Cancro collo utero, 82,6% pazienti vivo a 3 anni con immunoterapia e chemio

(Adnkronos) – Oltre 8 donne su 10 con tumore al collo dell’utero localmente avanzato ad alto rischio sopravvivono a 3 anni dopo un trattamento immunoterapico con pembrolizumab, in combinazione con la chemioradioterapia concomitante. E’ quanto emerge dallo studio Keynote-A18, conosciuto anche come Engot-cx11/Gog-304, presentato nel simposio presidenziale del congresso Esmo (European Society for Medical Oncology) che riunisce in questi giorni a Barcellona migliaia di oncologi da tutto il mondo, e pubblicati contemporaneamente su ‘The Lancet’.  

Secondo lo studio, coordinato dall’italiana Domenica Lorusso, l’immunoterapia con pembrolizumab, in combinazione con la chemioradioterapia (Crt) concomitante, ha ridotto il rischio di morte del 33% (Hr=0,67) rispetto alla sola chemio concomitante. La sopravvivenza globale a 3 anni ha raggiunto l’82,6% nelle pazienti con nuova diagnosi che hanno ricevuto il regime immunoterapico rispetto al 74,8% per coloro che sono state trattate con la sola chemioterapia concomitante. E’ la prima volta, in oltre 20 anni, che si assiste a un miglioramento della sopravvivenza globale nel tumore della cervice uterina localmente avanzato ad alto rischio.  

Ogni anno in Italia si stimano circa 2.500 nuove diagnosi di tumore del collo dell’utero. “E’ una delle cause principali di morte da cancro nelle donne a livello globale, ma i progressi terapeutici degli ultimi anni non hanno dimostrato un beneficio di sopravvivenza significativo per le pazienti con malattia localmente avanzata ad alto rischio – spiega Lorusso, principal investigator dello studio Keynote-A18, lead investigator per Engot, professore ordinario di Ostetricia e Ginecologia alla Humanitas University e Direttore del Programma di Ginecologia oncologica Humanitas San Pio X di Milano – La combinazione di pembrolizumab con la chemioradioterapia concomitante esclusiva aumenta in modo statisticamente significativo e clinicamente rilevante la sopravvivenza globale in queste pazienti. Per la prima volta in oltre 20 anni in cui non vi sono stati reali progressi, questa combinazione cambia lo standard di cura, finora rappresentato dalla sola chemioradioterapia concomitante”.  

“Siamo molto orgogliosi del risultato ottenuto, presentato nel Presidential Symposium – continua Lorusso – Al Congresso Esmo 2023 erano stati illustrati i risultati di sopravvivenza libera da progressione. I dati aggiornati, che includono anche la sopravvivenza globale, consolidano il valore della nuova combinazione. L’aggiunta dell’immunoterapia con pembrolizumab alla chemioradioterapia consentirà di portare a una potenziale guarigione un maggior numero di pazienti. Ricordiamo infatti che si tratta di uno stadio di malattia potenzialmente curativo”.  

“Lo studio Keynote-A18 evidenzia l’alto livello dei ricercatori italiani, che sono in grado di aprire nuove vie nella sfida alla malattia – afferma Francesco Perrone, presidente Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) – Il tumore della cervice uterina colpisce spesso donne giovani, impegnate nella professione e nella famiglia, con figli piccoli. Inoltre, è una neoplasia molto sintomatica e dolorosa, che impedisce una vita sociale. Da qui l’importanza dell’innovazione che offre terapie che migliorano la sopravvivenza e permettono di ottenere, in alcuni casi, l’importantissimo obiettivo della guarigione”.  

“L’eradicazione della malattia, che è quasi sempre causata dall’Hpv, il Papillomavirus umano, la più frequente infezione sessualmente trasmessa, è possibile solo investendo in programmi di prevenzione – continua Perrone – Le ‘call to action’ promosse dall’Organizzazione mondiale della sanità, dalla European CanCer Organisation e dallo ‘Europe’s Beating Cancer Plan’ della Commissione europea mirano a eliminare il tumore della cervice uterina e tutti quelli Hpv correlati entro il 2030. E’ necessario agire su 3 aree di intervento: la prevenzione primaria con il miglioramento della copertura vaccinale contro l’Hpv, la prevenzione secondaria con lo screening attraverso il Pap test o il test Hpv e l’accesso ai trattamenti per lesioni o cancro della cervice uterina”. 

(Adnkronos)