Pa, Mazzeo (Federico II): “In Italia su digitalizzazione siamo all’anno zero”

“La dematerializzazione è cosa diversa dalla digitalizzazione. Per dematerializzazione si intende, come dice il Cad, la semplice trasformazione di un documento da cartaceo a digitale mediante una scansione o altro. Digitalizzazione, per noi, è inserire il documento informatico in un processo di gestione e che porta poi a depositi su archivi che sono correnti, storici o di deposito. La digitalizzazione, se ben organizzata, ci fa recuperare su tanti aspetti e ci fa ‘guadagnare’. In Italia, siamo all’anno zero. Nel nostro Paese si dematerializza, non si digitalizza”. Così, intervistato da Adnkronos/Labitalia, Antonino Mazzeo, professore emerito di impianti per l’elaborazione delle informazioni dell’università Federico II di Napoli.  

Secondo Mazzeo, oggi, in Italia, “ci sono, infatti, enti che prendono questi documenti, che non sanno dove tenere anche per questioni di costi e di spazio, dematerializzano, spostano il cartaceo in altri posti, e detengono una copia digitalizzata, visualizzabile tramite una semplice indicizzazione e ricerca tramite metadati”. 

La strada della digitalizzazione dei documenti, secondo Mazzeo, avrebbe indubbi vantaggi. “Gli archivi storici, di deposito e correnti diventano di fatto, se digitalizzati bene, tutti in fondo correnti. Da un punto di vista del trattamento informativo, sono tutti eguali nell’archivio corrente, non serve archivio separato se ben indicizzati”, spiega ancora Mazzeo. 

Oggi, invece, con il cartaceo, nelle pubbliche amministrazioni “l’archivio storico e quello di deposito sono spesso considerati archivi di abbandono; spesso il documento che esce dal ciclo corrente viene considerato come un documento che non deve servire, che serve una tantum”, dice.  

Il percorso verso la digitalizzazione della documentazione nella Pa non è però semplice. “Ora noi stiamo cercando di sostituire il documento cartaceo con un documento digitalizzato. Recuperando il patrimonio cartaceo che abbiamo constatato con mano, essendo tenuto in malo modo in depositi non all’altezza, rende il patrimonio dell’informazione, perso, non usabile spesso”.  

Secondo Mazzeo, in conclusione, “è ovvio che c’è da discutere di tutta la catena della conservazione, che ovviamente implica che il primo che genera il documento non può pensare di conservarlo, trattarlo, depositarlo, senza sapere chi è il primo, il secondo, anche l’ultimo della catena, che anche a tempo illimitato dovrà tenere quel documento. E quindi qui abbiamo standard che stiamo studiando in Agid sulla rete dei poli di conservazione, sull’interoperabilità dei conservatori, sui formati standard dei pacchetti di versamento e quant’altro”, conclude.  

 

 

 

(Adnkronos)