(Adnkronos) – L’Agenzia italiana del farmaco ha approvato la rimborsabilità dell’estensione di indicazione di dapagliflozin, in monosomministrazione giornaliera orale, per il trattamento dello scompenso cardiaco cronico sintomatico indipendentemente dalla frazione di eiezione. Ad oggi si tratta del primo e unico inibitore selettivo del co-trasportatore renale di sodio e glucosio (Sglt2i) a essere rimborsato in Italia anche per il trattamento del diabete mellito di tipo 2 e della malattia renale cronica. Lo ha reso noto AstraZeneca, questa mattina a Milano durante un incontro con la stampa. Lo scompenso cardiaco o insufficienza cardiaca – ricorda una nota – interessa 64 milioni di persone nel mondo, di cui più di un milione di italiani.
Peggiorando nel tempo, causa una ridotta ossigenazione di organi e tessuti, compromettendo la qualità di vita. Nel nostro Paese è la prima causa di ospedalizzazione dopo il parto e si caratterizza per un elevato bisogno clinico insoddisfatto. La malattia è associata a comorbidità elevate e a un tasso di mortalità fino al 20% e al 50% rispettivamente a un anno e a 5 anni dalla diagnosi.
“Lo scompenso cardiaco – spiega Michele Senni, direttore della Cardiologia 1 e del Dipartimento Cardiovascolare dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo e professore di Cardiologia all’università Bicocca di Milano – viene classificato in diverse categorie in base alla frazione di eiezione, che è un indice di capacità contrattile del ventricolo sinistro, e circa la metà dei pazienti con scompenso cardiaco presenta una frazione di eiezione lievemente ridotta o preservata”. L’approvazione di Aifa si basa sui risultati degli studi di fase 3 Dapa-Hf e Deliver e di un’analisi aggregata pre-specificata di entrambi gli studi clinici registrativi (Pooled Analysis). Quest’ultima ha mostrato come dapagliflozin sia il primo farmaco per lo scompenso cardiaco a dimostrare un beneficio significativo in termini di riduzione di mortalità in tutto lo spettro della frazione di eiezione: rispetto al placebo, ha ridotto del 10% il rischio di mortalità da tutte le cause, del 14% quello di mortalità cardiovascolare e del 29% il rischio di ospedalizzazione per scompenso cardiaco. In particolare, nei due trial di fase 3 i benefici in termini di efficacia sulla riduzione della mortalità cardiovascolare e del peggioramento dello scompenso cardiaco sono stati già visibili a 13 e 28 giorni dall’inizio della terapia, rispettivamente per i pazienti con frazione di eiezione lievemente ridotta o preservata e per i pazienti con frazione di eiezione ridotta.
“Questa estensione di indicazione di dapagliflozin – sottolinea Senni – ha ampliato la finestra di pazienti che possono beneficiare di questo trattamento. I risultati degli studi, così consistenti nel dimostrare con chiarezza l’efficacia di dapagliflozin, e il suo rimborso diventano rilevanti perché rafforzano l’importanza di applicare nella pratica clinica le raccomandazioni delle più recenti linee guida internazionali, supportando un più ampio e, va sottolineato, precoce, utilizzo degli inibitori di Sglt2 nella pratica clinica”.
“E’ certamente un’ottima notizia per noi pazienti che quotidianamente affrontiamo le sfide anche relative alla gestione e alla complessità della cura – commenta Rossana Bordoni, presidente di Aisc (Associazione italiana scompensati cardiaci) – Siamo riconoscenti alla ricerca scientifica e a tutti coloro i quali si impegnano per raggiungere risultati importanti per la cura di noi pazienti. Oggi più che mai è necessario parlare di questa patologia fortemente impattante per le persone che ne sono affette, per generare maggiore conoscenza e consapevolezza e iniziare così un circolo virtuoso che ponga l’accento su prevenzione, diagnosi precoce e quindi migliore risposta ai trattamenti. Data la complessità della patologia, è essenziale che il modello di cura sia interdisciplinare e integrato. Il paziente scompensato, infatti, è spesso una persona con comorbidità e per questa ragione ha necessità di attenzioni particolari da parte dei clinici e di una corretta gestione e presa in carico della patologia”.
