(Adnkronos) – “Con la campagna di screening per l’epatite C siamo in ritardo di quasi 2 anni. E’ stato fatto il decreto che prevede di screenare tutti i pazienti afferenti ai SerD o detenuti nelle carceri, senza limitazioni di età, e per la popolazione generale dei nati dal 1989 al 1969. Ma ad oggi non tutte le Regioni hanno recepito questa delibera, alcune l’hanno recepita ma non attuata, altre l’hanno attuata e hanno dato il via agli screening. Troppo poche, comunque, per quello che è il significato di questa campagna che dovrebbe vedere tutto il Paese coinvolto”. Lo ha detto Stefano Fagiuoli, direttore Uc di Gastroenterologia, epatologia e trapiantologia Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo e del Dipartimento di Medicina università Milano Bicocca, nell’ambito del Congresso Aisf – Associazione italiana per lo studio del fegato, che a Roma ieri e oggi ha richiamato esperti per fare il punto sulle epatiti virali.
Molte Regioni, secondo l’esperto, “vorrebbero estendere gli screening per l’epatite C ampliando le fasce d’età, ma non hanno un supporto formale per l’utilizzo dei fondi”. Risorse che “potrebbero arrivare dal fondo per le epatopatie virali, dal fondo dell’oncologia, o della prevenzione generale e sanitaria, dove le epatiti virali e, in particolare le epatiti C, sono menzionate. Per cui, secondo me, il lavoro da fare è ampliare le classi di età e promuovere una campagna di informazione e di consapevolezza, come si faceva alla fine degli anni ’90, attraverso spot televisivi, videocassette quando non avevamo a disposizione terapie efficaci. A differenza di oggi che abbiamo opzioni terapeutiche efficaci 100%. Tuttavia di epatite C non parla nessuno, un fatto che fatico a digerire”.