“Il XX Rapporto Annuale dell’Inps copre nella sua interezza il 2020, un anno eccezionale sotto molti aspetti, che ci consegna importanti lezioni per il futuro. La memoria di questi mesi di grande difficoltà è da un lato dolorosa ma dall’altro motivo di orgoglio perché permette di ricordare il contributo delle istituzioni e dei singoli che hanno servito con grande responsabilità la nostra Repubblica e i suoi cittadini”. A dirlo il presidente dell’Inps Pasquale Tridico nella Relazione annuale del XX Rapporto Annuale dell’Istituto.
“Lo stesso operato dell’Inps – spiega – il suo impegno per erogare correttamente sostegni a milioni di nuovi utenti nell’emergenza pandemica, insieme ai cambiamenti messi in atto per attivare prestazioni molto diverse, in modo massivo e innovativo, ha generato un profilo in parte nuovo per questo Istituto al servizio del Paese”.
“La capacità di focalizzazione degli interventi richiede un supporto amministrativo tempestivo, oltre che l’interoperabilità delle banche dati. Lo ha dimostrato l’esperienza dei bonus gestiti congiuntamente con l’Agenzia delle Entrate. Il legislatore non è sempre riuscito a supportare questa necessità con norme apposite, così come non ha previsto possibili attività di controllo ex ante sui percettori delle diverse indennità, facendo prevalere l’istanza di rilancio dell’economia”.
“Non appena – auspica – la fase emergenziale, come tutti auspichiamo, andrà a chiudersi, occorrerà che si concentrino le risorse – in futuro più scarse – sui casi di maggior bisogno. Occorrerà altresì riequilibrare non solo i sussidi, ma anche la distribuzione delle tutele, in un contesto dove l’area del lavoro povero e del lavoro precario va pericolosamente allargandosi”.
“Lo shock pandemico, pur avendo colpito simultaneamente tutti i sistemi economici nazionali e tutti i settori, dal punto di vista degli impatti sull’economia reale ha avuto esiti molto differenziati, dato che vari attori hanno beneficiato di diversi gradi di protezione rispetto allo shock stesso”.
“I paesi europei – ricorda – hanno cercato di fornire sostegno alla platea più ampia possibile dei cittadini colpiti dalla perdita di reddito e/o di occupazione. Senza esitazioni hanno deciso e permesso di ampliare in modo straordinario le risorse a debito, in nome di uno scopo comune. E’ stato anche un anno di innovazioni in materia di welfare a livello continentale”.
“Espongo questa mia relazione annuale in un momento in cui il Paese cerca di affrontare con fiducia e ottimismo l’uscita da un periodo drammatico, le cui difficoltà hanno lasciato evidenti tracce sul presente e sulle prospettive dei prossimi anni. Oggi i segnali di ripresa sono incoraggianti, robusti, sta a noi trasformarli in elementi strutturali di crescita e di vero rilancio, in particolare attraverso politiche inclusive e sostenibili”.
“In un sistema di welfare di tipo categoriale qual è quello che ha caratterizzato il nostro paese nel secolo scorso e che per alcuni versi ancora permane nella casistica applicativa, l’impatto della pandemia ha effetti differenziati sui lavoratori, proprio in relazione alle diverse coperture assicurative. Gli strumenti di sostegno al reddito, il reddito di cittadinanza (fortunatamente introdotto prima della fase pandemica, e rafforzato nella sua copertura dall’introduzione temporanea del reddito di emergenza), l’indennità di disoccupazione (naspi) e la cassa integrazione in deroga (introdotta in contemporanea con il decreto di chiusura dei settori produttivi non essenziali) hanno rappresentato una tutela contro il peggioramento delle condizioni di povertà e deprivazione nel periodo della crisi”.
“Ricordiamo l’utilizzo eccezionale degli strumenti di sostegno al reddito per quantità di mezzi e di beneficiari raggiunti. La cassa integrazione guadagni (cig) ha visto aumentare, con i provvedimenti in deroga, i pagamenti di oltre 13 volte, passando da 1,4 miliardi di euro nel 2019 a 18,7 miliardi nel 2020, a seguito dell’aumento di quasi 11 volte il numero dei beneficiari, passati da 620mila nel 2019 a 6 milioni e 700mila lavoratori coperti da cig nel solo 2020, con un valore medio pro capite della prestazione pari a 2.788 euro”.
“Si è trattato – precisa – di un fenomeno che ha riguardato tutti i lavoratori, se si considera che i dipendenti in cassa a zero ore, inizialmente pari alla metà dei beneficiari nel primo lock-down, con il 45% ad aprile 2020, sono calati come incidenza al 9% nel luglio 2020 fino a raggiungere il 7% nel febbraio 2021. Insieme al dato sulla persistenza individuale, da cui sappiamo che metà dei dipendenti è stato in cassa per un massimo di tre mesi, questi dati ci dicono che la recessione appare contemporaneamente come generalizzata e transitoria”.
