Meno carta, più documenti informatici. Più risparmi e meno inquinamento. In una parola: dematerializzazione. Facile a dirsi, un po’ più difficile a farsi, almeno per la pubblica amministrazione italiana che, nonostante abbia scelto da tempo di intraprendere la strada dell’addio al cartaceo, non è ancora riuscita nell’impresa di completare l’informatizzazione dei processi e della conservazione della documentazione. A scapito dell’efficienza dei rapporti tra Pa, cittadini e imprese.
I segnali positivi sulla via della digitalizzazione per il nostro Paese, però, non mancano. Secondo la speciale classifica dell’indice di digitalizzazione dell’economia e della società (Desi) tra i 27 Stati membri dell’Ue, infatti, l’Italia fa registrare un balzo importante passando dal 25° posto del 2020 al 20° posto del 2021. Il nostro Paese, infatti, secondo i dati europei, nel corso del 2020 ha compiuto alcuni progressi in termini sia di copertura che di diffusione delle reti di connettività, con un aumento particolarmente significativo della diffusione dei servizi di connettività che offrono velocità di almeno 1 Gbps.
E le altre note dolenti non mancano. L’Italia, infatti, è significativamente in ritardo rispetto ad altri paesi dell’Ue in termini di capitale umano. Rispetto alla media Ue, registra infatti livelli di competenze digitali di base e avanzate molto bassi.
L’Italia si colloca al 18º posto nell’Ue per quanto riguarda i servizi pubblici digitali. La percentuale di utenti online italiani che utilizzano servizi di amministrazione online (e-government) è aumentata dal 30% nel 2019 al 36% nel 2020, ma è ancora nettamente, infatti, al di sotto della media Ue. E questo nonostante nel 2020 e nel 2021 si sia registrata una forte accelerazione nell’adozione di importanti piattaforme abilitanti per i servizi pubblici digitali da parte delle pubbliche amministrazioni.
Ma quali sono le misure messe in campo dal governo per sostenere lo sprint della Pa verso l’addio al cartaceo? La ‘Strategia Cloud Italia’, il documento di indirizzo strategico per l’implementazione e il controllo del Cloud della Pubblica amministrazione, prevede che entro il 2025 almeno il 75% delle pubbliche amministrazioni dovrà migrare in cloud tutti i suoi dati e i suoi servizi, nel Polo strategico nazionale (Psn) o in servizi cloud qualificati. E tra Polo strategico nazionale e migrazione dell’intera pubblica amministrazione nel cloud, sono a disposizione 1,9 miliardi di euro del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).
Nei piani del governo la trasformazione digitale della Pa, come sostenuto appunto nel Pnrr, segue un approccio ‘cloud first’, orientato alla migrazione dei dati e degli applicativi informatici delle singole amministrazioni verso un ambiente cloud. Con indubbi vantaggi, visto che questo processo consentirà di razionalizzare e consolidare molti dei data center oggi distribuiti sul territorio, a partire da quelli meno efficienti e sicuri. Secondo dati Agid, infatti, il 95% dei circa 11mila data center/centri di elaborazione dati distribuiti utilizzati dagli enti pubblici italiani presenta oggi carenze nei requisiti minimi di sicurezza, affidabilità, capacità elaborativa ed efficienza.
Un totale di 8.142 tonnellate di carta consumata in meno: è il risultato che si otterrebbe, secondo uno studio di Forum Pa, se ciascuno degli oltre 3 mln di lavoratori pubblici rinunciasse a stampare 500 fogli all’anno. Una ‘dematerializzazione’ che, attraverso il pieno passaggio all’uso di documenti informatici a discapito della carta nella pa, potrebbe avere un impatto notevole in termini di sostenibilità.
Già oggi, secondo la ricerca, il 90% dei dipendenti pubblici stampa fronte-retro i fogli; l’87% riutilizza la carta; il 60% ‘ricicla’ buste e scatole di cartone. Allo stesso tempo, però, il 53% dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni stampa i documenti da studiare o leggere e il 15% legge le e-mail cartacee.