Cicchetti (Altems), ‘risparmi per 24 mila euro con gestione ottimale maculopatia’

(Adnkronos) – “Con l’attuale modello di gestione” della maculopatia senile (Amd, dall’inglese Age-related macular degeneration), “il burden (impatto, Ndr) economico associabile al singolo paziente è di 60 mila euro, di cui i costi sociali pesano il 60% (40 mila euro). Il trattamento farmacologico pesa meno del 17%. Se ottimizziamo il percorso terapeutico con tecnologie in grado di facilitare l’aderenza, la spesa cala a 36 mila euro per la riduzione di quella sociale. Il risparmio è di quasi 24 mila euro per paziente”, su un orizzonte a lungo termine (life-time). Lo ha detto Americo Cicchetti, direttore di Altems, l’Alta scuola di economia e management dei sistemi sanitari – Facoltà di Economia nel campus di Roma dell’Università Cattolica, presentando i risultati di un’indagine condotta con il supporto non condizionato di Roche Italia nel corso del workshop online ‘Degenerazione maculare legata all’età, bisogni emergenti e politiche sanitarie determinanti per un’assistenza basata sul valore’. 

Lo studio condotto dall’Altems ha permesso di quantificare l’impatto economico della gestione del paziente con degenerazione maculare senile sul Ssn e sull’intera società, ma anche di identificare i punti sui quali far leva per garantire una miglior presa in carico di questi pazienti. La degenerazione maculare legata all’età – si legge in una nota congiunta di Altems e Roche – è tra le prime 5 cause di cecità nei Paesi industrializzati per i soggetti di età superiore ai 65 anni e comporta una significativa diminuzione della capacità visiva. Per questo motivo ha un impatto importante sulla qualità di vita di questi pazienti, che non sono più in grado di svolgere azioni quotidiane essenziali e secondarie. In Italia, la forma avanzata, cosiddetta “neovascolare” (nAmd), colpisce prevalentemente fasce d’età (65-69 anni e over 85) in cui le persone sono già fragili, perché presentano un elevato tasso di comorbidità tra cui ipertensione, dislipidemie e diabete.  

La nAmd si caratterizza per una perdita della vista rapida, i cui danni non regrediscono. L’unica soluzione al momento disponibile è rappresentata dalle iniezioni intravitreali con trattamenti antagonisti del fattore di crescita endoteliale vascolare (anti-Vegf) che permettono di ottenere un forte rallentamento della progressione della malattia. Tuttavia, questi trattamenti sono efficaci solo se somministrati in maniera stabile e continuativa nel tempo. Ad oggi però, secondo le stime, molti pazienti non si presentano ai follow up, soprattutto per paura delle iniezioni e a causa delle frequenti visite. La mancata aderenza alle terapie ha un peso economico ma anche sociale, per il paziente e per l’intero sistema.  

Secondo l’indagine condotta da Altems, nell’attuale pratica clinica italiana il peso economico per ogni singolo paziente affetto da nAmd, su un orizzonte life-time, è pari a 60.017,94 euro. Il maggior dispendio di risorse è associato ai costi sociali, che rappresentano il 67,83% della spesa e, in parte anche, al trattamento farmacologico (il 16,58% del totale). Oltre al costo, l’indagine tiene conto anche del tempo impiegato dal paziente e dal caregiver per ogni singolo episodio terapeutico: almeno 5 ore per singola iniezione. 

In una situazione di presa in carico ottimale del paziente con nAmd, basata su una migliore aderenza alle terapie farmacologiche, la spesa complessiva stimata diminuisce drasticamente a 36.068 euro con un risparmio di risorse di quasi 24 mila euro su una stima lifetime, pro capite. L’indagine, facendo quindi un confronto tra lo scenario attuale e quello ottimale, fa emergere chiaramente come una miglior presa in carico del paziente permetterebbe un risparmio di risorse, abbattendo principalmente i costi sociali. Dal punto di vista previdenziale, “notiamo uno scarso ricorso alle prestazioni assistenziali della popolazione”, conferma nel suo intervento Roberto Muscatello, Istituto nazionale di previdenza sociale (Inps). “Le persone che richiedono prestazione – osserva – si presentano con maculopatia sempre meno grave, cosa che avvalora l’efficacia delle terapie e il minore esborso per l’indennità”.  

In conclusione, una miglior risposta e aderenza alle terapie da parte del paziente si traduce, nel concreto, nella riduzione dell’indennità pensionistica e di accompagnamento, che sono oggi riconosciute ai pazienti ipovedenti o con ridotta capacità visiva. Questo risparmio, calcolato su un orizzonte temporale life-time, compenserebbe l’aumento dei costi relativi alla spesa farmacologica, alla somministrazione della terapia e al follow-up del paziente nel lungo termine. Inoltre, il paziente sarebbe monitorato in maniera più idonea, riducendo così il tasso di abbandono della terapia. 

(Adnkronos)