Il decreto cura Italia, il decreto rilancio e il decreto interministeriale 13 luglio 2020 hanno introdotto, tra le altre misure, alcune indennità di sostegno in favore dei lavoratori, anche autonomi, le cui attività hanno risentito dell’emergenza economica e sociale dovuta alla pandemia da Covid-19. I liberi professionisti titolari di partita iva attiva alla data del 23 febbraio 2020, iscritti alla gestione separata e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, non titolari di un trattamento pensionistico diretto, ad eccezione dell’assegno ordinario di invalidità (art. 27, d.l. 18/2020, art. 84 cc. 1 e 2 d.l. 34/2020), hanno potuto chiedere il riconoscimento di una indennità pari a 600 euro per i mesi di marzo e aprile 2020. Emerge dal Rapporto annuale dell’Inps.
I beneficiari di tali indennità sono stati 318 mila con una spesa totale di circa 486 milioni, che rappresenta circa l’11% dei redditi dichiarati da tali lavoratori nel 2019 (quasi 4,5 miliardi).
Il numero di beneficiari, particolarmente alto nei primi due mesi, si è drasticamente ridotto nel mese di maggio, con circa 110 mila beneficiari, pertanto soltanto il 35% dei soggetti che ne avevano usufruito in marzo e aprile. Tale beneficio, infatti, non soggetto a imposizione fiscale e non riconosciuto ai percettori di reddito di cittadinanza, è stato prorogato dal decreto rilancio, che ne ha modificato l’importo e previsto requisiti più stringenti per la concessione. Per il mese di maggio 2020, per ottenere la nuova indennità di 1.000 euro, i professionisti avevano l’onere di dimostrare di avere una partita iva attiva alla data del 19 maggio 2020 ed aver subito una perdita di reddito almeno del 33% nel secondo bimestre 2020, rispetto al secondo bimestre 201966. L’Agenzia delle Entrate era chiamata a verificare il rispetto di tale requisito.