MILANO (ITALPRESS) – Dalla Brexit ai Gilet Gialli, dalle elezioni spagnole alla guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, fino alle debacles locali della coalizione di governo in Germania. “Questo è il mondo in cui siamo: dire che l’Italia va male non è sbagliato, ma va male in un mondo che va alla deriva”. Il professore Mario Deaglio ha presentato nell’auditorium di Assolombarda a Milano il 24esimo Rapporto sull’Economia Globale e l’Italia, curato da lui stesso per il Centro Einaudi e Ubi Banca. Un rapporto che dipinge un quadro a tinte fosche per l’economia globale, già a partire dal titolo: ‘Il tempo delle incertezze’. E in un’economia globale in cui, dopo gli anni della grande recessione, dal 2009 al 2019, “la ripresa si è rivelata anemica in tutti i paesi avanzati”, l’Italia è “l’ultima della classe” in termini di crescita economica. Alla fine del 2019, in Italia, si verifica quello che il rapporto definisce “il tilt del Pil”, con il Paese che a dieci anni dalla crisi torna a in prossimità della crescita zero ed è l’ultimo nella lista delle economie sviluppate, ordinate per crescita decennale del Pil”.
Per il nostro Paese, avverte il rapporto, il 2020 sarà da ricostruire partendo quasi da zero e questo “a dieci anni dalla crisi è decisamente un risultato sotto le attese”. Tra fattori economici e non economici, come le crisi delle religioni e delle ideologie o l’emergenza climatica, la nostra economia, secondo Deaglio, soffre di una carenza di investimenti imputabile a minori risorse disponibili, ma anche da una generalizzata crisi di fiducia nel futuro e nella stabilità del Paese. A dimostrazione di ciò, nel rapporto di parla di 54 miliardi di investimenti potenziali che in Italia non vengono realizzati, che i cittadini tengono nel portafogli per impiegarli in futuro. “Su quest’ultimo aspetto – spiega il Rapporto – servirebbe capire quali siano le urgenze e agire di conseguenza: la classe politica dovrebbe impegnarsi nella riqualificazione e accelerazione della spesa pubblica. Gli investimenti programmati e finanziati infatti si realizzano con estrema lentezza”. Per le imprese, invece, il rapporto evidenzia come segno di debolezza la dimensione delle nostre realtà, in larga parte piccola o micro, evidenziando al contempo le diseguaglianze territoriali, ben lontane dall’essere risolte.
A partire dalla crisi del trangolo industriale, con il nord-ovest che, in termini di valore aggiunto creato, non solo viene battuto dal nord-est, ma è anche sotto la media nazionale. Uno scenario a tinte fosche che, tuttavia, non demoralizza soltanto. Le speranze, come sottolinea anche Victor Massiah, amministratore delegato di Ubi Banca, viene dai “rappresentanti dell’economia reale che, nonostante tutto, sono stati ottimisti. E questo credo che rappresenti per l’ennesima volta la testimonianza di quanto in questo Paese queste forze comunque combattono, vanno nei mercati internazionali e portano a casa delle vittorie”. “Il professor Deaglio – ha sottolineato invece Alessandro Spada, vicepresidente vicario di Assolombarda – ci ha dato i giusti stimoli per cercare di invertire dei numeri che portano ad essere un po’ pessimisti. Ma noi, come imprenditori, dobbiamo lavorare per far sì che tutto quello che è possibilità possano diventare un vantaggio per noi imprese”.
(ITALPRESS).
Per il nostro Paese, avverte il rapporto, il 2020 sarà da ricostruire partendo quasi da zero e questo “a dieci anni dalla crisi è decisamente un risultato sotto le attese”. Tra fattori economici e non economici, come le crisi delle religioni e delle ideologie o l’emergenza climatica, la nostra economia, secondo Deaglio, soffre di una carenza di investimenti imputabile a minori risorse disponibili, ma anche da una generalizzata crisi di fiducia nel futuro e nella stabilità del Paese. A dimostrazione di ciò, nel rapporto di parla di 54 miliardi di investimenti potenziali che in Italia non vengono realizzati, che i cittadini tengono nel portafogli per impiegarli in futuro. “Su quest’ultimo aspetto – spiega il Rapporto – servirebbe capire quali siano le urgenze e agire di conseguenza: la classe politica dovrebbe impegnarsi nella riqualificazione e accelerazione della spesa pubblica. Gli investimenti programmati e finanziati infatti si realizzano con estrema lentezza”. Per le imprese, invece, il rapporto evidenzia come segno di debolezza la dimensione delle nostre realtà, in larga parte piccola o micro, evidenziando al contempo le diseguaglianze territoriali, ben lontane dall’essere risolte.
A partire dalla crisi del trangolo industriale, con il nord-ovest che, in termini di valore aggiunto creato, non solo viene battuto dal nord-est, ma è anche sotto la media nazionale. Uno scenario a tinte fosche che, tuttavia, non demoralizza soltanto. Le speranze, come sottolinea anche Victor Massiah, amministratore delegato di Ubi Banca, viene dai “rappresentanti dell’economia reale che, nonostante tutto, sono stati ottimisti. E questo credo che rappresenti per l’ennesima volta la testimonianza di quanto in questo Paese queste forze comunque combattono, vanno nei mercati internazionali e portano a casa delle vittorie”. “Il professor Deaglio – ha sottolineato invece Alessandro Spada, vicepresidente vicario di Assolombarda – ci ha dato i giusti stimoli per cercare di invertire dei numeri che portano ad essere un po’ pessimisti. Ma noi, come imprenditori, dobbiamo lavorare per far sì che tutto quello che è possibilità possano diventare un vantaggio per noi imprese”.
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