A tre anni dal completamento del percorso di Istruzione e formazione professionale (Iefp) lavora il 69,2% dei diplomati e il 62,2% dei qualificati, con un tasso di coerenza dell’occupazione rispetto al percorso formativo del 76% tra i diplomati e del 72% tra i qualificati. A due anni di distanza dal conseguimento della specializzazione con l’istruzione e formazione tecnica superiore (ifts) la quota di occupati è del 64%. L’80% di coloro che lavorano ha trovato occupazione entro un anno dalla fine del corso. Il tasso di occupazione a un anno dal diploma per gli Istituti tecnici superiori (its) è dell’83%, con una coerenza tra percorso formativo e occupazione del 92%. E’ quanto emerge dal Rapporto realizzato dall’Inapp (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche).
“Appare evidente – osserva Sebastiano Fadda, presidente dell’Inapp – come tali filiere non si trovino a vivere la criticità̀ tipica di altre componenti del sistema educativo nazionale, il cui tradizionale limite è costituito dalla debolezza del legame fra formazione e lavoro Al contrario, questo legame costituisce la principale chiave del successo di queste tipologie di percorsi. Il mondo imprenditoriale guarda infatti con grande attenzione a questi percorsi che costituiscono un bacino di reclutamento delle professionalità̀ tecniche di livello iniziale e intermedio”.
Da un punto di vista lavorativo, dunque, la filiera lunga della formazione tecnico professionale sembra funzionare. Tale sistema, che costituisce un binario parallelo e distinto da quello dell’istruzione, include: i percorsi triennali e quadriennali della iefp per il rilascio di qualifiche e diplomi su figure tecnico-operative, i corsi annuali di specializzazione degli Ifts e quelli biennali o triennali di specializzazione degli Its.
Al successo occupazionale del percorso formativo professionale fa eco una crescente partecipazione. Il sistema iefp ha visto quasi triplicare la partecipazione degli utenti, tra percorsi realizzati nell’ambito dei centri accreditati e percorsi erogati dagli istituti professionali in regime cosiddetto di sussidiarietà. Si è passati infatti dai 107mila allievi nell’anno formativo 2009-10 (nei soli centri accreditati) per arrivare, con l’avvento dei percorsi iefp negli istituti professionali, a 348mila nell’a.f. 2014-15, fino a rimbalzare a 288mila iscritti nel 2018-19.
Altri numeri per i percorsi Ifts e Its che si collocano, per numero di annualità̀, livello di specializzazione e diffusione territoriale, a livelli assai più contenuti: 3.976 allievi/e per i corsi Ifts e 4.606 per i corsi Its terminati nel 2018.
Ma per il presidente Fadda “non è tutto oro ciò che luccica”. “L’efficacia – spiega – nel rispondere alle richieste del mondo del lavoro è data in gran parte dalla capacità delle amministrazioni e dei progettisti di formazione di rilevare i fabbisogni di competenze dei territori, attraverso analisi mirate che permettano la definizione tempestiva dei profili in uscita dalla filiera lunga in sintonia con i rapidi mutamenti del mercato nazionale e locale”.
“Sebbene recentemente rivisto – fa notare – l’aggiornamento del repertorio sconta un pesante ritardo, a causa della complessità̀ nel trovare un minimo comune denominatore che abbia validità̀ nazionale e sia, al contempo, in grado di intercettare i fabbisogni di 21 diverse realtà̀ (Regioni e Province autonome). L’analisi dell’evoluzione dei fabbisogni professionali e formativi, nella quale si cimentano diverse istituzioni che adottano diverse metodologie, ha bisogno di essere perfezionata e resa fruibile da parte degli operatori della formazione e dell’orientamento, oltre che degli stessi soggetti che devono scegliere i propri percorsi formativi”.
“Inoltre – sottolinea Fadda – il sistema di iefp, proprio perché́ in capo alle Regioni, nasce e si sviluppa in maniera non omogenea sul territorio nazionale, secondo le scelte di politica formativa delle diverse amministrazioni. Mentre nel Nord imprenditoriale, dove esiste una forte domanda di operatori e tecnici da parte delle imprese e una presenza consolidata di centri di formazione professionali, le amministrazioni hanno sostenuto robustamente tali percorsi favorendo la crescita della partecipazione, nelle regioni del Centro e del Sud si è preferito promuovere i percorsi iefp realizzati dagli istituti professionali in regime di sussidiarietà integrativa”.
“Questa disomogeneità̀ dell’offerta – avverte – se risponde alle diverse politiche formative adottate dalle amministrazioni, appare assai poco in linea con i dettami costituzionali di pari opportunità̀ formative per i giovani sul territorio nazionale e richiede, comunque, un miglioramento della governance nel senso di una maggiore integrazione tra i diversi soggetti istituzionali operanti in questo campo”.
“Sia a livello nazionale che a livello regionale – suggerisce il presidente dell’Inapp – appare necessario definire procedure più snelle, e soprattutto continuative e non episodiche, di aggiornamento dei repertori delle filiere formative, per non lasciar correre tempo prezioso tra l’evoluzione della domanda delle figure professionali e il rinnovamento dell’offerta formativa”.
“Il lavoro svolto – ricorda – dai diversi attori coinvolti (ministero del Lavoro e delle politiche sociali, Regioni, ministero dell’Istruzione) testimonia comunque una crescente consapevolezza della funzione che la formazione professionale può giocare sia nei percorsi individuali di acquisizione di conoscenze e competenze, che nel supportare la competitività del sistema economico, la partecipazione democratica e la coesione sociale”.