MILANO (ITALPRESS) – Sono in molti a pensare che il vero collante del governo Conte 2 non sia la politica ma il gioco degli interessi incrociati. La maggioranza è molto ballerina ma i maligni pensano che difficilmente ci saranno ribaltoni nella prossime settimane. Sta per avere inizio una gigantesca tornata di nomine che fra Consigli d’Amministrazione e collegi sindacali coinvolge almeno 400 poltrone. Difficile pensare in questo momento a un terremoto a Palazzo Chigi.
E’ infatti molto alta la possibilità che l’eventuale crisi di governo chiuderebbe in anticipo la legislatura. Se accadesse si verrebbe a creare una situazione piuttosto indecifrabile: le nomine verrebbero fatte da questo governo o dal governo tecnico destinato a portare il Paese alle elezioni. In un caso o nell’altro la buona creanza istituzionale imporrebbe la conferma in blocco degli attuali vertici. Verrebbe consegnata alla nuova legislatura frutto, presumibilmente, del taglio dei parlamentari, una platea di manager pubblici figli di un’altra era politica. Non bisogna dimenticare, infatti, che quasi tutte le nomine risalgono al governo Renzi. Il rinnovo era stato fatto da Paolo Gentiloni che aveva scelto la via della continuità.
Il problema riguarda soprattutto le grandi aziende quotate in Borsa: Eni, Enel, Leonardo (l’ex Finmeccanica), Poste, Terna. La lista dei candidati deve essere pubblicata almeno 25 giorni prima dell’assemblea. Vuol dire che il ministero del Tesoro dovrà pubblicare le liste nella prima settimana di aprile. Ad aprire le danze sarà Montepaschi che dal 2017 è un’azienda pubblica visto che il 68% del capitale appartiene allo Stato. La banca ha convocato l’assemblea per il 6 aprile. Vuol dire che le candidature per il consiglio d’amministrazione e il collegio sindacale vanno presentate entro il 12 marzo. Secondo le indiscrezioni l’amministratore delegato Marco Morelli, protagonista finora del piano di ristrutturazione concordato con la Ue, potrebbe fare un passo indietro. Si fa il nome di Alessandro Decio, ex Unicredit, poi capo di Sace. A ostacolare la corsa di Morelli è il mancato rispetto della tabella di marcia prevista dal piano industriale. Certo sono intervenuti fatti straordinari come il cambiamento in corsa delle norme tributarie che ha imposto una diversa appostazione in bilancio di alcune partite fiscali. Il bilancio 2019 si è chiuso con un disavanzo di un miliardo e questo imporrà un taglio dei costi per 100 milioni. Significa che verranno fatti altri tagli al personale oltre ai seimila previsti e dovranno essere chiuse altre agenzie.
Ma gli occhi sono puntati soprattutto sull’Eni, per cui da tempo si ipotizza il sacrificio di un manager esperto del settore petrolifero come Claudio Descalzi: in azienda dal 1981, ha guidato a lungo l’Esplorazione & Produzione che per il gruppo è la divisione più importante.
Difficile una scelta interna, mentre secondo Repubblica potrebbero essere “ripescati” Stefano Cao (attuale numero uno di Saipem, che già sfiorò la nomina ad amministratore delegato di Eni) o Marco Alverà (oggi Snam). Dopo 6 anni sembra invece più probabile la sostituzione della presidente Emma Marcegaglia.
Per quanto riguarda Enel, l’amministratore delegato Francesco Starace risulta inamovibile, godendo di consensi trasversali nella maggioranza. Potrebbe invece lasciare un’altra donna, Patrizia Grieco, anche se il Mef intende rispettare pienamente le ultime regole sulle quote rosa al 40%.
A Poste Italiane dovrebbe essere confermato l’amministratore delegato Matteo Del Fante, che gode a sua volta di buona reputazione anche se è stato fatto il nome di Fabrizio Palermo (comunque in Cdp fino al 2021).
Per Leonardo (ex Finmeccanica) sarebbe in arrivo una duplice conferma per l’amministratore delegato Alessandro Profumo, che dopo qualche esitazione ha conquistato la fiducia del mercato, e il presidente Gianni De Gennaro. Per la casella di amministratore delegato è circolato anche il nome di Domenico Arcuri, che tuttavia è appena stato rinnovato a Invitalia.
Verso la riconferma l’amministratore delegato di Terna, Luigi Ferraris, che può vantare buoni risultati. Il triennio di Luigi Ferraris, AD di Terna dal 27 aprile 2017, è caratterizzato dal segno “più” e da primati mai raggiunti in passato. Gli ultimi tre anni in borsa di Terna sono stati caratterizzati da un’accelerazione del ritorno complessivo per l’azionista (performance del titolo in borsa più il dividendo) pari a oltre il 60%. Nello stesso periodo il titolo ha sovraperformato sia il mercato italiano (Ftse Mib: 19%) sia l’indice europeo di riferimento settoriale (DJ Stoxx Utilities: +36%). La capitalizzazione è passata da 9,3 miliardi di aprile 2017 a oltre 13 miliardi di oggi.