L’approvazione di dapagliflozin per il trattamento dello scompenso cardiaco cronico sintomatico – si evidenzia nella nota – conferma l’efficacia trasversale della molecola, inizialmente indicata per il trattamento del diabete mellito di tipo 2, anche in termini di prevenzione cardiovascolare e renale. Sono patologie fortemente impattanti sulla qualità di vita dei pazienti e interconnesse tra di loro: si stima che, a livello globale, una persona su 3 con malattie renali, cardiovascolari o metaboliche conviva oggi con una o più di queste patologie.
“Come diabetologi – rimarca Riccardo Candido, presidente Amd, Associazione italiana medici diabetologi – siamo stati i primi a beneficiare di dapagliflozin, farmaco approvato già nel 2012 per il trattamento del diabete mellito di tipo 2, con una grande efficacia. Successivamente, la pubblicazione dei risultati dello studio Declare ha mostrato, per la prima volta in una popolazione per la maggior parte in prevenzione primaria, una diminuzione del 27% del rischio di ospedalizzazioni per scompenso cardiaco e del 47% del rischio di perdita della funzionalità renale rispetto al placebo. Considerato che in Italia l’utilizzo degli Sglt2i per il trattamento dei pazienti affetti da diabete si attesta al 29%, ci immaginiamo come, alla luce di tutte le nuove evidenze e indicazioni, questa rimborsabilità potrà impattare sulla comunità diabetologica e possa rappresentare la terapia di base nella gestione delle persone con diabete per prevenire l’insorgenza di complicanze”.
“Anche per la nefrologia, ambito in cui da oltre 20 anni non erano disponibili terapie specifiche per la malattia renale cronica – precisa Loreto Gesualdo, ordinario di Nefrologia presso l’università Aldo Moro di Bari e presidente Fism (Federazione italiana società medico-scientifiche) – l’approvazione e l’utilizzo di dapagliflozin hanno rappresentato una svolta epocale. La malattia renale cronica è difatti associata a un alto tasso di mortalità, superiore anche a quella di patologie più conosciute come i linfomi o il cancro alla mammella”.
“Sulla medicina interna dapagliflozin ha un grande impatto – osserva Claudio Borghi, docente di Medicina interna all’università di Bologna, direttore dell’Unità operativa di Medicina interna dell’azienda ospedaliero-universitaria Policlinico Sant’Orsola Malpighi di Bologna – I risultati dimostrati dal farmaco sono infatti rivoluzionari per tutte le patologie per cui è indicato, permettendo un aumento della sopravvivenza e un notevole miglioramento della qualità di vita. Quotidianamente vediamo pazienti che possono presentare le 3 patologie singolarmente, ma molto spesso anche contemporaneamente, pertanto avere a disposizione un singolo farmaco come dapagliflozin efficace e sicuro in questi contesti clinici permette realmente di poter impattare sulla qualità di vita dei pazienti e migliorare la gestione di queste patologie”.
“L’approvazione dell’estensione dell’indicazione di dapagliflozin rappresenta un’opportunità unica per le persone” affette da scompenso, “patologia caratterizzata da un elevato bisogno clinico non ancora soddisfatto e fortemente impattante sulla vita dei pazienti – dichiara Raffaela Fede, direttore medico AstraZeneca Italia – Siamo pertanto orgogliosi di poter mettere a disposizione della comunità scientifica e quindi dei pazienti il primo farmaco a dimostrare efficacia in termini di riduzione di mortalità e ospedalizzazioni per scompenso cardiaco senza limiti di frazione di eiezione. Questa rimborsabilità conferma il valore e i benefici trasversali di dapagliflozin, posizionandolo come il primo Sglt2i a essere rimborsato in Italia anche per il trattamento del diabete mellito di tipo 2 e della malattia renale cronica, dunque un unico farmaco che prolunga la sopravvivenza dei soggetti affetti da patologie cardiovascolari renali e metaboliche”.