Dopo Dad è ‘sindrome da rientro’ a scuola

Paura di non potersi più nascondere dietro uno schermo, ansia all’idea di dover affrontare un ambiente nuovo o di tornare in un contesto che non si frequenta da almeno 2 anni, timore di non essere accettati dal gruppo. Chi torna a scuola in presenza dopo un lungo periodo di didattica a distanza rischia “una vera e propria ‘sindrome da rientro’, che si somma alla preoccupazione di essere contagiati”. Lo segnala Consulcesi, che sul tema promuove un corso Ecm per pediatri, psicologi e altri operatori sanitari. 

“Tra gli effetti della Dad, come la dispersione scolastica, la cattiva alimentazione, l’eccesso di sedentarietà, i disturbi del sonno, il ‘binge watching’, la dipendenza da videogiochi”, Consulcesi suggerisce anche “l’angoscia di non essere all’altezza di affrontare il nuovo anno scolastico in presenza”. A parlarne è Maria Cristina Gori, neurologa psicologa e docente del corso Ecm realizzato dal network attivo nel supporto alle professioni mediche, dal titolo ‘Imparare dal Covid-19: le conseguenze psicologiche da isolamento e didattica a distanza’. 

“Ogni passaggio di grado scolastico richiede un diverso approccio allo studio e alle nuove materie. Ogni inizio prevede un rischio di imprevedibilità. Se poi le imprevedibilità sono molteplici, il quadro si complica ancora di più”, spiega l’esperta, riferendosi alle incertezze che caratterizzano l’inizio del nuovo anno scolastico. “Se l’imprevedibilità non riguarda solo il nuovo ciclo di studi, ma anche le modalità con cui può avvenire la frequenza, tutto si diviene più complesso – sottolinea – Sarò in grado di tollerare tanti stimoli nell’aula? Di tenere i media silenziati? Di tenere la mascherina? Di andare d’accordo con tutti? Di stare nel silenzio o nel chiasso di un’aula per tanto tempo, senza la possibilità di spegnere un interruttore e di allontanarmi? Il mio metodo di studio sarà adeguato ai nuovi ritmi?”, si potrebbe chiedere uno studente post-Dad. 

“Iniziare a vivere le prime certezze nell’incertezza, come in un gioco di parole, è la nuova sfida educativa per tutti: per i docenti, per i genitori, per gli studenti”, osserva Gori. “Iniziare un percorso di studi – evidenzia – è come partire per un viaggio con una valigia dentro cui decidiamo di portare ciò che ci serve. Nella valigia ci sono la nostra storia, le nostre abilità, la nostra personalità. Non è detto, però, che tutto ciò che abbiamo nel bagaglio ci servirà per il viaggio. Magari servirà tirare fuori solo qualcosa al momento giusto per poi riporlo, ad esempio la capacità attentiva in un compito in presenza, l’ironia e la simpatia nell’orario di ricreazione, o anche in alcuni momenti la capacità di tollerare la solitudine se ne abbiamo bisogno, senza sentirci frustrati per questo”.  

“Una delle grandi sfide di questi tempi è poter tradurre in atto tutte queste competenze, mettendole in campo nei momenti più diversificati”, rimarca la neurologa psicologa. “Nel futuro saranno proprio queste abilità a costituire i tratti essenziali della flessibilità nel lavoro, in famiglia e nelle reti sociali, a permettere un sano adattamento ad ambienti mutevoli restando sempre se stessi”, prosegue la specialista. Che conclude indicando l’importanza di approfondire gli studi relativi alla deprivazione sociale, per comprendere “il sottile funzionamento della mente davanti a una situazione incerta come la pandemia, imparando a riconoscere le disfunzioni della mente dinanzi ad eventi imprevisti”. 

“Il corso Ecm realizzato da Consulcesi – commenta Gori – oltre a fornire le informazioni scientifiche attualmente disponibili in merito agli effetti del distanziamento sociale sulle giovani generazioni, utili a comprendere il mondo che verrà così come immaginato dalle giovani generazioni, ha l’obiettivo di fornire gli strumenti per comprendere le fonti scientifiche dei dati e per conoscere le esperienze di successo educativo, perché la pandemia ha mostrato non solo le criticità, ma anche la possibilità di sopravvivere, di apprendere e di imparare strategie alternative”. 

(Adnkronos)