Dalle Filippine con amore, 1.500 donatori di sangue in campo a Milano

(Adnkronos) – Si chiamano ‘Filipino Blood Donors of Milan’ e per loro parlano i numeri. Sono oltre mille, per la precisione “1.500”. Il loro riferimento dal 2014 è un gruppo su Facebook. La missione: donare il sangue. I singoli gesti solidali di ognuno di loro, messi insieme, hanno fatto massa critica e lasciato un segno tangibile a Milano. E’ scritto nero su bianco anche nell’ultimo rendiconto di attività della Associazione ‘Amici del Policlinico’ Donatori di sangue Odv, a cui questi ‘super donatori’ fanno riferimento e di cui rappresentano una sezione esterna: “Nel corso del 2021 le donazioni da parte di stranieri sono state 2.378” in totale. Quelle arrivate dai Filipino Blood Donors of Milan (Fbdm) sono state 1.020, praticamente una ogni 2,3. “E pensare che quando abbiamo cominciato eravamo in 16”, sorride Tessie, anima e fondatrice del gruppo insieme al marito Filippo Acuña, che in questa storia di solidarietà ha un ruolo cruciale.  

“Già negli anni ’80 lui era un donatore di sangue nelle Filippine e aveva avuto modo di capire l’importanza di questo gesto quando una nostra amica aveva avuto bisogno di una trasfusione per via di un’emorragia durante il parto”, racconta Tessie all’Adnkronos Salute, in occasione della Giornata mondiale del donatore di sangue. Passano gli anni, la coppia intanto si è trasferita a Milano. Poi la scoperta per Filippo di una malattia del sangue. Nel 2010 comincia la chemio. L’uomo finisce in ospedale proprio a Natale di quell’anno. Sta molto male e anche nella sua storia arriva il momento del bisogno di un dono. “Ci viene detto che serve una trasfusione – ricorda Tessie – Il pensiero è stato: com’è strana la vita, prima era lui che faceva donazioni. Il dottore gli dice: ‘Qui puoi avere tutto il sangue che serve'”, grazie a chi decide di darlo. E’ così che nasce l’idea. “Filippo mi ha confidato: se dovessi avere una seconda chance di vivere, dobbiamo fare un gruppo di donatori di sangue”. Detto fatto. 

Da allora questa per Tessie, e per Filippo, è diventata una ragione di vita. La donna coinvolge anche il figlio, che dà un contributo importante: la creazione della pagina Facebook. E la sua attività di sensibilizzazione all’interno della comunità filippina decolla. “La nostra guida in ogni passo che facciamo è Gianfranco Contino. Una persona meravigliosa che ci consiglia e ci supporta”, spiega ancora Tessie. Dal canto suo Contino, coordinatore dell’associazione Amici del Policlinico, si definisce a sua volta “fiero di essere il loro riferimento, perché in questi 8 anni ho trovato in questo gruppo, che rappresenta la sezione esterna più numerosa della nostra associazione, una grande umanità e motivazione. C’è un forte apprezzamento per loro anche dal Consolato filippino. Questa è una storia di integrazione, una storia emozionante, sul piano umano prima di tutto”.  

Contino incontra una volta al mese il gruppo nato dalla visione dei due coniugi oggi 67enni. “Offro qualche spunto, qualche traccia, loro ci mettono quotidianamente tutto l’ingegno e l’attività operativa”, si schermisce. Nel 2019 per esempio ha suggerito l’idea di impegnarsi ciascuno a portare altri 5 donatori. Una “scommessa per la vita”, l’ha chiamata. E il gruppo è cresciuto proprio in questo modo negli anni. Sempre dal rendiconto dell’associazione emerge che i donatori filippini erano 75 nel 2014, oggi sono appunto 1.500. “A volte – dice Tessie – sono i genitori a portare i figli, altre volte i figli a coinvolgere mamme e papà. Abbiamo donatori di ogni età”. E’ orgogliosa la fondatrice di questa realtà. Ha messo a servizio di questa missione la sua esperienza di mediatrice culturale, ha dedicato tempo pur avendo un’attività, un piccolo negozio di alimentari, ha tradotto volantini in inglese e lavorato sul passaparola. Al suo fianco il marito, che nonostante la malattia non ha mai smesso di lavorare, come custode in un condominio.  