“Il gruppo di dipendenti – sottolinea – per i quali la sospensione dal lavoro risulta massiccia è infatti identificabile come il gruppo collocato in cig per almeno 10 mesi e con una quota complessiva di cassa superiore al 60% delle ore lavorabili: si tratta di 310.000 dipendenti, per i quali il numero di ore integrate nel periodo osservato ha superato quota 1.000”. “Se ci focalizziamo – fa notare – sulle aziende stabilmente presenti nel periodo pandemico da marzo 2020 a febbraio 2021, pari a 1.267.000 imprese, il 43% (pari a 541.000 imprese ) non ha mai usufruito di cig, il 18% (227.000 imprese) ha fatto ricorso alla cig esclusivamente nella fase più severa del lockdown nella primavera 2020 e il 17% (211.000 imprese) ha avuto qualche trascinamento comunque esauritosi nel corso del 2020. Vi è quindi un residuo 22% (288.000 imprese), che corrisponde al 26.5% dell’occupazione, facente ancora ricorso alla cig e che presumibilmente non è riuscita ancora a risollevarsi dalla crisi pandemica”. “Dalle analisi Inps, in particolare sul sostegno offerto ai lavoratori autonomi e ad alcune categorie di lavoratori dipendenti, emergono alcune evidenze. Si tratta delle indennità di 600 e 1.000 euro, per le quali nel corso del 2020 complessivamente sono stati effettuati 8.8 milioni di pagamenti per un importo complessivo di quasi 6 miliardi di euro, di cui le erogazioni per autonomi e stagionali superano il 70% del totale”.
“Il numero di beneficiari – ricorda – è stato nel 2020 pari a 4,2 milioni, e ciascuno ha ricevuto in media circa 1.400 euro. Prendendo in esame le specificità e i comportamenti di questi soggetti, l’analisi mostra situazioni molto differenziate. Nel caso di lavoratori stagionali, intermittenti e dello spettacolo l’insieme delle indennità e dell’imponibile registrato nel 2020 risulta pressoché equivalente a quello del 2019, dal momento che le indennità arrivano mediamente a coprire più di un terzo dell’imponibile e potevano raggiungere la cifra complessiva di 8.800 euro”.
“Per un gruppo non trascurabile di individui – fa notare – la situazione reddituale del 2020 è decisamente migliore del 2019. Nel caso dei liberi professionisti non ordinistici si mostra come la platea dei beneficiari del sussidio incondizionato, pari a 600 euro a marzo ed aprile 2020 si riduce drasticamente al 35% quando si introduce il controllo sulla caduta del fatturato, pari a 1000 euro a maggio 2020: le determinanti principali di questa caduta sono l’essere stati inattivi nel 2019 e l’aver avuto imponibili elevati sempre nel 2019”. Infine, “nel caso del sussidio ai lavoratori autonomi si analizza il take-up rate a partire dallo stato contributivo, mostrando come una quota non trascurabile di iscritti ‘silenti’ pari, per esempio, al 50% degli iscritti con ultima contribuzione nel 2017, abbia comunque provveduto a richiedere la corresponsione dei bonus non condizionati”.
“Per far fronte alle esigenze della popolazione italiana in un contesto di emergenza economica e sociale di portata straordinaria, l’Inps ha adottato interventi organizzativi e di sviluppo dei processi digitali che hanno determinato nel 2020 un incremento della produttività o produzione lorda totale (l’output reso omogeneo sulla base di tempi standard di lavorazione) pari a +12,5% sul 2019, con picchi di +108,0% per la produzione riferita agli ammortizzatori sociali”.
“Sul piano contabile – spiega – la maggior parte della spesa per prestazioni Covid-19 dell’Inps è stata finanziata con stanziamenti a carico della fiscalità generale, una parte importante è rimasta tuttavia a carico del bilancio dell’Istituto. In particolare, la gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti, il fondo di integrazione salariale e gli altri fondi di solidarietà di settore hanno finanziato interventi di integrazione salariale per una spesa complessiva pari, nel 2020, a 7,3 miliardi di euro”.
“L’erogazione degli ammortizzatori sociali in primis, la cassa integrazione con causale Covid-19 e le erogazioni a carico dei fondi bilaterali per i settori esclusi dall’applicazione dell’assegno ordinario è stata gestita nella quasi totalità dall’Istituto. Da un punto di vista applicativo tuttavia – precisa – la frammentarietà delle misure previste per gestire l’emergenza sociale ha complicato la gestione amministrativa delle prestazioni esistenti, adattate a loro volta all’emergenza e a picchi straordinari di domande. Pur dando priorità alla corretta applicazione delle norme e alla continuità dei servizi per flussi straordinari di importi e di prestazioni, l’Istituto ha parallelamente instradato importanti interventi di semplificazione delle procedure di accesso agli ammortizzatori sociali”.
