Beni Culturali, Csel: pandemia spinge il digitale ma operatori poco preparati

La spinta al digitale provocata dalla pandemia ha investito anche le istituzioni culturali comunali, musei e biblioteche, ma la frammentazione e la scarsa preparazione degli operatori sulle nuove tecnologie frenano gli effetti positivi della partenza accelerata della digital transformation. Emerge da un dossier del Csel, Centro studi enti locali, elaborato per l’Adnkronos, sulla base di dati Istat. 

Tra i molti ruoli rivestiti dai Comuni italiani c’è anche quello di custodi di una vasta parte dell’immenso patrimonio culturale, storico e artistico del Paese. “Le amministrazioni comunali sono proprietarie di più del 40% dei musei, delle gallerie, dei complessi monumentali e dei parchi archeologici del Paese (2.067 su un totale di 4.889, contro i 478 musei statali) e di quasi il 90% delle 5.710 biblioteche pubbliche italiane (dati Istat diffusi nell’aprile 2021 e riferiti al 2019). La grande spinta alla digitalizzazione impressa in generale dal contesto pandemico non ha lasciato esente questo comparto che ha dovuto, giocoforza, adeguarsi a un nuovo inedito scenario in cui la fruizione diretta dei beni era impossibile o ridotta al lumicino”, dice il Csel.  

“Negli anni si è assistito a una crescita esponenziale del numero di musei che un secolo fa si attestava intorno ai 250 per poi raddoppiare negli anni ’50 fino a raggiungere i numeri citati, fotografati dall’ultima rilevazione Istat: 4.889 tra musei, gallerie, complessi monumentali, parchi archeologici, di cui 478 statali, 2067 sono comunali, 222 di altri enti pubblici, 121 delle università, 118 delle regioni, 80 delle province, il resto dei privati. Un Comune italiano su 3 ha almeno una struttura museale presente sul proprio territorio. Mediamente, abbiamo un museo o una galleria ogni 50 chilometri quadrati e ogni 12mila abitanti”, si legge nel dossier. 

“Se questa parcellizzazione ha il grande merito di rendere accessibile l’arte a chiunque, anche a chi vive lontano dai grandi centri, di contro fa sì che queste realtà, spesso piccolissime e con numeri di visitatori molto contenuti, in molti casi non dispongano di un’organizzazione conforme agli standard minimi richiesti per rendere l’esercizio del servizio museale efficiente e adeguato anche alle sfide poste dalla digitalizzazione. Complici anche la costante erosione di personale e risorse finanziarie destinate a queste strutture che hanno caratterizzato gli ultimi decenni, si è prodotto un quadro ‘zoppicante’ che vede quasi la metà dei musei pubblici privi di uno statuto o di un regolamento che ne disciplini il funzionamento e uno scenario ancora profondamente ancorato al mondo ‘analogico'”, scrive il Csel.  

“Basti pensare che l’ultimo rapporto Istat indica che solo un museo su dieci in Italia ha effettuato la catalogazione digitale del patrimonio posseduto. Di questi, un terzo ha completato il processo di digitalizzazione, mentre i restanti due terzi hanno coperto solo metà dei beni e delle collezioni in loro possesso. Anche l’impiego di tecnologie interattive e strumenti digitali per arricchire le esperienze di visite da parte degli utenti, risulta essere molto contenuto posto che solo il 44,7% delle strutture mette a disposizione almeno un dispositivo tra smartphone, tablet, touch screen, supporti alla visita come sale video e/o multimediali, tecnologia QR Code e percorsi di realtà aumentata. Leggermente superiori le percentuali dei musei (o affini) che dispongano di un sito internet dedicato (51,1%) e di account ufficiali sui social (53,4%). Nel 2019, anno a cui questa rilevazione si riferiva, solo un museo su 10 dava la possibilità di visitare virtualmente il proprio istituto”, riporta il Csel.  

“Ci aspettiamo però che la prossima rilevazione, conclusasi lo scorso giugno e i cui esiti non sono ancora stati resi disponibili, metta in evidenza dei decisi balzi in avanti da questo punto di vista perché è indubbio che, per tamponare almeno in parte gli effetti del lockdown e delle altre misure anti-contagio, in molti, anche in ambito comunale, si siano attivati per rendere almeno parte del proprio patrimonio ‘a portata di click’”.  

(Adnkronos)