“Guarire il mieloma multiplo resistente sta diventando una realtà. Non siamo molto lontani dall’eradicazione di una malattia curabile per molti anni, ma non ancora guaribile”. Così Paolo Corradini, direttore della Divisione di Ematologia, Fondazione Irccs Istituto nazionale tumori di Milano, ordinario di Ematologia presso l’università degli Studi di Milano, in occasione dell’evento ‘L’arcipelago del Melanoma’, promosso da Sanofi, al quale hanno partecipato anche Aurelio Luglio, consigliere di Ail-Associazione contro leucemie, linfomi e mieloma, sezione di Bologna, e Marcello Cattani, presidente e amministratore delegato di Sanofi Italia.
Durante il dibattito, Corradini ha sottolineato l’importanza di “poter avere un nuovo trattamento che include isatixumab, un farmaco da poco disponibile in Italia, che ha dimostrato di ridurre significativamente il rischio di progressione o morte rispetto allo standard di cura nei pazienti fragili che hanno già avuto due recidive e sono resistenti e refrattari alle cure”.
Il mieloma multiplo è una malattia del sangue che colpisce prevalentemente gli anziani (l’età media alla diagnosi è di 69 anni) e in 9 casi su 10 tende a ripresentarsi. Si stima che in Europa ci siano circa 39mila nuove diagnosi ogni anno. In Italia, secondo l’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), dal 2014 al 2019 i casi sono aumentati del 9%, passando da 5.200 a 5.700.
“Il mieloma multiplo è la seconda patologia onco-ematologica per diffusione – ha ricordato Corradini – Negli ultimi 10 anni, però, la ricerca ha introdotto importanti cambiamenti: è infatti il tumore del sangue per cui ci sono stati i maggiori progressi in termini di trattamento e di aumento della sopravvivenza”. L’ultima novità in terapia è appunto isatuximab, un anticorpo monoclonale (mAb) diretto contro il recettore CD-38 delle cellule tumorali, che si somministra per via endovenosa in combinazione con pomalidomide e desametasone (pom-dex) a pazienti adulti che hanno ricevuto almeno due precedenti trattamenti e che hanno mostrato una progressione della malattia durante l’ultima terapia. Nello studio clinico Icaria-MM, l’associazione, ad oggi unica, dei tre farmaci ha dimostrato di ridurre significativamente il rischio di progressione di malattia o di morte rispetto al solo regime pom-dex anche in pazienti over75 con insufficienza renale.
Negli ultimi vent’anni, l’aspettativa di vita di questi pazienti è passata “da pochi mesi a 7 anni per questo è importante che le cure siano ben tollerate”, ha concluso Corradini.
“Isatuximab – si legge in una nota di Sanofi – è al centro di un ampio programma di sviluppo clinico che prevede l’anticipo dell’impiego anche in prima linea, al momento della diagnosi”.