(Adnkronos) – C’è ancora tanto da fare per combattere lo stigma e la scarsa conoscenza sull’Hiv. E l’Italia, nell’ambito del più importante torneo internazionale di rugby in corso, il Sei nazioni, presenta a riguardo un’immagine in chiaroscuro. A segnalarlo è il rapporto ‘Sex of Our Nations’, che rivela atteggiamenti e livelli di comprensione e stigma differenti nei diversi Paesi che prendono parte alla competizione. Si tratta di un nuovo sondaggio della campagna ‘Tackle Hiv’ guidata dalla star del rugby gallese Gareth Thomas, in collaborazione con la Terrence Higgins Trust e ViiV Healthcare, che sostiene l’iniziativa. Dal sondaggio emergono differenze di atteggiamento nei confronti della sessualità, della salute sessuale e dell’infezione da Hiv nelle 6 nazioni che partecipano al torneo: Inghilterra, Scozia, Irlanda, Galles, Francia e Italia.
L’indagine, condotta su oltre 6mila adulti nelle 6 nazioni – si legge in una nota ViiV Healthcare – ha mostrato che solo il 66% e il 63% delle persone intervistate ha dichiarato di accettare, rispettivamente, l’omosessualità e la bisessualità. Uno su 10 ha affermato di non accettarlo affatto. In Francia, una persona su 5 (20%) ha confermato di non accettarlo. Inoltre, l’84% delle persone cui è stato chiesto ha affermato che la salute sessuale è una priorità alta o molto alta (in Italia la percentuale è stata del 94%, la più elevata). Tuttavia, i risultati mostrano che solo il 53% delle persone prenderebbero in considerazione l’idea di sottoporsi a un test per un’infezione a trasmissione sessuale (Ist) e il 45% per l’Hiv. Non è tutto: solo il 26% e il 22% hanno riferito di aver eseguito, rispettivamente, un test Ist o Hiv in precedenza; il 28% ha dichiarato che non prenderebbe in considerazione un test Hiv in quanto non ritiene di essere a rischio. Quest’ultimo dato è variabile nei vari Paesi: si va dal 24% in Italia al 33% in Scozia e Galles.
“Sono così frustrato dal fatto che questi atteggiamenti esistano ancora – afferma Gareth Thomas – Il sesso è ancor oggi visto come un argomento tabù di cui alle persone non piace parlare. Ciò alimenta lo stigma sulla sessualità e sulla salute sessuale, comprese le malattie sessualmente trasmissibili e l’Hiv, il che è molto dannoso. Dobbiamo migliorare l’accettazione e la comprensione della sessualità e dell’Hiv da parte delle persone per rimuovere lo stigma che impedisce di effettuare i test. L’unico modo per conoscere il proprio stato Hiv è sottoporsi al test e abbiamo bisogno di ‘normalizzare’ questo esame, in modo che non sia considerato diverso dai normali altri screening. Gli atteggiamenti si possono cambiare e sono determinato a fare tutto il possibile perché ciò accada”.
L’indagine – prosegue la nota – ha anche rivelato una mancanza di comprensione su chi può essere a rischio di contrarre l’infezione da Hiv. Il 50% e il 52% delle persone intervistate hanno riferito di non ritenere che uomini e donne eterosessuali siano rispettivamente a rischio di contrarre l’Hiv. In realtà, nel 2020 la metà di tutte le nuove diagnosi di Hiv in Inghilterra riguardava persone eterosessuali (49%), rispetto al 45% negli uomini gay e bisessuali. In Francia il 69% delle persone intervistate non pensava che uomini o donne eterosessuali fossero a rischio di Hiv, rispetto al 41% e al 44% in Scozia.
“Purtroppo non sono sorpresa dai risultati del sondaggio – commenta Nneka Nwokolo, Honorary consultant physician in sexual health e Hiv Medicine e senior global medical director di ViiV Healthcare – Sebbene alcune popolazioni ne siano particolarmente colpite, chiunque può contrarre l’Hiv indipendentemente dal genere, dalla sessualità, dall’età o da qualsiasi altro fattore. Eppure le persone sembrano non capirlo. Stiamo assistendo a un aumento delle diagnosi tardive, spesso in persone che non pensano di essere a rischio, quindi non hanno eseguito il test. La diagnosi precoce dell’Hiv significa un trattamento precoce e le persone con l’Hiv trattate efficacemente non solo hanno la stessa aspettativa di vita di chiunque altro, ma possono vivere una vita normale e sana”.
Lo stigma – emerge dal sondaggio – può influenzare molti aspetti della vita di una persona, incluso l’accesso a test, cure e servizi, salute mentale e relazioni. Il 58% degli intervistati riferisce che se al proprio partner fosse stato diagnosticato l’Hiv, avrebbero (18%) posto fine alla relazione o avrebbero considerato questa possibilità (40%). L’83% di questi ha affermato che la motivazione era la preoccupazione di contrarre l’Hiv. In realtà, chi vive con l’Hiv ed è in terapia antiretrovirale efficace non può trasmettere l’infezione al proprio partner sessuale, ma solo il 22% delle persone intervistate lo sapeva. La conoscenza di questo concetto è risultata più alta in Irlanda (28%) e più bassa in Italia (18%).
A questo proposito Antonella D’Arminio Monforte, presidente della Fondazione Icona, non ha dubbi: “Molte persone nella popolazione generale non conoscono ancora il concetto di U = U (Undetectable = Untrasmittable), che sintetizza proprio che chi, tra le persone con Hiv, assume una terapia antiretrovirale efficace, non trasmette più l’infezione. Le conseguenze della diffusione di questo concetto sono enormi sia per la riduzione dello stigma, incidendo sul percepito sociale dell’Hiv, sia dell’auto-stigma, contribuendo alla facilitazione della cosiddetta disclosure delle persone con la malattia, riducendo così anche l’isolamento sociale”.
Per Daniele Calzavara, attivista del Milano Check Point, una realtà associativa operante nell’area metropolitana milanese nel’ambito dei servizi di prevenzione community-based, “non dobbiamo dimenticare che i linguaggi, le esperienze e le reazioni sulle tematiche di inclusione – siano esse riferite alla sessualità, all’infezione da Hiv o all’orientamento sessuale – sono molto differenti nelle diverse fasce di età e sul territorio. Mi auguro che iniziative di sensibilizzazione come questa possano innescare un tam-tam informativo virtuoso e costante su tematiche di dignità e maturità sociale, abbattendo così stigma e discriminazione”.
I risultati di questa indagine “mostrano chiaramente – conclude Maurizio Amato, General Manager di ViiV italia e Olanda – come lo stigma sociale e la discriminazione che le persone con Hiv si trovano ad affrontare siano ancora oggi molto presenti. E’ importante cogliere ogni occasione per riflettere su quanto lo stigma sia da debellare”.