(Adnkronos) – “Italia e Germania, insieme, valgono il 6% del Pil globale, circa un terzo del totale dell’Ue. Sono economie complementari e interconnesse: per noi la priorità, ma direi proprio la necessità, è lavorare assieme e fare da traino in Europa. Non vedo realistico lo scenario per il quale i nostri Paesi si separino economicamente, se non a un prezzo altissimo per entrambi”. Così, intervistato da Adnkronos/Labitalia, Jörg Buck, consigliere delegato di Ahk Italien, Camera di Commercio Italo-Germanica, sulla situazione di recessione in Germania e le conseguenze per l’Italia.
Secondo Buck, “la domanda, oggi, è come possiamo sfruttare a nostro favore la ristrutturazione delle catene globali del valore, rendendoci più attrattivi e resilienti. Faccio un esempio: l’interscambio commerciale Germania-Cina ha subito un calo del 15% nel 2023, quello con gli Usa è aumentato. È chiaro che è frutto del contesto geopolitico”, sottolinea.
E quindi, si chiede Buck, “come ci inseriamo noi, come ecosistema italo-tedesco all’interno dell’Ue, nei cambiamenti delle relazioni globali? Possiamo, come partnership economica italo-tedesca, avere un ruolo leader nella re-industrializzazione europea? Come possiamo trarre un vantaggio economico dalla necessaria decarbonizzazione e diventare leader di mercato nelle tecnologie verdi del futuro? Il nostro futuro industriale dipende dalla risposta a queste domande”, sottolinea.
E Buck entra quindi nel merito dei numeri della crisi tedesca e degli effetti sull’economia italiana. “Per la Germania le stime dell’Istituto Ifo parlano di una crescita pari a zero per il 2024, con una ripresa prevista nel 2025, quando si attende un +0,9%. La situazione parte dalla pandemia, e si è aggravata con l’invasione russa; due processi che hanno scatenato trasformazioni che hanno prodotto questa crisi, e vanno poi considerati eventi come le interruzioni produttive legate alle inondazioni in Baviera e nel Baden-Württemberg. Per l’Italia, il legame economico con la Germania è importantissimo, e nel primo semestre dell’anno l’interscambio totale è passato da 86,4 a 81,1 miliardi. Un calo del 7%, dunque significativo”, sottolinea.
Secondo Buck, “differenziando tra export e import, il primo cala del 6,6% (arrivando a 36,8 mld), il secondo dell’8% (43 mld). Quindi è soprattutto l’export tedesco a soffrire, in linea con il fatto che l’attuale calo dell’interscambio è frutto del rallentamento tedesco più che di problemi italiani”. “In alcuni settori gli effetti potrebbero essere più duri del quadro generale, penso specialmente al settore automobilistico: dobbiamo ricordare che il 30% dei componenti delle auto tedesche proviene dall’Italia. Se la Germania rallenta, inevitabilmente anche l’Italia ne risente, dato l’alto grado di interconnessione tra i nostri sistemi produttivi”, aggiunge ancora.
E nel merito del futuro dell’Europa sullo scacchiere globale Buck è chiaro. “Dobbiamo prendere sul serio l’urgenza invocata da Draghi di grandi investimenti per ristabilire la competitività internazionale dell’economia europea. Siamo in una fase di profondi cambiamenti globali e, come Europa, corriamo il rischio di perdere il tocco e quindi la leadership tecnologica in molti settori del futuro. È chiaro che di fronte alle sfide attuali, dal cambiamento climatico alla trasformazione industriale, è necessario un approccio europeo comune. Dobbiamo trovare, ridefinire e implementare rapidamente questa consapevolezza comune, una visione europea che bilanci la sostenibilità economica, sociale e ambientale”, spiega.
Secondo Buck, “per raggiungere questo obiettivo, sarà necessario mobilitare investimenti comuni (soprattutto privati!) per promuovere una politica industriale europea”.
“Il dibattito dovrebbe concentrarsi principalmente sul modo in cui l’Europa può essere ‘re-industrializzata’, vale a dire come possiamo utilizzare i nostri punti di forza industriali in entrambi i nostri Paesi e collegarli con le tecnologie pionieristiche del futuro; questo è l’unico modo per riguadagnare competitività nel mondo”, conclude.