Gli investitori, che in questi casi chiedono sempre continuità, riflettono nell’andamento di borsa gli ottimi risultati raggiunti durante la gestione Ferraris: margine operativo lordo +11%; utile netto +13,7%; investimenti +40,5%; totale dividendi distribuiti: 1,35 miliardi, di cui 400 milioni a Cassa Depositi e Prestiti.
(ITALPRESS).
E’ infatti molto alta la possibilità che l’eventuale crisi di governo chiuderebbe in anticipo la legislatura. Se accadesse si verrebbe a creare una situazione piuttosto indecifrabile: le nomine verrebbero fatte da questo governo o dal governo tecnico destinato a portare il Paese alle elezioni. In un caso o nell’altro la buona creanza istituzionale imporrebbe la conferma in blocco degli attuali vertici. Verrebbe consegnata alla nuova legislatura frutto, presumibilmente, del taglio dei parlamentari, una platea di manager pubblici figli di un’altra era politica. Non bisogna dimenticare, infatti, che quasi tutte le nomine risalgono al governo Renzi. Il rinnovo era stato fatto da Paolo Gentiloni che aveva scelto la via della continuità.
Il problema riguarda soprattutto le grandi aziende quotate in Borsa: Eni, Enel, Leonardo (l’ex Finmeccanica), Poste, Terna. La lista dei candidati deve essere pubblicata almeno 25 giorni prima dell’assemblea. Vuol dire che il ministero del Tesoro dovrà pubblicare le liste nella prima settimana di aprile. Ad aprire le danze sarà Montepaschi che dal 2017 è un’azienda pubblica visto che il 68% del capitale appartiene allo Stato. La banca ha convocato l’assemblea per il 6 aprile. Vuol dire che le candidature per il consiglio d’amministrazione e il collegio sindacale vanno presentate entro il 12 marzo. Secondo le indiscrezioni l’amministratore delegato Marco Morelli, protagonista finora del piano di ristrutturazione concordato con la Ue, potrebbe fare un passo indietro. Si fa il nome di Alessandro Decio, ex Unicredit, poi capo di Sace. A ostacolare la corsa di Morelli è il mancato rispetto della tabella di marcia prevista dal piano industriale. Certo sono intervenuti fatti straordinari come il cambiamento in corsa delle norme tributarie che ha imposto una diversa appostazione in bilancio di alcune partite fiscali. Il bilancio 2019 si è chiuso con un disavanzo di un miliardo e questo imporrà un taglio dei costi per 100 milioni. Significa che verranno fatti altri tagli al personale oltre ai seimila previsti e dovranno essere chiuse altre agenzie.
Ma gli occhi sono puntati soprattutto sull’Eni, per cui da tempo si ipotizza il sacrificio di un manager esperto del settore petrolifero come Claudio Descalzi: in azienda dal 1981, ha guidato a lungo l’Esplorazione & Produzione che per il gruppo è la divisione più importante.
Difficile una scelta interna, mentre secondo Repubblica potrebbero essere “ripescati” Stefano Cao (attuale numero uno di Saipem, che già sfiorò la nomina ad amministratore delegato di Eni) o Marco Alverà (oggi Snam). Dopo 6 anni sembra invece più probabile la sostituzione della presidente Emma Marcegaglia.
Per quanto riguarda Enel, l’amministratore delegato Francesco Starace risulta inamovibile, godendo di consensi trasversali nella maggioranza. Potrebbe invece lasciare un’altra donna, Patrizia Grieco, anche se il Mef intende rispettare pienamente le ultime regole sulle quote rosa al 40%.
A Poste Italiane dovrebbe essere confermato l’amministratore delegato Matteo Del Fante, che gode a sua volta di buona reputazione anche se è stato fatto il nome di Fabrizio Palermo (comunque in Cdp fino al 2021).
Per Leonardo (ex Finmeccanica) sarebbe in arrivo una duplice conferma per l’amministratore delegato Alessandro Profumo, che dopo qualche esitazione ha conquistato la fiducia del mercato, e il presidente Gianni De Gennaro. Per la casella di amministratore delegato è circolato anche il nome di Domenico Arcuri, che tuttavia è appena stato rinnovato a Invitalia.
Verso la riconferma l’amministratore delegato di Terna, Luigi Ferraris, che può vantare buoni risultati. Il triennio di Luigi Ferraris, AD di Terna dal 27 aprile 2017, è caratterizzato dal segno “più” e da primati mai raggiunti in passato. Gli ultimi tre anni in borsa di Terna sono stati caratterizzati da un’accelerazione del ritorno complessivo per l’azionista (performance del titolo in borsa più il dividendo) pari a oltre il 60%. Nello stesso periodo il titolo ha sovraperformato sia il mercato italiano (Ftse Mib: 19%) sia l’indice europeo di riferimento settoriale (DJ Stoxx Utilities: +36%). La capitalizzazione è passata da 9,3 miliardi di aprile 2017 a oltre 13 miliardi di oggi.
Gli investitori, che in questi casi chiedono sempre continuità, riflettono nell’andamento di borsa gli ottimi risultati raggiunti durante la gestione Ferraris: margine operativo lordo +11%; utile netto +13,7%; investimenti +40,5%; totale dividendi distribuiti: 1,35 miliardi, di cui 400 milioni a Cassa Depositi e Prestiti.
(ITALPRESS).