I workers buyout come opportunità per uscire dalla crisi. Nell’anno in cui il Paese ha sperimentato una pesante recessione, con una caduta consistente del pil, le cooperative costituite dai dipendenti che ne rilevano l’attività rappresentano sempre di più una via per risolvere crisi aziendali, favorire passaggi generazionali, garantire la conservazione del patrimonio delle imprese e del know-how tecnico e produttivo. E i numeri di Cfi-Cooperazione finanza impresa – la finanziaria partecipata e vigilata dal Mise che ha lo scopo di promuovere la nascita e lo sviluppo di imprese cooperative – ne sono la conferma.
Stando agli ultimi rilievi, ben 72 cooperative delle 85 finanziate da Cfi, dal 2012 al giugno di quest’anno, sono ancora attive. I posti di lavoro creati sono stati 2.284, con un investimento di 32 milioni e mezzo. È importante evidenziare che le cooperative attive rappresentano il 90 per cento degli occupati e il 97 per cento degli investimenti.
Le Regioni più coinvolte sono: l’Emilia-Romagna, con 25 interventi, 31% di risorse investite e 612 occupati; l’Umbria, con 9 interventi, 11% di risorse investite e 336 occupati. Otto interventi, invece in Veneto e Sicilia che hanno rispettivamente il 12% di risorse investite e 252 occupati e 7 % di risorse e 217 occupati. Ottimi i risultati conseguiti: i posti di lavoro, nelle cooperative finanziate dal 2012 al 2019, sono aumentati del 22%, mentre il fatturato risulta più che raddoppiato, con un incremento del 102%. Oltre agli impatti positivi sul tessuto produttivo e sociale, gli investimenti sui workers buyout hanno generato, nel periodo 2012-2019 un ritorno economico per lo Stato pari a 7,1 volte il capitale costituito da imposte, oneri sociali, interessi e dividendi versati dalle cooperative.
Durante il 2020 il consiglio di amministrazione ha deliberato 55 nuovi interventi (contro i 31 interventi del 2019) per 13,2 milioni di euro, di cui 2,2 come partecipazione al capitale sociale, 4,9 come prestiti subordinati 1,1 come finanziamenti a medio lungo termine, 1,9 come finanziamenti a tasso agevolato della nuova marcora e, infine, 3,1 milioni di finanziamenti agevolati del fondo della Regione Basilicata per lo sviluppo della cooperazione. Il valore medio degli interventi è aumentato, passando dai 172.000 euro del 2019 ai 240.000 euro del 2020. Al netto dei 14 interventi effettuati con i fondi della Basilicata, le 41 delibere rimanenti hanno riguardato le regioni del Nord per il 57%, le regioni del Sud per il 23% e le regioni del Centro per il 20%. Le tipologie di intervento sono state principalmente il sostegno alle operazioni di Wbo (per il 66%), lo sviluppo di imprese partecipate (per il 31%), e per la parte residua operazioni di consolidamento e sostegno allo start-up di nuove imprese cooperative.
Oltre ai nuovi interventi, la società ha deliberato moratorie, facilitazioni ed agevolazioni alle imprese già partecipate per ulteriori 14,9 milioni di euro. Alla chiusura dell’esercizio gli investimenti complessivi della società a sostegno dello sviluppo delle imprese cooperative partecipate hanno raggiunto il valore di 77,2 milioni di euro, di cui 63 con risorse proprie e 14,2 attraverso l’impiego di Fondi agevolati in gestione (MiSE e Regione Basilicata).
“Con la nuova marcora – ha sottolineato Mauro Frangi, presidente di Cfi – gli strumenti a nostra disposizione sono stati potenziati e ci stanno consentendo di sostenere progetti più complessi e importanti. Si tratta di una buona politica pubblica e noi ci aspettiamo che funzioni ancora meglio nei prossimi anni. Stando ai nostri dati, le imprese che ce l’hanno fatta, sono cresciute in maniera significativa,incrementando l’occupazione generata e il fatturato realizzato. Inoltre, il capitale investito da Cfi in queste imprese (22,6 milioni di euro) ha generato risparmi di costi ed entrate per la collettività di 160 milioni. Una delle ragioni del successo delle coop nasce dalla consapevolezza, dalla convinzione dei lavoratori che affrontano la sfida di trasformarsi in imprenditori di se stessi e rigenerare un’impresa entrata in crisi partendo dal ruolo centrale del lavoro”.