(Adnkronos) – “Il governo mi sembra che non si renda conto che siamo nel bel mezzo di una guerra economica per la quale servono norme emergenziali. Non è più il momento di discutere, serve agire subito a esempio con il prezzo amministrato dell’energia come hanno fatti altri Paesi”. E’ la richiesta che arriva dal presidente di Confimi industria, l’indutriale Paolo Agnelli, intervistato da Adnkronos/Labitalia, dopo gli shock sui costi energetici amplificati con la guerra in Ucraina.
“Non ci si rende conto -insiste Agnelli- che il prezzo del gas è decuplicato. E aziende energivore come la nostra, e cioè una fonderia che produce alluminio, non può che scaricare l’aumento dei costi sul prodotto finale. Se ai clienti andrà bene allora riusciremo ad avanti. Se invece si rivolgeranno ad aziende francesi e spagnoli che con il prezzo amministrato hanno un aumento solo del 4% allora perderemo le commesse. Sono tante le aziende fortemente energivore che sono in queste condizioni”, sottolinea ancora l’industriale.
E senza azioni decise del governo la situazione non può che peggiorare, avverte Agnelli. “Le aziende che decidono di sospendere la produzione per i costi troppo elevati dell’energia nella speranza di riaprire dopo sono sempre di più. Come anche quelle chiudono dei reparti. E se non si farà niente la situazione non potrà che peggiorare”, insiste.
Serve intervenire ora sul gas, insiste Agnelli, e la soluzione per l’industrale è a portata di mano. “E’ necessario aumentare subito l’estrazione di gas in Adriatico fino a 20 miliardi di metri cubi. Non ho capito perchè lo lasciamo alla Croazia che ‘pippa’ tranquillamente dalla stessa sacca mentre noi restiamo legati a Putin”, ribadisce.
Per l’ndustriale serve un intervento in prima persona del premier. “Mi aspetto che Draghi faccia qualcosa, che batta un colpo, altrimenti il rischio concreto è di perdere una buona fetta della manifattura italiana, quelle imprese fortemente energivore e che adesso sono in crisi rispetto a quelle di altri Paesi dove l problema dell’energia è stato affrontato e risolto mentre invece da noi no”, contesta l’industriale.
Per Agnelli comunque è positivo mettere, come sta pensando il Mise, “i dazi all’export materie prime made in Italy è una mossa importante e intelligente. Riguarderà in particolare in particolare minerali e rottami e di metallo e di alluminio che nell’economia circolare vengono considerati materie prime. Ed è importante che in questo momento non vadano all’estero ma vengano usati dalla nostra industria che è così in sofferenza”.
Ma come sta impattando la guerra in Ucraina, oltre che sui costi dell’energia, anche sull’export? Secondo Confimi industria da un’indagine condotta tra gli associati è emerso che le aziende che intrattengono rapporti commerciali con Russia e Ucraina (e spesso seppur in misura minore con la Bielorussia) sono circa il 40% dei rispondenti. Di questi il 30% non sa ancora valutare l’impatto della guerra o ritiene sarà limitato. Per il restante 70% invece si profilano perdite abbastanza variegate, ma volendo attestarsi sulla media aritmetica si parla di una perdita media del 15% del fatturato.
“La voce più importante -spiegano da Confimi Industria- arriva dagli industriali del Veneto, il cui tessuto produttivo è fatto anche e soprattutto di aziende subfornitrici, c’è quindi una quota importante di fatturato che riguarda commesse destinate alla Russia, ma non viene conteggiato nel novero delle esportazioni semplicemente perché l’impresa formalmente vende a un’altra azienda italiana”.
E sull’emergenza rifugiati che presto potrebbero arrivare in massa anche nel nostro Paese Confimi Industria ha una posizione chiara. “Di fronte alla prospettiva dell’arrivo di migliaia di rifugiati dall’Ucraina, la macchina dell’accoglienza si è già messa in moto a tutti i livelli, ma oltre alla necessità di garantire loro vitto, alloggio e cure mediche c’è anche il tema di offrire un’opportunità di lavoro. Su questo fronte alcune organizzazioni territoriali di Confimi hanno già lanciato un appello alle forze politiche regionali, chiedendo la possibilità di offrire un lavoro ai rifugiati che lo vorranno, utilizzando lo strumento dei voucher”.
“Questo consentirebbe di semplificare al massimo le pratiche per l’assunzione e di gestire in modo flessibile il rapporto di lavoro, considerando che nessuno può sapere quando potranno rientrare in Ucraina. Alcune aziende associate ci hanno già manifestato la loro disponibilità in questo senso, ma abbiamo bisogno di procedure semplici e chiare”, rimarcano da Confimi industria.
“Crediamo che un lavoro per molti possa essere non solo un’opportunità di guadagno, ma anche di ritrovare in una certa misura una sensazione di normalità dopo il trauma della guerra e della fuga dal loro Paese”, concludono da Confimi industria.