Rinnovare il tessuto economico di Roma, ripartendo dalla qualità, dalle competenze, dalla progettualità e dall’innovazione. E’ il messaggio che è arrivato oggi dall’incontro ‘La bellezza assopita di Roma. Progettualità e managerialità per la città che si risveglia’, organizzato da Manageritalia Lazio, Abruzzo, Molise, Sardegna e Umbria nell’ambito dei lavori della propria assemblea, tenutasi a Roma al Tempio di Adriano.
Capitale che, come si è discusso nel corso dell’evento, dopo la crescita economica dal 1995 al 2007, è passata dal ventesimo al secondo posto nella graduatoria delle province italiane per Pil pro capite. La crisi è intervenuta alla fine del primo decennio del 2000, con una congiuntura negativa che ha cambiato radicalmente il volto economico di Roma, con il valore aggiunto pro capite calato di oltre il 10% e la produttività del lavoro nel decennio 2008-2017 in discesa di circa 5 punti percentuali rispetto alla media italiana. Nel 2017 secondo Manageritalia il reddito imponibile dei romani diminuisce del 7,4% rispetto al 2002, quando nello stesso periodo Milano segna una sostanziale parità e Bologna e Torino una crescita superiore all’1%.
Manageritalia ha ricordato che “il calo della produttività ha interessato tutti i principali comparti. Al contempo, però, gli occupati tra il 2007 e il 2016 sono aumentati di 190.000 unità (+11,8%), mentre le imprese registrate di 65.177 unità (+15,5%).
“Più imprese, più lavoratori, ma paradossalmente meno ricchezza prodotta. La sensazione è che il sistema economico di Roma e provincia abbia sperimentato una crescita imprenditoriale e occupazionale a basso valore, con un impatto negativo sul versante della qualità del lavoro e della sua capacità di produrre reddito. Roma sembra diventare sempre più una città dei “lavoretti” e dell’impresa “per necessità””, sottolinea ancora Manageritalia.
“Un sistema produttivo “polverizzato” dove la dimensione media delle imprese è sempre più piccola. Molte grandi aziende stanno riposizionando e modificando le loro strategie di investimento, penalizzando Roma che in questa fase non gode di una buona immagine come “città d’affari”.
Ma, oltre all’impatto negativo delle grandi imprese che lasciano la città, il danno più rilevante deriva dalle nuove realtà imprenditoriali che non riescono ad “attrarre”. I numeri testimoniano, infatti, una riduzione delle Spa (-13%) e un’esplosione della microimpresa in settori a basso valore aggiunto come commercio ambulante (+30%) e affittacamere (+150%)”, continua l’associazione dei manager.