L’acronimo REmoTe racchiude più significati: R sta per rarità, EMO per emofilia, TE per telemedicina; con “remote” si può intendere anche “da remoto”, un’espressione che, soprattutto durante la pandemia, ha assunto il significato “da casa”. Ed è proprio questo il senso di REmoTe, il progetto di telemedicina nell’ambito delle malattie emorragiche congenite (mec) e in particolare dell’emofilia, sviluppato da CSL Behring e Altems- Alta scuola di economia e management dei sistemi sanitari, in collaborazione con alcuni centri di eccellenza per il trattamento di questa patologia e le associazioni di pazienti.
L’iniziativa è stata presentata oggi nel corso dell’evento online ‘L’importanza della telemedicina nell’emofilia, il progetto REmoTe’ – patrocinato da FedEmo-Federazione delle Associazioni Emofilici e organizzato da Osservatorio Malattie Rare grazie al contributo non condizionate dell’azienda – a poco più di un anno dalla pubblicazione del documento “Il valore della cura e dell’assistenza nell’emofilia”, un quaderno redatto da clinici, farmacisti ospedalieri, economisti e rappresentanti delle associazioni di pazienti sui diversi aspetti della presa in carico di questi malati rari e con un approccio orientato alla Value based health care (Vbhc), la sanità basata sul valore. Per i pazienti l’importanza della telemedicina, e dunque delle prestazioni come la “televisita”, era emersa prima ancora della pandemia da Covid-19 ma la crisi sanitaria ha evidenziato e accentuato questa necessità.
“Il particolare periodo storico che stiamo vivendo – afferma Americo Cicchetti, direttore di Altems – ha certamente dimostrato la validità della telemedicina che risulta essere uno strumento sicuro di cura e assistenza anche per i pazienti fragili e cronici come i malati rari. REmoTe, infatti, è stato ideato per le persone con emofilia. La telemedicina, tra i tanti aspetti da considerare, ha di fatto un impatto positivo a livello organizzativo: gli strumenti digitali migliorano i servizi, consentendo al paziente di restare a casa propria. Questi strumenti, essendo alla portata di tutti, possono quindi affiancare le procedure già esistenti, assicurare una corretta presa in carico e rendere possibile la rimborsabilità delle prestazioni erogate per fare degli esempi”.
Per le persone affette da emofilia il ricorso alla telemedicina è un’azione presa in considerazione da tempo. Ma grazie a questo nuovo progetto si va incontro a una struttura sempre più solida. Tra i Centri Emofilia attualmente coinvolti da REmoTe due, finora, hanno portato a compimento il progetto: l’Uoc di Medicina interna, Malattie emorragiche e trombotiche – Azienda ospedaliera universitaria Federico II (Napoli) e la SODc Malattie emorragiche e della coagulazione – Azienda ospedaliera universitaria Careggi (Firenze), entrambe in collaborazione con le realtà associative territoriali Arce (Associazione regionale campana dell’emofilia) e Ate Odv (Associazione toscana emofilici). Questo perché l’utilizzo della telemedicina deve essere personalizzato e sinergico con le specificità organizzative, cliniche e territoriali di ogni singolo centro.
Il progetto include la creazione di procedure per l’erogazione di televisite – ma anche di prestazioni quali la teleseduta, la teleassistenza e la telecollaborazione – complete e sicure, personalizzate per ciascun centro, così come l’ideazione di materiale formativo e informativo per i pazienti. E sarà proprio l’esperienza dei pazienti a dare l’input a un miglioramento del sistema: oltre a valutare il servizio sanitario ricevuto, essi possono esprimere il loro grado di soddisfazione sul versante tecnologico in base all’applicazione di comunicazione e al dispositivo utilizzati (pc, smartphone o tablet).
Intanto i primi dati raccolti dalla Aou Federico II ed elaborati da Altems – è emerso dall’incontro online – sono positivi. Lo scorso luglio, periodo sperimentale in cui sono state eseguite 6 televisite, l’85% dei pazienti emofilici ha espresso un gradimento molto alto per la prestazione. Il 100% di essi ha valutato la qualità audio/video buona (valore massimo) e il dispositivo utilizzato da tutti è stato il pc.
Discorso simile per l’Aou Careggi: secondo i primi dati risalenti al periodo settembre-novembre, durante il quale sono state effettuate 3 televisite, i pazienti hanno dichiarato il massimo gradimento del servizio, quasi nessuna difficoltà nell’interazione e tutti hanno utilizzato il pc definendo buona la qualità audio/video. Ma il dato più interessante che emerge dall’esperienza di Firenze è la residenza dei pazienti, tutti provenienti da comuni al di fuori della regione Toscana: ciò avvalora maggiormente il fatto che la televisita faciliti il personale sanitario nella gestione dell’assistenza ai pazienti che evitano quegli spostamenti non più necessari lungo la Penisola.
Altems nel 2020 ha analizzato anche 1.633 prestazioni di telemedicina eseguite in tutta Italia in cui sono state coinvolte più di 500 persone. Sono ricorsi alla televisita soprattutto i pazienti dei reparti di Oncologia (98), Neurologia (223) e Neuropsichiatria infantile (87). Il livello di gradimento è stato generalmente molto alto e la qualità audio/video è stata valutata buona dal 53% dei pazienti. Le “Indicazioni nazionali per l’erogazione delle prestazioni in Telemedicina”, definite dal Ministero della Salute e approvate dalla conferenza Stato-Regioni il 17 dicembre 2020, hanno rimarcato che le soluzioni di telemedicina devono essere considerate come l’approccio preferenziale per l’erogazione di visite di controllo e di prestazioni che non richiedano necessariamente il contatto diretto con il paziente.
“La televisita è entrata così a pieno titolo nel Servizio Sanitario Nazionale – sostiene Oliver Schmitt, Amministratore delegato CSL Behring Italia – e si presenta come una modalità di accesso innovativa alle prestazioni che interessano più ambiti. Risponde a diverse esigenze e può essere di grande supporto per la cura e l’assistenza dei pazienti con malattie emorragiche congenite, facilitando la loro interazione con il clinico e il farmacista. CSL Behring ha intercettato questi bisogni e ha realizzato il progetto REmoTe caratterizzato da un approccio Value Based Health Care che va oltre il farmaco”.