(Adnkronos) – Pmi italiane ancora pronte ad assumere nel 2023, ma trattenere i talenti è l’obiettivo primario. E per il 60% delle aziende il welfare è unm un impegno concreto.
E’ quanto sottolinea InfoJobs, la piattaforma leader in Italia per la ricerca di lavoro online, che come ogni anno ha realizzato la nuova edizione dell’Indagine ‘Trend mercato del lavoro 2023’, che coinvolge le risorse umane delle aziende attive sulla piattaforma, la maggior parte delle quali pmi, per fare un bilancio dell’anno passato e delineare prospettive future e trend del lavoro del nuovo anno.
“Secondo i dati emersi -commenta Filippo Saini, head of job di InfoJobs- le pmi italiane si trovano a fronteggiare un contesto socio-economico ancora molto sfidante, unito a nuove modalità di approccio al lavoro che sono drasticamente cambiate dopo gli anni della pandemia. Le aziende riconoscono quanto, oggigiorno, sia diventato indispensabile avere una maggiore sensibilità verso le esigenze concrete delle persone e per questo attivano leve di welfare aziendale in grado di soddisfare le persone, trattenere e attirare i talenti, garantendo stabilità alle attività e alle strutture aziendali stesse”.
Facendo un rapido bilancio del 2022, l’indagine evidenzia come la maggior parte aziende abbia effettivamente ampliato il proprio organico nel corso dell’anno, infatti: il 52,4% dichiara di aver assunto risorse addirittura in misura maggiore rispetto a quanto pianificato, mentre un 23,6% in misura minore. Dall’altro lato però il 10,5% ha mantenuto stabili i livelli occupazionali dismettendo tutti i contratti atipici (interinali, a chiamata o stagionali), mentre il 5,2% ha ridimensionato l’organico.
Cosa possiamo aspettarci in questo 2023? Le aziende hanno la medesima propensione all’assunzione di nuove risorse? Risposta affermativa: è ancora forte per l’87% del campione, infatti, l’intenzione di assumere nuovi collaboratori, per la maggior parte (46,6%) in numero limitato, oppure solo per sostituire eventuali dimissionari (12,6%), ma c’è anche il 27,8% che prevede un numero elevato di assunzioni, a testimonianza del dinamismo del mercato e dell’imprenditoria italiana.
Di contro, il 9,4% delle aziende non pensa a nuove assunzioni, nemmeno per sostituire i dimissionari e il 3,7% valuta la riduzione del personale attualmente esistente. Dal punto di vista della tipologia di assunzioni, per il 49,7% vigeranno i medesimi criteri e contratti del passato, ma c’è un 40,1% che punta a poche ma qualitativamente selezionate figure. Mentre il 10,2%, in considerazione dell’incertezza e delle difficoltà del settore in cui operano, preferisce assumere con contratti flessibili.
Tra i temi più caldi che gli hr italiani si trovano costantemente ad affrontare vi è la valorizzazione delle risorse interne, la sfida è trattenere i talenti e riqualificarli in caso di necessità. Sebbene resti ampia la fetta di realtà (47,6%) che non prevede azioni specifiche ed un 14,3% che dichiara di dover ridurre l’organico accompagnando le persone con azioni di prepensionamento o percorsi di outplacement, si fa strada la consapevolezza dell’importanza degli investimenti in formazione e sviluppo, con un 38,1% di aziende che dichiara di prevederne proprio in questi ambiti.
Molto significativo, infatti, l’impatto delle dimissioni anche in questo 2022. Il 55% degli HR intervistati da InfoJobs ha notato un incremento nel numero di dimissioni rispetto al passato. Come mai? Il 27,1% sostiene che con la fine della pandemia le persone abbiano rivisto le proprie priorità soprattutto in ambito lavorativo, trovando il coraggio di cambiare in favore di ciò che desideravano davvero per il loro futuro. Il 27,8%, invece, è convinto che la continua ricerca di un posto migliore o di un miglior work-life balance appartenga specialmente ai giovani.
Ma c’è anche un 35,3% che non ha notato mutamenti nel numero di dimissioni rispetto al passato ed una piccola percentuale pari al 9,7% che vede nel momento storico, tra inflazione e aumento del costo della vita, addirittura una riduzione del numero di dimissioni. Proprio il tema dei rincari e delle congiunture socio-politico-economiche spinge oltre la metà delle aziende intervistate a ritenere strategiche, in ottica di retention, azioni a sostegno dei propri dipendenti: per il 27,8% si tratta di benefit come buoni pasto, agevolazioni trasporti/parcheggi etc.; il 16,5% invece sta valutando un bonus/contributo aggiuntivo in busta paga e, ancora, il 15,8% sta pensando a una politica di aumenti o adeguamenti degli stipendi. Se il 13,5% non trova necessaria alcuna azione, il 26,3%, invece, sarebbe intenzionato a supportare i dipendenti ma non gli è possibile per motivi economici.
Ma quali saranno i trend che caratterizzeranno il mercato del lavoro 2023? InfoJobs ha raccolto, grazie al punto di vista degli Hr intervistati, i più importanti. Retention (42,9%): in un mercato competitivo, con risorse limitate, l’azienda deve interrogarsi su come essere ingaggiante per i suoi dipendenti e non lasciarsi sfuggire le risorse migliori è un must. È importante la formazione continua delle risorse, su competenze hard e soft, sia per valorizzarle sia per ricollocarle in maniera coerente con gli obiettivi aziendali. Emerge, inoltre, un nuovo trend: la cultura del feedback e dell’ascolto delle risorse, per far sì che i dipendenti si sentano protagonisti del loro futuro in azienda.
Attraction (24,8%): le aziende, pmi comprese, sanno anche di dover attrarre i talenti, dato il contesto competitivo e la difficoltà a reperire risorse qualificate. Attuare strategie multi-canale di employer branding per attrarre i migliori talenti da inserire in azienda sarà una delle priorità di quest’anno.
Digital4human (12,8%): liberare tempo da attività time-consuming e investire in attività a più alto valore aggiunto permette il recupero della dimensione umana dietro al digitale. La tecnologia è un alleato prezioso, sempre in evoluzione, che se usato correttamente può davvero fare la differenza, anche nei processi di ricerca, selezione e gestione del personale.
Lavoro ibrido (11,3%): una vera e propria sfida sarà far conciliare i benefici del lavoro in presenza e del lavoro da remoto, gestendo team in modalità mista per il raggiungimento degli obiettivi aziendali, grazie anche a nuovi modelli di leadership basati su responsabilizzazione e fiducia. Il tutto evitando burn out e stress da iperconnessione, ma anche disaffezione all’azienda e progressivo isolamento.
Diversity inclusion (8,3%): complice la diffusione del lavoro ibrido, è nata la necessità di creare maggiore senso di appartenenza per superare la lontananza fisica tra persone e azienda. Questo spesso trova il suo riscontro nel tema della diversità e inclusione in senso ampio: persone diverse, luoghi diversi, ritmi di lavoro diversi ma tutti devono sentirsi inclusi e motivati, perché la diversità se ben gestita può essere solo un punto di forza.