il fenomeno inflazionistico nel largo consumo ma ne fotografa in modo più oggettivo l’impatto”.
Foto: agenziafotogramma.it
(ITALPRESS).