Università, Cida: sì a numero chiuso Medicina, serve riforma che garantisca qualità formazione

(Adnkronos) – “Cida, insieme alle sue Federazioni Fp-Cida (funzione pubblica) e Cimo-Fesmed (medici del Ssn), fa un augurio a tutti gli studenti che domani parteciperanno al test di ingresso alla Facoltà di Medicina”. Lo dichiara Stefano Cuzzilla, presidente Cida, che prosegue: “Abbiamo apprezzato l’aumento delle borse di studio per le scuole di specializzazione e la medicina generale, ma ora ci auguriamo che il nuovo Governo delinei al più presto una riforma innovativa dei test di ingresso capace di garantire anche qualità nella formazione. L’istruzione è uno dei principali pilastri su cui basare la crescita economica e sociale e lo sviluppo civile e culturale di ogni sistema paese, quindi non possiamo permetterci di porla in secondo piano”. 

Sul numero chiuso, Guido Quici vicepresidente Cida e presidente della Federazione Cimo-Fesmed, commenta: “Il problema della carenza di personale sanitario non è causato dal numero chiuso, ma dal numero insufficiente di contratti per le scuole di specializzazione in medicina e delle borse di studio per i corsi di formazione in medicina generale. Un problema affrontato dal ministro Speranza negli ultimi due anni con l’aumento significativo delle borse, che consentirà progressivamente di risolvere la carenza di medici. L’abolizione della selezione all’ingresso delle Facoltà di Medicina e Chirurgia è quindi una proposta miope. Il prossimo Governo dovrà assicurare un numero di posti adeguato al reale fabbisogno, abolire il tetto di spesa sul personale che impedisce le assunzioni e migliorare le condizioni di lavoro per bloccare la fuga dei medici dal Servizio sanitario nazionale”. 

“Esiste un problema – sottolinea Giorgio Rembado, presidente di Fp-Cida – e deve essere affrontato. Ci auguriamo che il prossimo Governo si impegni ad aumentare i posti a disposizione della facoltà di medicina in correlazione alle esigenze delle nostre strutture sanitarie da adeguare alle necessità dei nostri territori. Dobbiamo quindi affrontare il problema sia dal punto di vista dell’organizzazione del lavoro sia dal punto di vista del riconoscimento professionale. Serve inoltre una risposta concreta ai nostri studenti che, uscendo dalla scuola superiore, decidono di intraprendere il percorso professionale nell’ambito della medicina: un percorso rimasto impervio, ma non sempre adeguato ai reali bisogni dei cittadini”. 

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