La sua filosofia di vita: “Ogni giorno è un miracolo”. Una visione positiva che contagia. “Abbiamo pensato – aggiunge Contino – di creare un direttivo di cui fanno parte 18 filippini con cui si organizzano le scelte strategiche di come proporre la promozione della donazione del sangue. Si vota democraticamente e funziona benissimo. Io sono convinto che questo gruppo avrà un futuro lungo”. Neanche la pandemia ha fermato Fbdm. “Eravamo preoccupati che l’impegno calasse e invece per fortuna non è stato così”, evidenzia Tessie. L’integrazione è la parola chiave sotto più aspetti: “Come tutti gli stranieri che vivono lontani dal loro Paese e fanno lavori impegnativi, anche loro si trascurano un po’ dal punto di vista della salute, hanno poca disponibilità di andare dal medico e farsi monitorare con costanza – osserva Contino – E hanno compreso che, donando il sangue, c’è modo di aiutare il prossimo ma anche se stessi”.  

“Con i controlli che si fanno ai donatori ci è capitato di identificare in alcuni casi anche patologie importanti che non sapevano di avere”, racconta. “Abbiamo trovato tanta disponibilità al Policlinico, un centro dove medici e infermieri si spendono con dedizione”, dice Tessie che cita Giorgio Marmiroli, un’altra delle anime dell’associazione, e quello che è stato il presidente fino ad oggi, l’ex ministro della Salute Girolamo Sirchia, “che mi ha dato fiducia”, insieme alla moglie “Anna Parravicini”. Tessie esprime anche riconoscenza per il Paese, per la città che l’ha “accolta. Io l’ho sempre vista un po’ come l’America che ho sognato fin da bambina – confida – Come comunità pensiamo a chi ci ha dato fiducia, a chi ci ha affidato figli, genitori, chiavi di casa, a chi ci ha accettato e accolto. Questo è anche un modo in cui possiamo dare il nostro contributo”. Prossimo passo? “Una grande festa nel 2024. Per i 10 anni dei ‘Filipino Blood Donors of Milan'”. 

Globalizzazione e solidarietà – “Milano è una città sempre più multiculturale e globalizzata. L’inclusione delle varie comunità straniere è di fondamentale importanza. E non solo perché è un momento di integrazione, ma anche perché il sangue, i gruppi sanguigni, sono qualcosa che è geneticamente determinato. Ed è importante che, quando la popolazione generale si arricchisce di nuove etnie, queste persone donino il sangue perché bilancia questa diversità genetica che è cruciale rispettare quando si trasfonde sangue, per reperire sangue che vada bene per tutti, perché in alcuni casi le minoranze etniche hanno delle differenze che rendono molto difficile la trasfusione se non con persone che vengono più o meno dalla stessa area geografica o che hanno lo stesso background genetico”. A sottolinearlo è Daniele Prati, direttore del Dipartimento di medicina trasfusionale e di ematologia del Policlinico di Milano. 

“Il sangue serve sempre, serve per i malati cronici e per quelli acuti, per i malati chirurgici e per quelli medici. Serve nelle ultime fasi della vita e alcune volte anche all’inizio della vita – evidenzia lo specialista – A volte una quantità limitatissima, pochi cucchiaini, possono salvare un bambino nato prematuro. E’ la prima terapia medica che si prescrive in ospedale, si calcola che circa l’11% dei malati ricoverati riceva una trasfusione durante l’ospedalizzazione. Quindi è un pezzo importante delle cure mediche moderne e non si può interrompere questo flusso di sangue che va dai donatori ai pazienti. Il mio messaggio è questo: donate, venite a parlare con noi, siamo pronti a sciogliere ogni dubbio”. 

(Adnkronos)