“E’ stata innanzitutto attivata – ricorda – una nuova procedura attraverso Uniemens, che rende più agile e tempestivo l’inserimento dei dati del lavoratore cui spetta la cig da parte degli intermediari; inoltre sono stati potenziati degli applicativi per consentire al lavoratore di seguire i passaggi della sua domanda di cig. Il passo più importante viene ora con lo sviluppo di una nuova piattaforma per l’accesso unico alla cig che consente una nuova domanda unificata di cassa integrazione per tutte le tipologie: cigo, cig in deroga, i 13 differenti fondi bilaterali”.
“Il nuovo portale – spiega – è altamente automatizzato ed è in grado di controllare immediatamente la correttezza della domanda restituendo all’azienda un immediato riscontro sulla sua accoglibilità. Questo è avvenuto adottando approcci innovativi alla progettazione e sviluppo software. Tutto questo porterà ad un abbattimento dei tempi di risposta della domanda, un’esperienza di uso molto più snella, ridotti costi di gestione e, contemporaneamente, una piattaforma tecnologica che può integrare rapidamente migliorie ed eventuali cambi futuri alle procedure di cassa integrazione”.
“In questo modo – assicura Tridico – l’Istituto intende ridefinire gli standard del servizio alle imprese, semplificando e automatizzando i sistemi per dare maggiori certezze agli operatori economici in ordine alla possibilità di accedere alle procedure di sostegno alle crisi aziendali e garantire che i lavoratori percepiscano in tempi brevi il pagamento delle prestazioni di cassa. L’innovazione tecnologica sul processo deve però essere accompagnata da una semplificazione amministrativa della cig”.
“Si potrebbe ottenere – precisa – con la costituzione di un unico Fondo di integrazione salariale con regole e procedimenti quanto più possibile simili per tutti gli strumenti. In alternativa, sarebbe possibile rivedere le disposizioni di funzionamento dei vari Fondi di solidarietà esistenti”.
“Sarebbe opportuno – propone – avere procedure ordinarie e procedure speciali di tutela emergenziale, queste ultime da attivare al verificarsi di situazioni eccezionali e improvvise che impattano sul tessuto economico e sociale del Paese. Una soluzione di questo tipo ben si sposerebbe con la necessità di salvaguardare l’eterogeneità degli strumenti di integrazione salariale a cui possono accedere tipologie di imprese diverse tra loro. L’erogazione di essi, in una fase non emergenziale, è utilmente sottoposta a procedure amministrative articolate, necessarie ad attuare controlli specifici”.
“Il ruolo dell’Inps durante la fase emergenziale è stato fondamentale per l’attuazione dei provvedimenti emanati dal legislatore per attenuare gli effetti economici e sociali della pandemia”.
“Gli interventi messi in atto dall’Istituto – ricorda – per emergenza Covid hanno raggiunto oltre 15 milioni di beneficiari pari a circa 20 milioni di individui, per una spesa complessiva pari a 44,5 miliardi di euro”.
“In particolare – segnala – ad oggi tramite l’Istituto hanno ricevuto misure per emergenza Covid: 4 milioni e 300mila lavoratori autonomi, professionisti, stagionali, agricoli, lavoratori del turismo e dello spettacolo; 6 milioni e 700mila lavoratori dipendenti beneficiari delle integrazioni salariali, che hanno ricevuto in totale oltre 32,7 milioni di pagamenti di indennità, per una spesa complessiva di 23,8 miliardi di euro; 210mila disoccupati che hanno fruito del prolungamento del trattamento di disoccupazione (naspi)”.
“A 515mila nuclei familiari – continua – ai quali è stata assicurata l’estensione dei congedi dal lavoro per favorire la conciliazione dell’attività lavorativa con le esigenze familiari e di cura; 850mila nuclei familiari che hanno fruito del bonus baby-sitting; 722mila famiglie con gravi difficoltà economiche alle quali è stato erogato il reddito emergenziale (rem); 216mila bonus per lavoratori domestici; 1 milione e 800mila nuclei familiari (circa 3,7 milioni di individui) che hanno beneficiato del reddito di cittadinanza o della pensione di cittadinanza, che, nel corso della pandemia, ha costituito un potente strumento di sostegno del reddito nei confronti delle fasce più bisognose della popolazione e, al contempo, ha contribuito a ridurre il rischio di tensioni sociali”.